Amianto, soddisfazione per la sentenza, ma ci sono ancora lati oscuri. I finanzieri denunciano
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- Categoria: Gorizia
- Pubblicato Mercoledì, 30 Ottobre 2013 17:42
- Scritto da Redazione Ilfriuliveneziagiulia
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Monfalcone (Go) - La sentenza del maxi-processo sulle morti legate all'esposizione all'amianto nei cantieri di Monfalcone è "in questo territorio una tappa storica, un battipista a livello nazionale, che stigmatizza il riconoscimento della sofferenza di tante famiglie dei cantierini".
Lo ha detto il procuratore capo di Gorizia, Caterina Ajello, tracciando un bilancio delle indagini sui decessi correlati all'amianto negli stabilimenti navali di Monfalcone dopo la conclusione del primo processo, tenutosi il 15 ottobre scorso.
Il giudice Matteo Trotta aveva condannato per vari reati, tra i quali l'omicidio colposo, 13 imputati su 35, alcuni dirigenti di Italcantieri e di ditte che operavano in subappalto, per la morte di 85 lavoratori dei cantieri di Monfalcone (Gorizia) causata da malattie professionali asbestocorrelate. Le pene comminate andavano da 2 anni a 7 anni e 6 mesi. Assolte 22 persone tra responsabili della sicurezza interna del cantiere di Monfalcone e i titolari delle ditte subappaltate per conto di Italcantieri.
Allo stesso tempo, tuttavia, restano senza risposta le istanze di altre categorie di esposti all'amianto, Guardia di Finanza in primis. Nei giorni scorsi, riprendendo i dati di una ricerca svolta a vent'anni dalla legge 271/93 dalle Aziende Sanitarie Triestina e Isontina, Lorenzo Lorusso, presidente nazionale Finanzieri esposti all’amianto, ha evidenziato che ci sono ancora molti lati oscuri nel dramma dell'amianto.
"Al contrario di come fino ad oggi ha inquadrato la vicenda la magistratura (alla quale, forse, non sono stati forniti documenti a sufficienza da parte di chi avrebbe dovuto farlo) ci sono dati inconfutabili che non possono passare sotto silenzio se è vero come è vero che l’azione penale è obbligatoria" scrive Lorusso nella nota.
"Nel Registro degli Esposti all’Amianto sono stati iscritti un numero elevato di dipendenti ed ex della Guardia di Finanza, persino la consorte di uno di questi, più di tante altre categorie considerate ad altissimo rischio".
"Allora - si chiede il presidente dell'associazione - perché non si indaga a fondo sulle morti, sulle patologie asbesto correlate di cui sono vittime molti finanzieri e su quelli che hanno ottenuto l’iscrizione tra gli esposti? Come mai le bonifiche sono iniziate con notevoli ritardi rispetto alla legge nr.257/1992? Perché all’inizio del 2013, come ha più volte denunciato il colonnello Giuseppe Fortuna, c’erano ancora dipendenti della Guardia di Finanza che andavano a sequestrare amianto a mani nude e senza mascherine? Perché le previste mappature, anche queste fatte con notevoli ritardi e da tempo annunciate dal Comando Generale del Corpo, non sono ancora disponibili?"
"A tutte queste domande vorremmo rispondesse il Ministro dell’Economia e delle Finanze, dal quale le Fiamme Gialle dipendono per legge".
"Dati alla mano, per chi conosce la città di Trieste, persino l’ex negozio denominato Il Lavoratore (infettato da tonnellate di amianto) ed ubicato in Corso Saba oggi conta meno iscritti nel Registro degli Esposti di quanti non ne conti il personale della Guardia di Finanza, ovvero “solo” 24. Anche le agenzie marittime dell’intera Regione FVG ne contano “solo” 11 a fronte dei 40 finanzieri".
"I finanzieri - prosegue il comunicato - aprivano in Porto sacchi di cartone pieni di amianto friabile per verificarne il contenuto, un servizio di riscontro merci previsto dalle consegne di servizio. Allora perché sostenere la tesi che i finanzieri non avrebbero mai manipolato l’amianto? È un falso storico. Come risulta dagli atti dell’epoca, allorquando quei sacchi, a contatto con la pioggia o l’umidità spesso si rompevano, le polveri di amianto si disperdevano nell’aria e venivano respirate dagli ignari finanzieri, i quali, al contrario di qualche operaio portuale, non erano dotati neppure di guanti e mascherine".
Tra le altre cause di intossicazione, il presidente Lorusso cita anche un'altra fonte: i mezzi militari. Varie procure militari italiane stanno indagando, come era già noto da tempo, sui carri armati e blindati dell'Esercito, le carrozze ferroviarie, alcuni mezzi navali e gli elicotteri che avevano - fino a non molto tempo fa - delle pericolissime coibentazioni in amianto.
Tutti lo sapevano ma nessun comandante ha mai sollevato il problema che, a quanto pare, è sorto a causa di un esposto circostanziato inviato da un dipendente di una delle amministrazioni interessate. Le prime verifiche hanno dato ragione all'esponente, ora si cerca di capire quante persone sono decedute a causa di quelle esposizioni.