Giulio Serra: "La mafia punta ai piccoli comuni del Nordest"
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- Categoria: Libri
- Pubblicato Martedì, 29 Dicembre 2015 10:11
- Scritto da Timothy Dissegna
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Fogliano Redipuglia (Go) – Gente onesta e grandi lavoratori: l'identikit tipico di chi vive nel Nordest è spesso questo, da decenni. C'è però un altra faccia della medaglia che si tende a ignorare, e a farlo sono in primis i veneti e friulani stessi: la presenza mafiosa in questo lembro estremo d'Italia.
Proprio questo scottante tema è al centro del libro del giornalista veneto Giulio Serra, “Nel Nordest la mafia non esiste” (ed. Alba), uscito già da un anno e vincitore del Premio nazionale Microeditoria 2015. Per presentarlo, l'autore è stato quindi ospite ieri sera della Biblioteca comunale, come secondo appuntamento del ciclo d'incontri “Libro del Lunedì”.
Intervistato dal politologo Ivan Buttignon, Serra ha quindi ha iniziato a raccontare che tipo di criminalità organizzata esiste in queste terre: “Non esiste nel Nordest quella mafia che abbiamo in testa” ha detto l'autore, discostando l'idea che si può avere osservando il panorama delle crime-fiction. E già individuarla è difficile, poiché difficilmente i giornali locali riservano più di un trafiletto a notizie del genere, in modo opposto alle testate del Sud.
Con pazienza, quindi, il giornalista si è creato un proprio archivio con i pochi articoli trovati e collezionati nel tempo. Ma non ha deciso di scrivere un saggio alla fine, bensì un romanzo raccontato in prima persona da uno dei protagonisti: un modo, ha spiegato, per coinvolgere un pubblico più ampio. E nelle sue pagine ha inserito il panorama triveneto odierno, riassunto in Pordenone, dov'è ambientato il libro: una città che prima della crisi correva a 200 km all'ora e poi si è schiatata di colpo con la crisi. Come il resto della zona.
Di tutta quella velocità, però, c'era già una fetta legata ai clan criminali: “150 ce ne mettevamo noi, 50 la mafia” ha specificato Serra. E gli stessi personaggi principali del romanzo, due politici dei giorni nostri provenienti dall'ex PCI, sono le due facce della stessa medaglia: il più giovane contrario a prescindere ad avvicinarsi alla “zona grigia”, il più anziano e abituato a vecchi meccanismi politici che cerca una via “facile” per sanare i buchi di bilancio. Affidandosi a criminali.
La mappa che il giornalista traccia del Friuli Venezia Giulia è agghiacciante: spartita con il coltello dalle varie mafie, con i porti di Trieste e Monfalcone punti strategici per la 'Ndrangheta verso l'Est; Udine che vede la presenza fissa di Cosa Nostra e nel Pordenonese con la Camorra. È una guerra che si gioca soprattutto nei piccoli comuni, dove i clan vogliono collocare la propria “bandierina” anche se i profitti collegati sono insignificati.
L'acceso dibattito in sala ha coinvolto tutto il pubblico, che non è rimasto indifferente a un tema così attuale ma comunque poco trattato. Anche perché le radici sono ben lontane nel tempo, con l'arrivo di mafiosi in Friuli e Veneto già dagli anni '60, per non parlare di quelli autoctoni come Felice Maniero: solo che nel Nordest vivono ancora più nell'ombra rispetto alle grandi città, alimentandosi alle spalle dei cittadini. A volte paradossalmente con la loro stessa complicità.
(Foto di Ivan Bianchi)