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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Far East Film Festival: la sedicesima edizione tra visioni e connessioni

Far East Film Festival: la sedicesima edizione tra visioni e connessioni

Con 60 titoli in competizione, il doppio focus su Hong Kong e Dante Lam, la grande apertura con Aberdeen di Pang Ho-cheung, la super chiusura fantasy con Thermae Romae II e, per la primissima volta, lo spazio ai documentari l'oriente e' davvero sempre più vicino!

 

Solo un anno fa, il quindicesimo Far East Film Festival si chiudeva sotto il segno di una promessa. Una promessa dentro cui abitavano due diversi stati d’animo: l’amarezza per i massicci tagli subiti e l’orgoglio per esserne usciti a testa alta. We will never give up! Non ci arrenderemo mai! Ora, mentre il conto alla rovescia sta rapidamente ticchettando verso la sedicesima edizione (a proposito: l’hashtag ufficiale è #FEFF16), quella promessa trova nuova linfa. Non solo in una line-up già destinata a lasciare il segno, ma anche nell’appoggio – sempre più concreto e convinto – da parte degli enti economici della città. Il FEFF è una realtà su cui scommettere, lo è da tempo, e basterebbero le due prime internazionali di apertura e di chiusura per restituire la portata dell’imminente capitolo 16: grande opening night venerdì 25 aprile con Aberdeen di Pang Ho-cheung, insolito dramma borghese che richiama le atmosfere “altmaniane” di America Oggi, e super closing night sabato 3 maggio con il fantasy peplum Thermae Romae II di Takeuchi Hideki. Anno dopo anno, edizione dopo edizione, il campo visivo del Far East Film Festival si è progressivamente allargato fino a diventare (giochiamo con il lessico cinematografico?) un campo lunghissimo. Un campo lunghissimo dove troveranno collocazione oltre 60 titoli della migliore produzione popolare asiatica: blockbuster, futuri cult movie, outsider degni di scommessa e, come sempre, ottimi fuori pista d’autore differenti.

Nove le realtà produttive (Hong Kong, Cina, Giappone, Corea del Sud, Thailandia, Malesia, Indonesia, Filippine, Taiwan) per uno sguardo ampio e curioso che non discrimina le opere commerciali di qualità ma punta a mettere a fuoco l’intero arco della produzione asiatica sia in versione più colta che popolare. Il FEFF 2014 – va detto – registra un prepotente ritorno dei film di genere, dagli action ai thriller, ed è interamente attraversato da un tema di fortissima attualità: quello dei social network. Li vediamo operare sullo schermo, tracciando una linea che congiunge idealmente moltissimi titoli della selezione (dall’hongkonghese May We Chat? al filippino Shift, fino al giapponese The Snow White Murder Case), e li vediamo operare anche a livello simbolico. Li vediamo, cioè, rappresentare tutte quelle connessioni che nutrono il mondo contemporaneo, accorciando sempre di più le distanze anche fra il nostro Occidente e il Lontano Oriente…

Quest’anno, per la prima volta, i riflettori si accenderanno sul pianeta del documentario: vedremo, tra gli altri, Boundless (girato sui set di Johnnie To) e The Search for Weng Weng, che riporta agli onori della cronaca il più pazzo degli attori asiatici: la vera storia di un nano seduttore, esperto di kung fu, che negli anni Settanta faceva il James Bond filippino! Per gli amanti della musica colta, poi, ci sarà il coreano Hello Orchestra?! che è insieme una riflessione sull’arte e la commovente descrizione di un’orchestra di bambini. Il doppio focus 2014, invece, sarà dedicato al cinema hongkonghese, con un omaggio all’Imperatore dell’action – Dante Lam – e con un ospite d’onore che di quel cinema (o meglio: della sponda indipendente di quel cinema) è protagonista assoluto: Fruit Chan. Autore di capolavori come Made In Hong Kong e Durian Durian ha raccontato gli squilibri e le contraddizioni della post-riunificazione e ora, con il nuovissimo The Midnight After (a Udine sarà presentata la versione definitiva, dopo il passaggio al Festival di Berlino) lancia l’ultimo grido di allarme su un mondo che sta per scomparire.

