Un’opera di Fontana donata al Seminario Vescovile di Trieste
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- Categoria: Arte
- Pubblicato Mercoledì, 26 Novembre 2014 12:53
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Trieste – Domani, giovedì 27 novembre alle ore 17 nella sede dell’Aula Magna del Seminario Vescovile di Trieste, avrà luogo la donazione dell’opera la “Via, la Verità e la Vita” del pittore Carlo Fontana, per volontà dell’Associazione Juliet, sarà Antonio Cattaruzza che terrà una prolusione per inquadrare l’opera in questione e la poetica dell’autore
Nella fitta cronologia delle esposizioni di Carlo Fontana spicca indubbiamente la partecipazione alla Biennale di Venezia del 1976, oltre a numerose mostre personali e collettive che lo hanno visto esporre da Stoccolma a Parigi, passando ovviamente per numerose esperienze in territorio italiano. Se guardiamo alla crescita artistica del suo lavoro notiamo immediatamente una coerenza di pensiero, una sincerità di fondo e una ricerca di sintesi graduale delle forme e delle cromie. Nei quarant’anni di attività i soggetti scelti sono stati progressivamente racchiusi da inferriate cromatiche attraverso un percorso molto simile a quello degli artisti legati al cubismo analitico. Rispetto a loro, però, l’autore raggiunge un proprio risultato deciso, personale e contemporaneo definendo i confini geometrici delle figure e limitando sempre più le sfumature cromatiche. I colori, accostati anche con ironia e non solo per contrasto, si fanno elementari così come le figure di cui resta l’essenza e la forza di evocare un ricordo attraverso l’apparente semplicità delle forme. L’artista pone fra sé e lo spettatore uno schermo interpretativo; una vetrata neo-gotica attraverso la quale figure ben riconoscibili di barche, caffettiere, che lo riportano alla sua Napoli natìa, alberi, tavolini, vasi di fiori e case si muovono liberamente e sfilano fra campiture di colori accesi, vivi, innaturali, creando un’immediata sensazione di serenità nell’osservatore.
Nell’opera “Io sono la via, la verità e la vita” si vede che l’artista è approdato a un simbolo dal profondo significato e presentato, ora, in una chiave maggiormente intima e raccolta, sebbene non disgiunta dalla sua gamma cromatica di impostazione matissiana e dalla scomposizione quadrettata che in qualche maniera richiama la modalità strutturale della pittura cubista. In questa crocifissione la passione del Cristo, e la sua solitudine sulla croce, assurge a soggetto unico dell’opera.
In alcune parti le tinte si fanno meno squillanti quasi a voler suggerirci sia la sacralità della scena sia l’intima sofferenza del Cristo, rendendoci partecipi di una riflessione dell’artista sul tema sacro. I lacerti di una natura arborea, che danzano attraverso le consuete campiture spezzettate di colore, sono l’unico elemento dinamico dell’opera e accentuano l’immobilità del Salvatore e il suo sacrificio silenzioso. In definitiva, opera sacra e moderna allo stesso tempo, opera che parla al cuore e alla storia, perché in definitiva non si può vivere il presente senza conoscere il passato.
Organizzazione Associazione Juliet, a seguire un rinfresco con Girardi Spumanti.