Concluso “I Mille Occhi”- Festival Internazionale del Cinema e delle Arti: il punto di vista di uno spettatore
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- Categoria: Cinema
- Pubblicato Venerdì, 19 Settembre 2014 00:06
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Si è conclusa la XIII edizione del festival “I Mille occhi”, festival Internazionale del Cinema e delle Arti, che si è tenuto a Trieste dal 12 al 16 settembre presso il teatro Miela ed era la prima volta che mi capitava di assorbirne il sapore nella sua interezza, tanti i film proposti, manifesto di qualità e ricerca cinematografica.
Un ricchissimo programma suddiviso in nove sezioni tematiche, diverse, ma tutte legate da un filo conduttore unico: I misteri dell’organismo.
Molti i registi italiani d’eccellenza come Michelangelo Antonioni, Raffaello Matarazzo, Roberto Rossellini, Luca Comerio, Vittorio Cottafavi, Sergio Corbucci e altri ancora.
Uno su tutti mi ha colpito I lupi dentro, che narra per immagini la realtà di un gruppo di persone emarginate che visse randagio sulle rive del Po. Matti e artisti al contempo tra i quali Andreassi individua Ligabue, famoso pittore naïfs, sul quale poi realizzerà due documentari.
Ogni singolo filmato è il tangibile risultato di una felice combinazione tra profonda cultura cinematografica, passione per la ricerca e cura meticolosa della storia cinematografica, intesa come documento artistico e culturale, quale specchio di una società in continuo divenire.
Assistere ai festival I 1000 occhi è appassionante e non meno interessante. Tutto, ogni volta, è scoperta. Film, che per la maggior parte son stati realizzati nei primi sessant'anni del secolo scorso, rivelano un'idea di rappresentazione molto diversa da quella attuale.
Colpisce l'uso della telecamera, sostanzialmente fissa sui protagonisti, ad enfatizzare la drammaticità dei rapporti umani, i dialoghi, dai quali emerge un eloquio curato, conflittuale con la realtà spesso povera e sub cultural, i costumi, puliti e curati anche nelle situazioni più disagiate.
Tutti elementi indispensabili per affermare con forza quel che è giusto, pulito, corretto, da quello che non lo è. Il bello e il brutto, il giusto e l'ingiusto, il bianco e il nero. Senza sfumature, senza incertezze. Virile, intero. Comme il faut. Unica eccezione, la commedia italiana e in particolare Il giorno più corto di Corbucci (1963) che è proprio la spassosa caricatura dei classici cliché sociali.
Emozioni autentiche, invece, arrivano violente dai filmati dei primi anni del Novecento. In particolare quelli che mettono lo spettatore nelle trincee, in prima linea, nel mezzo dell'assurdità della guerra. La prima guerra mondiale, già presente nelle scorse edizioni, quest'anno, in occasione del centenario, occupa un'intera sezione del Festival con i documenti straordinari di Luca Comerio e i film ambientati in quel periodo. Pellicole restaurate e altre da restaurare di assoluto interesse.
Cinque giornate dentro il teatro Miela, in un tempo altro, sulla linea di confine tra il vedere e il considerare, tra lo stupore di oggi e la tenerezza per l'ingenuità di ieri, hanno lasciato nel pubblico un sentimento di riconoscenza per chi, nonostante ogni difficoltà, continua a voler raccontare la storia per immagini. Quella storia che ha senso solo attraverso la partecipazione emotiva collettiva e che il cinema ha il pregio di rendere infinita. Siamo già in attesa della XIV edizione.