Ma se Hong Kong – occorre specificarlo? – sarà anche sinonimo di thriller (pensiamo a Firestorm con Andy Lau!), toccherà alle Filippine la parte del leone, dopo una stagione di autentica e, forse, inattesa rinascita. Spostando la visuale più a Est, fino al Giappone, non mancheranno poi i thriller psicologici alla David Lynch come Bilocation di Mari Asato (già assistente alla regia di Kurosawa Kyoshi), mentre la Corea del Sud si confermerà un’autentica e vibrante fonte di luce: dal thriller Cold Eyes (remake dell’hongkonghese Eye In The Sky prodotto da Johnnie To) al suspense-action The Terror LIVE, senza dimenticare The Attorney di Yang Woo-seok, il più bell’esordio dell’anno, con lo straordinario Song Kang-ho (che di recente abbiamo visto in Snowpiercer) e Very Ordinary Couple della regista Roh Deok, che con la sua raffinata ed eccentrica escursione nella commedia sentimentale riporta al cinema commerciale una inaspettata freschezza. HONG KONG CALLING Uno dei punti chiave del Far East Film Festival 16 è, senza dubbio, lo strettissimo legame con Hong Kong. Un legame artistico e culturale che si rinnova felicemente dal 1998, anno del fatidico numero zero (una monografia udinese-hongkonghese che fu, appunto, il detonatore del futuro FEFF!), ma questa volta è il suo stesso significato ad avere una sfumatura diversa: a 17 anni dalla riunificazione con la Cina, infatti, l’ex colonia britannica non è mai stata così orgogliosamente hongkonghese. E non lo è mai stato nemmeno il suo cinema! Hong Kong calling, insomma, e il FEFF è prontissimo a raccogliere la chiamata. È prontissimo a indossare i colori dell’hongkongness! Tra gli ospiti d’onore ci sarà infatti mister Fruit Chan, il più indie dei registi from HK, e presenterà al pubblico il suo ultimo geniale lavoro cinematografico The Midnight After (il talk di approfondimento, domenica 27 aprile alle ore 12:00 poi, vedrà impegnato Marco Müller). Un’eccentrica horror comedy che racconta, metaforicamente, la grande ossessione di Hong Kong per la data di scadenza.

Ossessione connaturata alla sua paura di scomparire… Così come Los Angeles attende il Big One, 17 anni fa HK attendeva preoccupata di ricongiungersi con Cina. Allora la data di scadenza era una, una soltanto, senza proroghe: il 1° luglio 1997. Oggi, invece, le scadenze sembrano essersi moltiplicate: nella vita come nei film, la lingua cantonese appare superata da quella ufficiale mandarina; l’industria cinematografica locale non è più la stessa, perché deve confrontarsi con le regole (anzi: gli obblighi) del mercato della madrepatria; gli abitanti della città, portatori sani della cultura cantonese e delle sue tradizioni, abbandonano i luoghi storici della metropoli per rifugiarsi in periferia o all’estero. E qui, del resto, gli affitti sono i più costosi del mondo: si vendono appartamenti anche per 100mila euro al metro quadro! Lingua e cultura in scadenza? Case in scadenza? HK è una città a rischio di estinzione?

LE DUE FACCE DI DANTE LAM

Dal 2008, quando uscirono Beastcops e poi The Beast Stalker e Fire Of Conscience, Dante Lam ha impreziosito la sua carriera anche con una serie di action movie in cui spicca l’elemento drammatico. Una formula che ora, grazie al dramma sportivo Unbeatable, trova forse l’applicazione più alta: fra le anime tormentate di Macao in primo piano e il mondo delle arti marziali miste a fare da perimetro narrativo. Attenzione, però: è un pur sempre un perimetro tracciato dalla mano potente di mister Lam! La stessa mano potente che ha creato That Demon Whitin. Partendo da un vero caso di cronaca nera, ma rileggendolo in chiave soprannaturale, mister Lam realizza il suo thriller più scuro. Una battaglia poliziesca, davvero mozzafiato, che sposta l’accento dalla personalità “Jekyll & Hyde” dell’antagonista all’esplorazione dell’istinto malvagio nascosto dentro ognuno di noi…

IL RED CARPET SI TINGE DI ROSA

Anche quest’anno, secondo tradizione, il FEFF porterà sul palco udinese molti protagonisti dello star system asiatico. E, naturalmente, non mancheranno le DIVE! Già molto care ai fareastiani, ecco dunque Sandra NG, protagonista di Golden Chickensss, e la simpaticissima Eugene Domingo, protagonista di Barber’s Tales. Con Sandra Ng tutto iniziò nel 2001, quando il pubblico la adorò in Juliet In Love di Wilson Yip (interpretato con l’icona Francis NG). Protagonista di oltre 100 film, oggi Sandra è considerata la regina della commedia in grado di aggiudicarsi importanti riconoscimenti anche per ruoli più drammatici e di portare guadagni milionari da record ai film che interpreta. In Golden Chickenss la vedremo nel ruolo di una prostituta nella Hong Kong odierna dove la gente combatte per ritrovare le proprie radici. Difficile, invece, non ricordare Eugene Domingo nella serie dei Kimmy Dora o in The Woman in the Septic Tank, film – quest’ultimo – con cui ha fatto il giro vincendo come rappresentativo del cinema indipendente filippino. È l’attrice più attiva e richiesta delle Filippine, capace di lavorare per 7 produzioni differenti in un anno, premiatissima in patria e riconosciuta all’estero. È di certo la regina della commedia anche se in Barber’s Tales la vedremo nel ruolo drammatico.

