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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Dalai Lama ad Udine: siate compassionevoli, non arrendetevi mai

Sua Santità il Dalai Lama

A quattro anni dalla sua precedente visita, Sua Santità Tenzin Gyatso, il XIV Dalai Lama è tornato in Friuli, ad Udine per una due giorni di incontri, martedì 22 e mercoledì 23 maggio. La massima autorità spirituale del buddismo tibetano che ha accolto l’invito rivoltogli, come nella precedente occasione, dal Centro Balducci di Zugliano e dal centro buddista Cian Ciub Cio Ling di Polava è giunto in città dopo avere toccato Klagenfurt e Salisburgo e prima di visitare Vienna. Ad accoglierlo Pierluigi di Piazza, che ha dato il benvenuto ringraziando il lama Lobsang Pende, la guida di Polava, con il quale, ha spiegato, “abbiamo mantenuto nel corso di questi anni una relazione con Sua Santità, per questo abbiamo osato l’inosabile invitandolo ancora una volta, a così breve distanza di tempo. Abbiamo capito che nel 2007 avevamo iniziato un percorso che questo secondo incontro di oggi è destinato a continuare. I temi che affronteremo sono profondamente legati all’attualità e sono espressione di un’urgenza culturale ed etica prima ancora che spirituale».

Pace, giustizia, compassione, scienza, etica, responsabilità individuale, intenzionalità. L’invito iniziale di sua Santità a  non arrendersi mai ha percorso come un lungo mantra la coscienza di coloro i quali erano seduti ad ascoltare. E se il primo incontro, tenutosi in un  Palasport Carnera gremito ha affrontato il tema “Le religioni per la giustizia, la pace e la salvaguardia dell’ambiente vitale” con l’Imam di Firenze Izzedin Elzin, con il rabbino Rabbi Jeremy Milgrom e con la cattolica palestinese Bassima Award, presidente dell’Istituto di cultura italo palestinese, è dall’appuntamento pomeridiano dal titolo “Dall’aggressività e dalle tante forme di violenza alla non violenza attiva e all’amorevole compassione” che sono emersi gli spunti di maggiore riflessione personale. Perché il Buddismo non indulge in speculazioni metafisiche sulle cause prime; non ha una teologia o una divinità e non c'è deificazione del Budda. Il Buddismo guarda con autentica schiettezza alla nostra condizione di esseri umani, non ha nulla a che fare con il credere vero qualcosa perché lo si desidera intensamente, nella maniera più assoluta. Tutto ciò che il Budda ha insegnato è basato sulla sua osservazione diretta delle cose così come sono.

Ecco dunque che gli sguardi di Vito Mancuso  teologo, professore, editorialista de “La Repubblica”  e del professor Franco Fabbro professore ordinario di Neuropsichiatria infantile all'Università di Udine, si sono “appoggiati” diversamente eppure complementariamente sul senso ed il significato del termine aggressività che per il teologo “non è forma originaria ma parassitaria. Ciò che la precede è la forza che è originaria ed è la grande matrice del mondo, è principio di organizzazione. Spesso la consapevolezza della violenza nel mondo fa coltivare una cupa sfiducia. Ma è possibile aggregare senza aggredire attraverso la pratica dell’amorevole compassione.” Per il professor Franco Fabbro la violenza è la forma più diffusa di competizione tra esseri umani. Ma gli esseri umani sono in grado di bloccarsi, ha spiegato e possono scegliere”. Ancora una volta l’insegnamento buddista che riporta l’uomo e la sua intenzionalità nell’agire al centro del pensiero sull’humanitas, ha aperto una finestra sulla possibilità di essere segno di cambiamento. Il "mondo là fuori" è in mutamento costante, tutto è impermanente, ed è impossibile stabilire relazioni immutabili con qualsiasi cosa.

   Dalle parole pronunciate dal Dalai Lama comprendiamo che se esaminiamo onestamente e attentamente il concetto di impermanenza, capiamo che è onnipervasiva: tutto è contrassegnato dal mutamento. Possiamo postulare un principio relativo ad una coscienza eterna o ad un io superiore, ma se osserviamo da vicino la nostra mente, capiamo che è fatta di processi ed eventi temporanei. Vediamo che il nostro io è, tanto per iniziare, immaginario e, nella migliore delle ipotesi, una speculazione. E' un idea che abbiamo inventato per rassicurarci, per creare un rapporto solido, ancora una volta. A causa di questo, ci sentiamo a disagio e ansiosi persino nei momenti più felici. E' solo quando riusciamo ad abbandonare completamente questo aggrapparci che siamo in grado di trovare sollievo dal nostro malessere.

Se nulla possiamo per la crisi economica che attraversa il mondo né per l’inquinamento del pianeta, tutto possiamo invece per contribuire e non incidere con la nostra presenza sulla terra e peggiorare ulteriormente le cose. Con semplici atti, spiega il Dalai Lama: “spegnere le luci prima di lasciare la stanza, non sprecare l’acqua per non contribuire al consumo delle risorse”. La consapevolezza è anche questo: mettersi in contatto con il mondo perché ogni essere è interconnesso con gli altri esseri.  Il qui e adesso, il conosci te stesso, l’essere presenti sono un richiamo forte e laico a tenere l’attenzione costante su di sé a non lasciarsi distrarre dal mondo di fuori che corre veloce. C’è poi l’esortazione di Sua Santità a conoscere il mondo attraverso la scienza senza assumere posizioni definitive, ma continuando la ricerca anche sulla natura della mente dove mente sta per “soul”, anima perché ognuno di noi è maestro di sé stesso, ognuno è Buddha di sé stesso.

Fabiana Dallavalle

 

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