È scomparso lo scenografo Sergio D’Osmo
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- Categoria: Trieste
- Pubblicato Mercoledì, 02 Maggio 2012 19:00
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È venuto a mancare lo scenografo Sergio D’Osmo, personalità di spicco del teatro triestino. Colpito da emorragia cerebrale due giorni fa, D’Osmo è morto nella notte fra il 1° e il 2 maggio.
Come amava ricordare, Sergio D’Osmo fu affascinato dal teatro grazie alla zia Ersilia, la stessa che lo soprannominò “Dodo”, il nomignolo con cui sarebbe stato conosciuto in tutto l’ambiente teatrale.
Dopo gli studi di architettura a Venezia, Dodo fu nel 1954 tra i fondatori del Teatro Stabile Città di Trieste, divenuto in seguito Stabile del Friuli Venezia Giulia. All’epoca, nella Trieste ancora occupata dagli alleati, si cercava una sede dove creare il nuovo teatro stabile di prosa e la scelta cadde su una piscina di fronte al Liceo Dante che i militari avevano trasformato in sala teatrale. Dodo ottenne lo spazio, grazie anche all’avvallo dell’allora sindaco Bartoli, e per i successivi trentaquattro anni fu il direttore dello Stabile regionale, divenendone il centro vitale e organizzativo.
Nel corso della sua direzione ha firmato scene e costumi per decine di spettacoli di prosa, lirici e d’operetta. In seguito ha collaborato per quattro anni con il Teatro Biondo di Palermo e per altri tre con il Teatro Argentina, sede del Teatro di Roma, lavorando con registi quali Ronconi, Strehler, Missiroli, Squarzina. È stato per molti anni direttore degli allestimenti scenici del Teatro dell’Opera di Roma e del Teatro Verdi di Trieste.
Con il Teatro La Contrada ha collaborato fin dalla sua fondazione, nel 1976, per lo spettacolo inaugurale della compagnia, “A casa tra un poco”. Tra i numerosi allestimenti ideati per lo Stabile privato triestino, ricordiamo “L’Americano di San Giacomo” e “I ragazzi di Trieste” di Tullio Kezich, le “Sorelle Materassi” di Fabio Storelli, “Piccole donne: il musical!” di Tonino Pulci e Stefano Marcucci. Ed anche “Classe di ferro” di Aldo Nicolaj “I rusteghi” di Goldoni, “Cosa dirà la gente?” di Carpinteri e Faraguna, “Sariandole” di Roberto Curci e “Vola colomba” di Pierluigi Sabatti. Infine “Remitur” di Ugo Vicic, “Fuori i secondi” e “Svola cicogna” di Enrico Luttmann.
Instancabile e sempre attivissimo, Dodo stava collaborando alla mostra personale che il Museo Teatrale “Carlo Schmidl” gli avrebbe dedicato nelle prossime settimane e stava lavorando all’ideazione delle scenografie del prossimo spettacolo dialettale della Contrada.
Il vuoto, professionale e umano, che la scomparsa di Sergio D’Osmo lascia nell’ambiente teatrale è incolmabile.
s.d.