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Giulio Regeni, ministro Gentiloni a Radio Rai: ripresa relazioni con Egitto solo con collaborazione seria
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- Categoria: Politica e società
- Pubblicato Venerdì, 29 Aprile 2016 09:27
- Scritto da Redazione Ilfriuliveneziagiulia
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Roma - È ancora lontana la verità sull'uccisione di Giulio Regeni e, a quasi tre settimane dal richiamo in patria dell'ambasciatore italiano in Egitto, Maurizio Massari, lo scorso 8 aprile, ancora non si registrano novità.
A rimarcarlo è il presidente della commissione diritti umani del Senato, Luigi Manconi (Pd), che il 29 marzo scorso aveva accolto a palazzo Madama la famiglia del giovane ricercatore di Fiumicello.
Secondo Manconi serve "più decisione" da parte del governo italiano: "Esprimo le mie opinioni personali che non coincidono con quelle del governo. Ritengo che, se continuiamo a seguire quello che mi sembra un eccesso di prudenza, rischiamo di rimanere impantanati e privi di iniziativa, inevitabilmente subalterni a decisioni del regime egiziano".
A suo avviso, si può iniziare ad agire anche sul piano economico: "Il giacimento di gas di Zohr interessa all'Italia ma interessa altrettanto e ancor più all'Egitto" ha detto Manconi. "E non si dimentichi che l'Italia è il secondo mercato europeo, e per certe merci il primo, per i prodotti egiziani".
Manconi inoltre, tramite l'associazione "A buon diritto" di cui è presidente, sta lanciando un appello alla mobilitazione affinché "l'Egitto venga dichiarato paese in questo momento non sicuro, invitando i cittadini europei, in particolare 'i giovani contemporanei' del nostro continente, a non recarvisi".
Manconi quindi si "associa alla preoccupazione" della famiglia Regeni per l'arresto di Ahmed Abdallah al-Sheikh, amministratore della Commissione Egiziana per i diritti e le libertà (Ecfr), "persona nota, in ottimi rapporti con Amnesty International e diventato una sorta di consulente legale in loco per i legali italiani della famiglia" del ricercatore friulano. E, in merito agli arresti di questi giorni in Egitto, parla di "imprevedibile acutizzarsi delle tensioni".
Da parte sua il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, in un'intervista rilasciata il 29 aprile a Voci del Mattino su Radio Rai ha affermato che "Per noi il ritorno alla normalità delle relazioni dipende da una collaborazione seria".
"Purtroppo la nostra pressione, la nostra ricerca di verità non ha avuto risposte soddisfacenti", ha detto Gentiloni.
"Il che vuol dire una cosa semplicissima e cioè che se qualcuno immaginava che il trascorrere del tempo avrebbe un po' diminuito l'attenzione dell'Italia e costretto tutti a rassegnarci a un ritorno alla normalità della relazioni, per noi il ritorno alla normalità delle relazioni dipende da una collaborazione seria".
Il ministro ha quindi ricordato che è accaduta "una cosa molto importante nelle relazioni tra paesi, nelle relazioni diplomatiche, cioé che noi abbiamo richiamato a Roma il nostro ambasciatore al Cairo... e questo è un gesto molto forte nei rapporti tra Stati".
"Continuiamo ad esercitare, non solo attraverso quel gesto del richiamo dell'ambasciatore ma in tante forme - ha aggiunto -, anche una pressione diplomatica perché si arrivi alla verità. Sappiamo che non sarà facile".
Per il titolare della Farnesina "finora la collaborazione promessa dall'Egitto" per far luce sull'omicidio di Giulio Regeni "è stata assolutamente inadeguata".
"Sono in corso nuovi contatti tra le procure, - ha aggiunto - mi auguro che l'attività del procuratore Pignatone possa riannodare qualche contatto utile, ma nel frattempo manteniamo la una posizione di insoddisfazione".
Gentiloni ha poi ricordato di aver "parlato della questione Regeni anche nell'ultimo incontro dei ministri degli Esteri dell'Ue a Lussemburgo. C'è consapevolezza generale che si sia trattato di un caso gravissimo nelle modalità in cui è avvenuto e in un contesto all'interno dell'Egitto che è sotto gli occhi di tutti".
"Poi dobbiamo sapere che in questo raffreddamento delle relazioni tra Italia-Egitto ci sarà qualcuno che cercherà di inserirsi per conquistare posizioni privilegiate con Il Cairo. Ma non possiamo essere mossi in modo prevalente da questa preoccupazione", ha concluso il ministro.