Dalle ribellioni del 1968 a oggi, l'amnesia della storia con Dell'Acqua e Rovatti a Vicino/Lontano
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- Categoria: Eventi
- Pubblicato Venerdì, 16 Maggio 2014 19:09
- Scritto da Timothy Dissegna
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Udine - “Per ricordare ci vuole un po’ di coraggio, e saper raccontare”. Parola di Peppe Dell’Acqua, ospite nella serata di giovedì 15 maggio a Vicino/Lontano, nella ex chiesa di San Francesco a Udine, insieme a Pier Aldo Rovatti, direttore della rivista filosofica “aut aut”, e Alessandro Dal Lago, docente di Sociologia dei processi culturali all’Università di Genova, intervistati dal caporedattore centrale del Piccolo, Marco Pacini.
I tre, di fronte a una platea gremita e composta da persone di tutte le età, hanno sviluppato il titolo dell’evento “Amnesia. La cultura dimenticata”, partendo dalle ribellioni del 1968 fino ad arrivare ai giorni nostri. Entrambe epoche che li hanno visti attivi, ragazzi (quarant’anni fa) che iniziavano a costruire qualcosa che, oggi tristemente, in molti dicono dimenticato.
Come Dell’Acqua, sopra citato, che lavorò a fianco di Franco Basaglia in quel periodo (e fino alla morte del celebre psichiatra) per la chiusura dei manicomi. Successo che nacque proprio in regione, prima a Gorizia e poi a Trieste, città dove vive anche Rovatti, che trova la causa di questa “amnesia collettiva” in una macchina culturale (come la scuola) che sfrutta il non-ricordo per costruirci sopra un nuovo pensiero.
Tutt’altro che critico ma omologato e amministrativo, per il piacere dei “poteri forti”. È un qualcosa di indefinito che trova terreno fertile nei media, in un vortice di informazioni sempre più immediate che tolgono modo alle persone di approfondire, come dice Dal Lago.
Lo scenario che viene raffigurato è un po’ inquietante, con la nostra società che dimentica sempre più velocemente il proprio passato e gli esempi che conserva. E si arriva al paradosso di pensare che nel ’68 si voleva fare la rivoluzione e oggi “troviamo Berlusconi e Dell’Utri divertenti, con i loro guai giudiziari”, afferma Rovatti. “Siamo diventati televisivi” sentenzia, e un velo di tristezza cala su tutti.
Qual è, quindi, la soluzione? Isolarsi e rifiutare ogni cambiamento per mantenere viva la memoria? “È la cosa più perdente” conclude il direttore di “aut aut”, poiché c’è esigenza di trovare aria da respirare.
Stesso concetto che Francesco Piccolo scrive nel suo ultimo libro “Il desiderio di essere come tutti” (Feltrinelli), parlando della chiusura della sinistra italiana dopo la morte di Berlinguer. Chi sa se Rovatti l’ha letto, ma siamo fuori tema.
Vicino/Lontano non delude mai, sempre immerso nello studio più difficile e suggestivo che esista: l’uomo. E non ne finiremo mai di imparare.
Timothy Dissegna