Al Percoto l'incontro scuola-carceri per gli studenti delle superiori
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- Categoria: Scuola ed educazione
- Pubblicato Venerdì, 14 Novembre 2014 12:11
- Scritto da Timothy Dissegna
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Udine - Si è svolto nella mattinata del 13 novembre, nel corso della seconda giornata nazionale di dialogo tra scuola e istituzioni sul tema della vita carceraria, l'incontro "A scuola di libertà" ospitato nella sede centrale dell'Istituto "Caterina Percoto" di Udine.
Organizzato dall' "Associazione volontari penitenziari ONLUS Speranza", l'evento ha visto la partecipazione di sei scuole superiori udinesi: i licei Percorto, Uccellis, Sello e Martinelli e l'istituto alberghiero Stringher.
Tanto l'interesse per la giornata, visti anche gli ospiti presenti sul palco: Enrico Ponta e Maurizio Battitusta per l'associazione; la Direttrice Scolastica del Sello, Rossella Rizzatto; la casa circondariale di Udine con il Magistrato di sorveglianza, dott.ssa Mariangela Cunial, e la direttrice, dott.ssa Irene Iannucci; il UEBE con la dott.ssa Gremese; e la testimonianza diretta di due detenuti della casa circondariale di Udine, Nicola e Daniel. A presentare l'evento è stata la prof. Iana Mauro, insegnante in carcere.
Dopo i saluti iniziali, la dott.ssa Cunial ha catalizzato l'attenzione dei presenti con una storia-simbolo sulla vita dietro i cancelli di ferro, riguardante proprio un ragazzo che avrebbe potuto essere stato benissimo tra i giovani presenti.
Una storia di "redenzione", alla fine, per chiarire che dal carcere si può rinascere. È difficile ovviamente, e la direttrice Iannucci ha raccontato anche il "rovescio" della medaglia: la triste fine di un ex detenuto, non uscito dal tunnel della droga che l'aveva portato in carcere.
Ecco allora il turno della dott.ssa Viennese, che ha parlato del ruolo che ha il suo ente nei rapporti con i detenuti fin dal 1975, anno in cui è entrata in vigore l'istituzione penitenziaria.
Indagini, colloqui, visite a domicilio dei familiari dei condannati sono all'ordine del giorno e la cosa più interessante viene dalla legge 66 del 2014, detta anche "Mettimi alla prova". In pratica, gli imputati a pene di massimo quattro anni di reclusione possono essere "messi alla prova", per avviare un processo di reinserimento nella società sia esteriore (professionale, istruttivo...) sia interiore (analisi critica del reato compiuto da parte del colpevole).
Toccanti sono state le parole di Nicola, che si è messo a disposizione degli alunni presenti per eventuali domande. E non sono tardate ad arrivare, in tanti hanno posto interrogativi importanti e sentiti, ad esempio su com'è gestito il dolore delle vittime dopo la sentenza definitiva. Una domanda mai banale é arrivata da testimoni e istituzioni, raccogliendo sempre l'applauso del pubblico. Una mattinata diversa per i ragazzi, per "studiare" un valore non traducibile: legalità.