Anche i presidi hanno un'anima. La protesta dei dirigenti
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- Categoria: Scuola ed educazione
- Pubblicato Sabato, 26 Marzo 2016 12:48
- Scritto da Roberto Calogiuri
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Trieste - Per qualcuno sono “sceriffi” oppure “signori” dai superpoteri che possono decidere del destino geografico o stipendiale degli insegnanti. Sono i presidi, ovvero quelle figure della scuola pubblica che le leggi italiane hanno equiparato al dirigente statale con una serie di provvedimenti che ne ha specificato compiti e competenze.
Così facendo si è scavato un solco, più o meno incolmabile, tra dirigenti (che sono ex insegnanti) e insegnanti (che sono potenziali dirigenti). Gli sviluppi della legge 107 sulla scuola hanno scoperto il nervo dei rapporti interni agli istituti dopo le attribuzioni ai dirigenti di poteri monocratici (l’esempio più recente è il comitato di valutazione dei docenti, qui ns. servizio) che accrescono sempre di più questa distanza.
Eppure anche i presidi hanno le loro ragioni e, in comune con i semplici insegnanti, hanno almeno una cosa: di essere sottopagati rispetto ai colleghi della PA e alle medie europee.
E allora Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals e Confsal hanno indetto il “Cedolino Day” per il 13 aprile. In questa giornata i presidi consegneranno al Presidente del Consiglio - e ai ministri dell’Istruzione e dell’Economia - i cedolini dei loro stipendi relativi a ogni mese di marzo dal 2010 al 2016. Lo scopo è dimostrare che in questi ultimi anni il carico di lavoro è aumentato, troppo aumentato rispetto all’incremento stipendiale. Anzi, al decremento dei compensi.
Il fenomeno riguarda tutte le componenti della scuola pubblica, ma il fatto notevole è che i dirigenti, ligi ai dettati ministeriali e solitamente usi obbedir tacendo, hanno deciso di non voler tacendo morir.
E sì! Perché anche se non si tratterà di morire,almeno andare in galera è possibile, come dimostra il caso del dirigente condannato a 4 anni di reclusione (qui ns. servizio).
Allora monta la protesta perché, dicono i presidi, una media di 2.400 € mensili (secondo certe fonti il 90% guadagna 2.500 € al mese) non sono abbastanza rispetto la mole di lavoro e di responsabilità che devono sostenere. In effetti, i circa 8.500 presidi sono meno pagati dei dirigenti statali degli altri comparti della pubblica amministrazione di pari grado e con minori rischi. Passi che hanno un diverso inquadramento economico. Ma quello che è duro da digerire è il cumulo di responsabilità.
In effetti un dirigente scolastico non ha orario ma “impegno di lavoro”, ha responsabilità direttive, di coordinamento, disciplinari, gestionali, negoziali, amministrative, contabili, erariali, civili, penali, di vigilanza, per la sicurezza sui luoghi di lavoro. Alcune di queste sono condivise o trasmesse al corpo docente. Ma la sostanza non cambia.
Dicono i presidi: c’è una forte distinzione tra dirigenti e docenti che non corrisponde alla differenza di retribuzione. Il lavoro è scarsamente riconosciuto. Molte scuole aprono ogni mattina derogando alle norme di sicurezza per ottemperare all’erogazione del pubblico servizio. Il rischio è sempre in agguato.
Tuttavia la categoria è blindatissima: non si conoscono dati sullo stress, casi di rinunce o di burnout.
In compenso il concorso per preside ancora non parte. Lo si attendeva entro novembre del 2015 e l’ultima tornata di assunzioni ha suscitato una serie di contestazioni, polemiche e ricorsi al TAR. I posti da dirigente non sono tutti coperti e, quindi, il prossimo anno scolastico aumenteranno le reggenze (un preside, come anche un direttore dei servizi amministrativi, su due scuole) con un bonus mensile di qualche centinaia di € e il susseguente sovraffaticamento.
Che si parli di docenti o di dirigenti, il segnale è sempre lo stesso: la scuola italiana attraversa un periodo di magra , di malessere, che non sembra terminare.
Ma stando così le cose, quale sarà il motivo che spinge un insegnante a fare il dirigente scolastico?
In fin dei conti, il fatto che in Italia nel 2016 una scuola su quattro sia senza preside titolare indica che, forse, non è un mestiere tanto ambito.
[Robero Calogiuri]