Il Congresso di Vienna raccontato e analizzato a èStoria da Sergio Romano e Brian Vick
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- Categoria: Eventi
- Pubblicato Lunedì, 25 Maggio 2015 21:05
- Scritto da Timothy Dissegna
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Gorizia - Il 2015 non è solo l'anno del centenario della Grande Guerra, ma segna anche i 200 dalla caduta di Napoleone. Un appuntamento che èStoria non ha dimenticato affatto e, domenica 24 alle 12, ha trovato spazio sotto la Tenda Erodoto di Corso Verdi con l'incontro "1815. Il Congresso di Vienna": ospite Sergio Romano, firma del Corriere ed ex ambasciatore a Mosca, e Brian Vick, docente di Storia moderna della Germania e dell'Europa centrale nel '900 alla Emory University di Atlanta, intervistati da George Meyr, professore al corso di laurea di Scienze Internazionali Diplomatiche.
A introdurre la platea, giunta numerosa all'evento, ci ha pensato Romano, collegando quello che fu l'avvenimento più importante del XIX secolo a più recenti scenari geopolitici, come la Guerra Fredda. Si è cosi passati dalla ridefinizione dei confini francesi dopo Waterloo, riportati a quelli del 1792, al terrore per lo scoppio di una guerra mondiale, arginato in qualche modo con la possibilità per USA e URSS di poter costruire solo una base antiaerea: in questo modo, ha spiegato l'ex ambasciatore, la paura di aver fianchi scoperti ha tenuto in stallo il mondo per 30 anni.
Quando, però, alla Casa Bianca arrivò Bush figlio, "meno saggio del primo" lo ha definito Romano, il patto firmato nel '72 era ormai finito e si volle costruire basi in punti strategici. Ma per combattere chi, visto che il Comunismo era ormai caduto? "Contro i 'Paesi canaglia', li aveva definiti" ha continuato l'ospite, interrogandosi poi sul senso di creare una base in Iran: "Ho girato e rigirato la cartina geografica, ma non l'ho capito".
Tornando al tema, Vick ha poi raccontato del clima che si respirava all'epoca a Vienna, quando i più importanti Capi di Stato del periodo si riunirono per decidere le sorti del Vecchio Continente, sconfitto definitivamente Napoleone. Quella sicuramente fu l'occasione in cui la diplomazia ebbe il suo picco d'importanza più alto, non rinunciando a far rimanere comunque la Francia un Paese sovrano: cosa che non ricapiterà a Versailles nel 1919, quando la fine della Grande Guerra segnerà l'annientamento della Germania e dell'Austria-Ungheria.
Quando si pensa ai grandi meeting di oggi, la prima cosa a cui si pensa sono i possibili disordini di ordine pubblico. Ma all'epoca, ha raccontato Vick, questi timori non c'erano: anzi, poteva capitare perfino di vedere per le vie di Vienna sovrani che passeggiavano insieme! Certo, in alcune occasioni veniva posto l'esercito a protezione, come durante le parate, ma non si arrivava ai disordini odierni.
Per Romano il cambiamento sta nel passaggio a un sistema democratico, poiché con l'ancien régime tutto ciò non esisteva. Il timore vero era, invece, che Napoleone tornasse ancora libero e per quello si era provveduto ad una sorveglianza rigida.
Per concludere l'incontro, si è fatto il punto anche sugli effetti che il Congresso ebbe sul Friuli. "L'Austria puntò a rafforzare il proprio controllo dove era già forte" ha chiarito la firma del Corriere, e infatti fu proprio dopo quel periodo che Trieste ebbe il suo più grande sviluppo industriale. Per Vick, invece, quel vertice politico non si interessò tanto a queste zone, quanto alla Valcellina, che venne annessa al Regno Lombardo-Veneto anzichè alla Svizzera, come avevano richiesto gli stessi abitanti.