Typos 2016: parla con noi Sara Stulle
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- Categoria: Eventi
- Pubblicato Giovedì, 24 Novembre 2016 20:04
- Scritto da serenella dorigo
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Trieste - Alle porte dell’antico borgo di Slivia si trova quella che per la sua particolarità e per la varietà di concrezioni millenarie è considerata da esperti e speleologi una delle cattedrali del Carso triestino: la Grotta delle Torri di Slivia. Proprio nella sua pancia è stata allestita la mostra “Silent Spaces”, inaugurata da TYPOS, sabato 19 novembre, in ricordo del grafico Marco Stulle, offrendo così al pubblico la possibilità sia di godere nella visita della grotta, sia della mostra, che racchiude le opere grafiche di Roberto Duse.
A guidarci nella genesi della mostra è qui con noi Sara Stulle, curatrice della mostra, nonché sorella di Marco.
Com’è nata l'idea di collocare nelle viscere della terra le opere di Duse?
Ho visto parte di questi lavori di Roberto alle pareti della galleria Faganel di Gorizia. Me ne sono innamorata. E ho immediatamente capito che le avrei volute vedere in un luogo speciale. Le avrei volute immerse in un mondo parallelo, in un'atmosfera che desse valore all'ispirazione e al silenzio. Le volevo nella natura. Non ho potuto non pensare alla grotta delle Torri di Slivia, nella quale io e Marco abbiamo ascoltato le gocce d'acqua decine di volte, seduti al buio e in silenzio.
Roberto Duse perché hai voluto proprio lui e le sue opere…ci racconti.
Qualche tempo fa Roberto, che è anche un musicista appassionato, mi ha parlato del valore del silenzio nella musica. Mi ha fatto pensare a quanto sia prezioso e unico quell'attimo di silenzio che c'è quando, in un concerto, le luci si spengono e l'orchestra sta per iniziare a suonare. E' una frazione di secondo, un momento piccolissimo, ma pieno della tensione dell'attesa, un frammento minuscolo di silenzio che contiene tutto quello che sta per succedere.
Ecco, per me, i lavori di Roberto, e in particolare questi, sono quel momento di silenzio. Sono come sospesi tra la realtà e la poesia. Sono linee, musica, note e silenzi “tipografici”, spazi.
Quali le difficoltà tecniche incontrate in un'installazione di questo genere?
Le difficoltà sono state incredibili questa volta! Se lo scorso anno il nostro problema principale era stato trovare il modo di preservare le opere dal calore che le pareti dei container potevano raggiungere durante la giornata – e per alcune opere, come quelle realizzate con colori organici, ci era sembrata già un'impresa – questa volta i problemi si sono moltiplicati.
Innanzitutto in grotta c'è un'umidità che va dal 60 al 90%, quindi tutto quello che ci entra si bagna, i pannelli si inumidiscono o rischiano di piegarsi, le colle non tengono, le pareti scivolano, il terreno in alcune zone è scivoloso come fosse ghiaccio. E certamente non puoi fissare nulla con chiodi e tiranti. Non puoi bucare i muri come faresti in una sala espositiva, devi arrampicati, ma non puoi camminare su stalagmiti, formazioni, vaschette, perché rischi di rovinare concrezioni millenarie.
In sostanza devi montare pannelli che pesano anche oltre i 50 chili, perché hanno dimensioni enormi, in punta di piedi. Per ridurre il peso dei pannelli, sono stati realizzati in alluminio di uno spessore di soli tre millimetri e quindi il rischio è anche che si pieghino nel trasporto e nel montaggio. Anche un solo errore, una scivolata, può far crepare la stampa. Noi, poi, abbiamo preferito fare la maggior parte del lavoro al buio, solo con l'uso delle frontali, per non disturbare la fauna ipogea. E lo abbiamo fatto in silenzio assoluto.
Tutto quello che si poteva montare rumorosamente fuori dalla grotta lo abbiamo fatto all'esterno, poi, in silenzio abbiamo portato tutti i pannelli e i sostegni uno per uno giù per la scalinata, lavorando sempre solo in tre all'interno per evitare rumori che avremmo, altrimenti, fatto entrando in molti.
Questo ti fa intuire quanti piani di scale abbiamo fatto portando i pesi! In grotta anche solo dimenticarsi un cacciavite fuori, significa duecento gradini a salire e altri duecento a riscendere.
Poi le dimensioni. Tutti mi dicevano: “ma non puoi ridurre le dimensioni delle opere per facilitare l'allestimento?”. Ma io sapevo che doveva essere così. L'allestimento per me era chiaro ben prima di vedere i pannelli stampati! Conosco benissimo quella grotta e ne conosco le dimensioni.
Le Torri che danno il nome alla grotta hanno circa 8 metri di altezza e la “Torre undici” ha circa 10 metri. Il pozzo naturale, che al visitatore sembra un piccolo pozzo, è profondo più di trenta metri. E se io voglio appendere qualcosa lì so che dovrà essere enorme o sparirà. Perciò abbiamo fatto le prove prima di stampare i pannelli definitivi per vedere qual era la misura massima che riusciva ad entrare in grotta senza danneggiare le pareti.
…Chi mi ha aiutato?
Quest'anno è stata una prova durissima e, per così dire, di famiglia. Il ragazzi del direttivo Typos non potevano collaborare. Ma io non intendevo rinunciare. Quindi ho lavorato principalmente con mio padre, mio zio e mio marito. Roberto Duse a darmi sostegno quando avevo dubbi estetici e due meravigliosi grafici – Igor Bevilacqua e Isabel Lloret – che, uno da Palma de Maiorca e l'altra da Madrid, hanno lavorato con me “by night” alla grafica. E sono, per me, come fratelli.
Chi ti sostiene ogni anno nel mettere in piedi questa mostra?
Oltre a Marco, intendi? Il nostro sostegno sono le persone che si tesserano, le piccole donazioni. E gli sponsor privati illuminati. Perché non è solo una questione di denaro, che certamente serve. È che credono in noi e in quello che facciamo. E questo vale già lo sforzo!
Ricordiamo che la mostra è visitabile solo su prenotazione scrivendo a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., oppure chiamando il numero 3479351502. Domani venerdì 25 novembre, sabato 26 e domenica 27 novembre, il 2, 3 e 4 dicembre. Nel fine settimana di chiusura verrà ospitata la scrittrice Patrizia Rigoni in cui parlerà del silenzio nella poesia, mentre il giorno successivo 3 dicembre si degusteranno i vini pregiati dell’azienda triestina Parovel con una speciale coreografia di chiusura.