MADE IN CHINA

Nel nuovo cinema popolare cinese, la classe media diventa protagonista. E questo trend è ottimamente rappresentato da Tiny Times di Guo Jingming: super successo in tutta l’Asia, focalizzato sul mondo della moda e ambientato in una Shanghai che ricorda straordinariamente la Milano da bere. Un’orgogliosa riflessione sulla nuova ricchezza della Cina, appunto, che è ben conosciuta dagli spettatori di Udine. E con i consueti toni della satira anche il più popolare regista della Cina, Feng Xiaogang (vecchia conoscenza del Festival di Udine), riflette sui temi più attuali del Paese in Personal Tailor: la modernizzazione, la nuova ricchezza ma anche la salvaguardia del pianeta, divertendosi a prendere in giro le idiosincrasie del cinese tipo di oggi. Sempre sul versante cinese, poi, irrompono anche due titoli autoriali: l’hitchcockiano Black Coal, Thin Ice di Diao Yi’nan (noir di glaciale bellezza vincitore dell’Orso d’Oro a Berlino) e To Live and Die in Ordos della regista Ning Ying, che racconta la figura controversa di un poliziotto. Anti-eroe moderno.

 

IL RITORNO DI LUCIUS MODESTUS

Nell’arco di un mese, il più famoso peplum fantasy nipponico traslocherà in Italia: stiamo parlando di Thermae Romae, ovviamente, che da giugno approderà nelle nostre migliori sale grazie alla Tucker Film, e stiamo anche parlando di Thermae Romae II, l’attesissimo sequel, che sabato 3 maggio chiuderà in anteprima il FEFF 16! Proprio il grande festival udinese aveva presentato il cult di Takeuchi Hideki nel 2012, scatenando l’entusiasmo del popolo fareastiano, e adesso, appunto, quell’entusiasmo sta per essere pienamente ripagato. Tratto dal manga di Yamazaki Mari, conosciutissimo anche in Italia e pubblicato da Star Comics, il primo Thermae Romae narra le gesta di Lucius Modestus (il divo giapponese Abe Hiroshi, assolutamente perfetto per il ruolo): un aitante architetto dell’Antica Roma che si ritrova catapultato nel Giappone contemporaneo! La sceneggiatura accumula gag su gag, sfruttando con invidiabile creatività l’artificio del viaggio nel tempo, e i miracoli digitali fanno il resto, assieme ai vari set di Cinecittà e all’accuratezza dell’intera operazione. La stessa accuratezza, la stessa grandezza visiva, con cui Takeuchi Hideki ha impaginato Thermae Romae II, riconfermando il cast e il meccanismo narrativo: set monumentali, oltre 5000 comparse, location mozzafiato. Cosa capiterà, dunque, a Lucius Modestus? Dopo aver progettato le sontuose terme di Adriano, fulcro del capitolo numero 1, il baldo architetto dovrà misurarsi con un altro ingaggio: progettare un bagno termale dentro il Colosseo, per dare sollievo ai gladiatori acciaccati e feriti…

GIAPPONE E FRIULI

Fuku-chan of FukuFuku Flats, la nuova commedia surreale di Fujita Yosuke, sarà invece il primo film giapponese che vede coinvolta una cordata produttiva e distributiva internazionale. Una vera e propria family, come l’hanno definita nel Paese del Sol Levante, dove spicca un nome tutto italiano: quello della Tucker Film. Dolce e sorprendente, attraversato da una specie di follia tranquilla che si arresta sempre ai limiti dell'assurdo, Fuku-chan of FukuFuku Flats racconta la storia di Tatsuo, imbianchino perennemente single che trascorre le proprie giornate tra il lavoro e il cazzeggio con gli amici: un bizzarro gruppo di loser. Dietro quell’aria timida e imbranata, dietro la cronica assenza di una donna, si nasconde però un classico trauma adolescenziale. E sarà proprio una donna, la bella Chiho, a risvegliare i fantasmi del passato… Scritto e diretto con mano felice, il film uscirà nelle sale giapponesi non prima dell’autunno e impegna nei ruoli principali due grandissimi nomi della scena nipponica: per Chiho, infatti, Fujita Yosuke ha chiamato Mizukawa Asami (già vista nell’ottimo Dark Water di Nakata), mentre per l’irresistibile Tatsuo si è divertito a chiamare… Ebbene sì: «the boy with round face and round body» altri non è che la celebre comica e star televisiva Oshima Miyuki (ospite VIP del FEFF 16 assieme al regista).

