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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

"Questa libertà" di Pierluigi Cappello, autobiografia lirica che grafia l'anima

Udine – Esiste una forma per la parola “libertà”? Può una struttura fisica e materiale delineare i contorni del vocabolo più urlato e vitale al mondo? Questa “è una parola senza corpo”, scrive Pierluigi Cappello, il poeta friulano natio di Gemona del Friuli, nel suo ultimo romanzo “Questa libertà”, edito da Rizzoli (2013): quindi no, nessuna forma se non il corpo di chi la pronuncia.

Ma non è un concetto fine a sé stesso, quello raccontato dall'autore, che non si perde in voli pindalici poetici tra belle parole vuote e macchie liriche su un testo narrativo. Anzi, ciò che emerge dalle pagine di questo breve libro è il cuore di un esistenza, divisa tra l'amore senza ostacoli per la scrittura, nata dentro di sé, e gli ostacoli oggettivi di una paralisi brutale, capace di cambiare all'improvviso la vita di un sedicenne spensierato.

“Questa libertà” è l'autobiografia poetica di Cappello, un vero e proprio “poema”, come l'ha definito lui stesso, che ripercorre le tappe di una vita iniziata nel Canale del Ferro, in quella Chiusaforte che un tempo era l'ultimo baluardo della Serenisima a nord, prima dell'Impero Asburgico, nel 1967. Lo sfondo di questi primi anni è la casa tirata su dal bisnonno e prozio materni tra le due guerre mondiali, lontana dal paese ma non abbastanza per vedere anch'essa i barlumi del boom economico, sottoforma di lavatrice.

A tranciare la pace quotidiana fu quel terremoto che, come per miliaia di altre persone nei luoghi colpiti, nel 1976 lo sradicò dalla casa crollata per gettarlo in un villaggio di precari prefabbricati, in attesa che la normalità tornasse a fare il proprio corso. Qui la sua anima di bambino conobbe Silvio, figura di ordinaria poesia che dava forma alla materia, per trasforma in oggetti utili al prossimo. E davanti ai suoi gesti il piccolo Cappello rimaneva attonito, rapito da un magia in divenire che in futuro avrebbe avvolto anche la sua penna.

Ma è un viaggio anche straziante nell'animo di un ragazzo dalla vita segnata, per colpa di un viaggio in moto troppo veloce: lo schianto, il ricovero in ospedale, il dolore atroce dei genitori difronte a una sentenza definitiva, senza speranze di ricorsi: lesioni vertebrali. Ciò significa sedia a rotelle, niente più gare di atletica, abitare un corpo che dall'intestino in giù non ti risponde più... E, nell'attesa, lunghi mesi trascorsi in un letto d'ospedale e passati immersi nella lettura, punto di partenza per tutto ciò che sarà dopo.

Unendo linguaggio lirico e racconto narrativo, ampliando il discorso con numerose divagazioni, Cappello ha dato vita a un libro profondo, che tocca l'anima nel suo intimo. Un viaggio che sa di libertà, graffiata e umiliata nel corpo ma celebrata nelle parole e nei concetti: talmente libera che nemmeno il poeta può più racchiuderla esclusivamente nei propri versi.

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Direttore: Maurizio Pertegato
Capo redattore: Tiziana Melloni
Redazione di Trieste: Serenella Dorigo
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