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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Due chiacchiere con Lorenzo Taini in esposizione con “Linee/Lines” allo Spazio EContemporary

Due chiacchiere con Lorenzo Taini in esposizione con “Linee/Lines”  allo Spazio EContemporary

Per conoscere l’artista Lorenzo Taini, classe ’77,  diplomato all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, dove vive e lavora a tutt’oggi, si può visitare “Linee/Lines”  presso lo Spazio Espositivo EContemporary sino al 12 settembre 2015, - via Crispi 28 - Trieste - dal giovedì al sabato dalle 17 alle 20 oppure su appuntamento.

Noi abbiamo colto l’occasione della sua presenza in città per chiedergli qualche curiosità su di lui e del suo modo di esprimersi

Raccontaci qualcosa di te ?

Parlare di sé senza travisare, esagerare o minimizzare è impossibile, ti dirò che i critici con cui ho lavorato negli ultimi 11 anni di mostre collettive e personali mi hanno spesso collocato tra gli artisti contemporanei definiti “analitici”. Quando ho esposto in Germania, hanno detto di me che ero un “minimalista”. Più che di me preferisco parlare dei miei quadri: superfici in cui accade qualcosa, paesaggi per la mente, luoghi di una prospettiva altra, finestre aperte su un’idea. In questa mostra Triestina, espongo tele che ho chiamato “punizioni”: superfici in cui la trama creata dal cucito disegna ombre e luci in uno scacchiere variabile.

La mostra rappresenta  un pezzo del tuo percorso artistico, immagino…

Come ogni mostra, anche questa rappresenta un pezzo di strada, una porzione di percorso intrapreso, una trasformazione, un processo di cambiamento, e forse questa volta, più di altre. Dico così, perché in questa mostra alla Galleria E-Contemporary di Elena Cantori, presento per la prima volta una serie di lavori differenti da tutto quello che ho fatto fino ad ora.

Ci illustri la valenza delle tue realizzazioni artistiche?

Quel che il mio lavoro indaga, è da sempre lo stesso nodo di concetti: l’idea di “ripetizione”, l’estetica del gesto quotidiano ordinario che la ripetizione trasforma in gesto straordinario. I miei quadri, in mostra a Trieste, sono fatti con strumenti tipici della pittura appunto i pennelli i colori,  ma anche con strumenti che vengono da un immaginario differente quali il filo, il ricamo, il cucito.

Che materiali prediligi?

Amo il bianco, e la mostra di Trieste lo dice a colpo d’occhio, e questo bianco, lo ottengo da anni con lo stesso impasto di sabbia e acrilico. Quando uso il colore, uso sempre pigmenti naturali, polveri che, il più delle volte, hanno una loro storia; colori che appartengono a luoghi di cui conservo memorie personali. Il blu dei quadri esposti a Trieste, è, per esempio, il Blu di Mogador,

vecchio nome di Essauoira, antica città del Marocco, famosa per il suo blu e per la sua Porpora. Il verde di uno dei quadri a righe in mostra, invece, è fatto mescolando un pigmento, che ho preso in Nepal nella strada di Katmandu dove si vendono colori e vernici agli imbianchini, e uno smeraldo trovato in una scuola di miniaturisti in India.

Il segno nel tuo lavoro ha una rilevanza e perché proprio il segno?

Quello che indago con la mia pittura è il gesto. Il segno è una conseguenza. Quello che mi attrae è la possibilità che di un gesto possa restare una traccia capace di comunicare il gesto stesso. La cucitura è un ottimo esempio: è infatti frutto di un gesto, quando guardi una cucitura pensi molto più al gesto di cucire di quanto pensi al gesto di disegnare quando guardi una linea.

Quindi il gesto del segno quasi un gioco o mi sbaglio, saper giocare pensi sia necessario?

Più che necessario. Se non ci divertiamo mentre facciamo quel che facciamo, non potrà venirne nulla di buono.

In alcuni dei tuoi quadri vedo punto, linea, punto, linea esiste quasi un codice tra scrittura e pittura. Un’intimistica espressione del tuo sentire, un volerti mostrare in maniera celata e raffinata, che ne pensi?

Quel che resta sulle mie superfici è senza dubbio una scrittura, una testimonianza, un codice di comunicazione che non si apparenta a nessun alfabeto perché non ha bisogno di essere tradotto. Quel che si comunica allo spettatore è solo cosa sua. Un grande pittore e amico, Claudio Olivieri, mi ha insegnato che un conto è guardare e un conto è vedere, e che questa differenza non si fa nel paesaggio o nel quadro, piuttosto nella mente di chi osserva.

Non so dirti quanto i miei quadri raccontino della mia vita e di me, sicuramente mi auguro che possano portare alla mente di chi ci sta di fronte pensieri che non mi riguardano. Io ci trovo una quiete che non è personale, un ordine e una pace, un silenzio ascoltabile.

C’è un quadro di quelli che esponi in galleria EContemporary a cui sei più legato?

Con ogni quadro finisci sempre per instaurare legami differenti. Tra quelli in galleria, potrei dirti che tengo molto al trittico giallo e verde perché rappresenta punto di passaggio e di unione tra i miei lavori a righe e le punizioni cucite. Ma sono anche molto affezionato ai piccoli quadrati blu che nascono dall’idea di un quadro da viaggio di un mio collezionista.

I tuoi progetti artistici futuri ti  portano ancora a spaziare in un rapporto  materico espressivo?

Nella prossima mostra personale, che dovrei fare al Museo della Permanente di Milano  tra dicembre 2015 e febbraio2016 (la data è in via di definizione), vorrei fare una gigantesca punizione su parete, qualcosa che mescoli il segno dipinto, il filo e l’ombra del filo sul muro. Farò poi una mostra a Roma la prossima primavera, e lì vorrei lavorare ancora sul concetto di punizioni da viaggio, quei quaderni che ho esposto qui a Trieste per la prima volta.

 C’è un messaggio che vuoi che passi, o preferisci che il visitatore colga spontaneamente…?

 La pittura non si spiega, piuttosto si dispiega.

 


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Direttore: Maurizio Pertegato
Capo redattore: Tiziana Melloni
Redazione di Trieste: Serenella Dorigo
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