LA PRIMAVERA DEL CINEMA FILIPPINO

Appena due anni fa, nei numerosi multiplex di Manila trovavano spazio solo i blockbuster americani: i laboratori di post-produzione avevano ormai abbandonato le Filippine e quelli rimasti sembravano esclusivamente rivolti alla televisione. La grande storia del cinema filippino, insomma, pareva essere giunta al tramonto. E invece. Una politica culturale che ha deciso di investire da una parte sulla riscoperta e il restauro e dall’altra sul finanziamento di progetti low budget, alla ricerca dei registi del futuro, ha portato alla rinascita del cinema filippino. Un’autentica primavera di cui il FEFF 16 può rendere, ovviamente, solo parziale testimonianza: dai lavori dei giovani esordienti (come il già citato Shift di Siege Ledesma) ai due recentissimi ed estremi lavori del veterano Chito Roño. Ci riferiamo al politico Dynamite Fishing, ambientato su un’isola remota durante «una sporchissima vigilia elettorale», e il tarantiniano Boy Golden: Shoot To Kill, omaggio al cinema di genere con tanto di dialoghi epici, umorismo feroce e un'ambientazione mock-Fifties!

FRIULI VENEZIA GIULIA, LA FABBRICA DEL CINEMA

L’esempio filippino porta a riflettere su quale può essere il ruolo della politica nei confronti delle attività cinematografiche: stimolo e accompagnamento, dunque, non certo pozzo (finanziario) senza fondo. Ed è un esempio che, inevitabilmente, conduce al parallelo con il Friuli Venezia Giulia. Il cinema in regione era già storicamente un argomento comune, ma la legge scritta nel 2006 (in collaborazione con i principali attori del mondo cinematografico regionale) ha stimolato la produzione, portando ai successi dell’irripetibile 2013: Zoran, il mio nipote scemo, TIR, The Special Need, Oltre il guado, Parole povere. 5 titoli di peso internazionale per una regione con poco più di un milione di abitanti. Una regione che sostiene il cinema sul territorio con una Film Commission, un Fondo regionale per l’audiovisivo e un sistema che contempla l’esercizio (con le sale di qualità), la distribuzione (con la Tucker Film), la conservazione e i festival internazionali. Se c’è una caratteristica che accomuna tutto il lavoro che viene svolto attorno al cinema, è la capacità di trovare una propria originalità e ragion d’essere rinunciando a priori a competere su campi inarrivabili. I film del Friuli Venezia Giulia non rinunciano mai al legame con il territorio ed è per questo che riescono a trovare un significato e una platea nazionale ed internazionale. Non servono le produzioni ultramilionarie o i festival stramondani, privi di continuità e utili solo alla vanità di qualche politico. Servono, al contrario, conoscenza ed esempi, e l’offerta di conoscenza ed esempi che porta il Far East Film, come altri festival della regione e come l’attività quotidiana delle sale cinematografiche storiche, stanno solo un passo dietro alle nostre produzioni.

TRAILER & SIGLA

Che cosa unisce Matteo Oleotto, regista di Zoran, il mio nipote scemo, e il FEFF 16, oltre al comune amore per il cinema? La risposta non è certo complicata: il nuovo festival trailer, infatti, porta la sua firma. Sessanta secondi per giocare con l’essenza pop del festival, prendendo allegramente a schiaffi gli stereotipi che (ancora) gravano sull’arte cinematografica d’Oriente. Interpretato da Riccardo Maranzana, l’irresistibile Ernesto di Zoran, il trailer porta avanti quella spassosa linea comica già percorsa da quasi tutti i suoi predecessori (escludendo le stilose narrazioni di Lorenzo Bianchini e Joko Anwar o la dolce variazione poetica di Špela Čadež). Una piccola tradizione, molto amata dal pubblico fareastiano, che vede dunque Oleotto in ottima compagnia: basterebbe citare Pang Ho-cheung, il mitico geniaccio hongkonghese, autore del festival trailer più gioiosamente anarchico e trasgressivo! La splendida sigla, invece, porta la firma di Video Animazioni Vive, il progetto curato dall'illustratrice e animatrice Goga Mason e dal rumorista Alessandro Fiorin Damiani.

Chi siamo

Direttore: Maurizio Pertegato
Capo redattore: Tiziana Melloni
Redazione di Trieste: Serenella Dorigo
Redazione di Udine: Fabiana Dallavalle

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