Cittadini migranti richiedenti asilo: i Comuni dell'Isontino chiedono misure urgenti e definitive
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- Categoria: Gorizia
- Pubblicato Lunedì, 08 Settembre 2014 16:22
- Scritto da Redazione Ilfriuliveneziagiulia
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Gorizia - Ormai da più di un anno a questa parte gruppi di cittadini extracomunitari migranti richiedenti asilo si accampano lungo l'Isonzo in attesa che vengano esaminate le pratiche burocratiche.
Non trovano un posto né al Cara, il centro per richiedenti asilo politico, né al Cda (la struttura di accoglienza per gli immigrati sbarcati sulle coste siciliane) e neppure nel dormitorio della Caritas. Tutte queste strutture, ormai, sono strapiene.
Tecnicamente non sono neppure clandestini, per cui - quand'anche fosse riaperto -, non potrebbero essere accolti nemmeno al vicino Cie.
Sono gli “invisibili” di Gradisca, immigrati che per un motivo o per l'altro si trovano in una sorta di limbo legislativo e sociale di difficile soluzione.
Nelle ultime settimane l'arrivo di consistenti gruppi di profughi ha portato alla mobilitazione gli enti locali, che si sono rivolti alla Regione.
Lunedì 8 settembre si svolge un tavolo di confronto in Prefettura a Gorizia per gestire la situazione. La Prefettura punta a utilizzare un paio di palazzine del demanio militare del comune di Cormons (Go) per ospitare i profughi.
La Regione ha dichiarato che valuterà a breve la possibilità di ospitare una parte dei richiedenti asilo presso la struttura della Protezione civile a Palmanova.
La VI Commissione consiliare regionale presieduta da Franco Codega (Pd) e competente per il tema immigrazione aveva ricevuto venerdì 5 settembre la richiesta di aiuto dal Comune di Gradisca, sul cui territorio sorgono Cie (Centro di identificazione ed espulsione) e Cara (Centro di accoglienza per richiedenti asilo), richiesta che è stata fatta propria da tutto l'Isontino e dalla provincia di Gorizia.
La ristrutturazione del Cie è quasi conclusa e sebbene sia stato affermato dalle autorità che il Centro non sarà riaperto - ha fatto presente lo stesso Codega - i lavori eseguiti fanno intendere che la struttura sarà la medesima, o almeno di medesimo tipo.
Il ministro Alfano si è detto favorevole ad applicare lo Sprar (il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, costituito dagli enti locali che, per la realizzazione di progetti di accoglienza integrata che vanno al di là della distribuzione di vitto e alloggio, accedono, nei limiti delle risorse disponibili, al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo). Le rassicurazioni del Ministero tuttavia non bastano: gli enti locali chiedono chiarezza sul futuro della struttura di Gradisca.
Ecco che la denuncia del sindaco di Gradisca, Linda Tomasinsig, è chiara: l'edificio non è fatto per essere una struttura di accoglienza e non ha i requisiti minimi per esserlo. Inoltre, affiancare Cie e Cara significa rischiare attriti tra gli ospiti.
Il Comune di Gradisca, a fine luglio scorso, ha accolto un ordine del giorno con cui adoperarsi in particolare presso la Prefettura affinché la chiusura del Cie sia definitiva e al contempo il Care non sia ampliato.
"A questo problema - ha detto il sindaco Tomasinsig - si affianca la presenza, già da mesi, di alcuni stranieri che, in attesa di vedersi accolta la richiesta di asilo già presentata regolarmente, bivaccano lungo il greto del fiume Isonzo vivendo in una baraccopoli. Sono persone che vivono da noi, vanno tutelate. Lunedì si tiene un tavolo in Prefettura a Gorizia e sarà sollecitata una soluzione, ma c'è bisogno del sostegno di tutti. Sono persone note alla Questura e vanno prese in carico da subito".
L'assessore provinciale per le politiche socio-assistenziali di Gorizia, Ilaria Cecot, si è detta in linea con il Comune di Gradisca e ne ha firmato l'Ordine del giorno.
"Da noi - ha affermato l'assessore Cecot - non sono rispettati i dettami delle leggi sugli immigrati. Per gli stranieri che ora vivono lungo l'Isonzo abbiamo chiesto la collaborazione della Protezione civile perché abbiano almeno una tenda decente dove dormire, ma tale richiesta, non essendo di competenza della Provincia, deve essere avanzata dai soggetti competenti".
"Speriamo che la Regione non intervenga solo nella progettualità, ma anche nell'emergenza dell'immigrazione; è una questione regionale, non meramente goriziana e tantomeno solo isontina - ha aggiunto Ilaria Cecot. - Abbiamo caserme e ospedali chiusi che potrebbero accogliere queste persone; magari gli si può chiedere un affitto, nulla lo vieta. Se non interveniamo presto, la situazione diverrà ingestibile. Posto che non siamo per i Cara, ma poiché non li possiamo eliminare, almeno siano strutture adeguate all'accoglienza. Oggi quello di Gradisca non lo è".
Il sindaco di Sagrado, Elisabetta Pian, ha chiesto una legge regionale specifica. "Ci sono altre Regioni che hanno adottato una filosofia diversa da quella sinora usata per l'accoglienza - ha detto il sindaco - perché si tratta di strutture inadeguate. Noi sindaci lo abbiamo segnalato a tutti più volte: vanno contro i diritti delle persone. Vanno pensate soluzioni di accoglienza diverse: o il carcere, con le sue regole e strutture ben definite, o altro che comunque deve essere precisato cos'è. Cara significa, oggi, strutture senza servizi, non adeguata neppure al dopo-Cara perché non li aiuta a trovare né una casa né un lavoro, ma solo a vivere lungo un fiume. Inoltre l'assistenza sanitaria è precaria, i medici cambiano in continuazione e spesso mancano i fondi per i farmaci".
Tra le soluzioni suggerite dal sindaco, farli vivere temporaneamente in strutture alberghiere, cosa che porterebbe anche un vantaggio economico al territorio: "a Sagrado - ha spiegato Elisabetta Pian - è stato fatto con 35 euro a notte, e l'albergatore è stato ben felice della cosa. Mettere loro a disposizione un computer e un collegamento Internet con cui cercare un alloggio o un lavoro. Istituire corsi di formazione professionale: sempre a Sagrado, alcuni sono diventati aiuto-giardiniere e hanno trovato un'occupazione".
Per il sindaco di Monfalcone, Silvia Altran, è necessario gestire i flussi d'immigrazione verso i diversi territori, tenendo conto delle specificità delle diverse zone. Monfalcone, infatti, è assolutamente peculiare in tal senso, visti i picchi di lavoro in alcuni periodo dell'anno, che richiamano importanti numeri di persone. Altran ritiene che vada tenuto conto anche dell'aumento della popolazione straniera che risiede a Monfalcone, aumentata dal 15,4% a oltre il 18%.
Affrontare il problema, sia con una norma regionale, che con previsioni nazionali e europee. È quanto chiede il sindaco di Staranzano, Riccardo Marchesan. Il Cie non è una soluzione rispettosa della dignità umana, mentre aumentare la capienza del Cara sarebbe insopportabile per il territorio che lo ospita. Richiesta maggiore chiarezza in merito.
Al termine, oltre a puntuali domande da parte dei consiglieri, l'opinione piuttosto diffusa che non si possa più parlare di urgenza, perché il problema è strutturale e che sia necessario trovare risposte diverse da quelle adottate finora a un'emergenza che è ormai diventata continua.