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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Politica

Niente figli: “stiamo bene così”. E il Friuli Venezia Giulia invecchia, assieme all'Occidente

Niente figli: “stiamo bene così”. E il Friuli Venezia Giulia invecchia, assieme all'Occidente

Trieste - Nidia Batic, professore associato di Statistica sociale a Udine, ha da poco concluso, assieme al collega Alessio Fornasin, un'interessante ricerca demografica nella nostra regione, realizzata dall’Università di Udine su un campione di 1204 coppie friulane e del Veneto Orientale.

Dallo studio emerge che le coppie che scelgono di non avere figli non lo fanno tanto per l'incertezza del futuro dovuta alla crisi economica e alla mancanza di lavoro, ma per una sorta di autosufficienza, che proviene dal sentirsi soddisfatti da una vita in cui spazio per i figli proprio non ce n'è.

Per oltre il 22% degli intervistati non c’è un progetto di genitorialità; la coppia, infatti, o non ci ha ancora pensato o ha già deciso di non volere figli.

Nidia Batic ha parlato di tali scenari demografici mercoledì 23 ottobre, nell'ambito del ciclo di conferenze “Oltre le crisi”, che si svolge presso il Centro Culturale Veritas di Trieste.

La ricerca sul Nord Est è stata svolta su un campione con età media di 36 anni per le donne e di 39 per gli uomini ed ha rivelato che sicuramente è sempre presente l’incertezza per il domani e la paura di non arrivare a fine mese, ma mette più timore, ad esempio, il fatto che i bambini richiedano troppo tempo e che possano essere incompatibili con il lavoro dei genitori.

Nel frattempo – ha spiegato la demografa udinese - lo scenario mondiale, secondo le previsioni dell'ONU, prevede che alla fine del secolo la popolazione mondiale passi dagli attuali 8 miliardi di persone a circa 11 miliardi.

L'incremento sarà modestissimo - circa 30 milioni - nei Paesi sviluppati (considerando come tali Europa, Nord America, Australia, Nuova Zelanda e Giappone) e una crescita molto forte della popolazione dell'Asia fino al 2050 e poi, quando in Asia la crescita di arresterà, un'impennata della crescita della popolazione africana.

La Nigeria, presa come Paese campione del continente, a fine secolo quadruplicherà la popolazione a fronte di una diminuzione di circa 100 milioni di abitanti in Europa ed una diminuzione della popolazione, rispetto al 2012, della popolazione in Cina, Brasile e India. Solo negli Stati Uniti la popolazione dovrebbe aumentare di circa 150 milioni di abitanti.

Il dato che più impressiona è il calo demografico molto forte che si avrà in Europa, calo che porta la cosiddetta piramide demografica (perché fino al 1900 fa era effettivamente tale con una base larga della popolazione più giovane che si restringeva via via salendo con le età) a rappresentare oggi una forma a salvadanaio, con una base piuttosto stretta nelle fasce di età 1-30 anni e una pancia, cioè un forte allargamento della figura, nella fascia 35-45 che si restringe molto gradualmente fino agli 85 anni.

Nel 2050 la rappresentazione grafica dei dati per l'Italia ci mostra addirittura una specie di trapezio con la base più corta nella parte bassa (la popolazione giovane) e la base più lunga negli anni della vecchiaia.

Questo porta in Italia ad un indice di dipendenza (che è il rapporto tra la popolazione in età di lavoro e quella che non lavora, tra 1 e 14 anni e dai 65 anni in su) a percentuali insostenibili: nel 2030 sarà del 63,2% e nel 2065 addirittura del'82,8. Il ché vuol dire che nel 2100 ci potrebbero essere meno di 20 persone in età di lavoro per più di 80 che non possono lavorare.

Gli italiani hanno da tempo smesso di fare in media almeno 2 figli per coppia, che è il minimo per assicurare il ricambio generazionale.

Oggi le coppie generano 1,26 figli e neppure le coppie straniere aiutano più di tanto perché si stanno adeguando ai nostri stili di vita con in media meno di 2 figli a coppia (1,98). L'età media dei parti da madri italiane è molto alta (32 anni) e piuttosto alta è anche quella delle straniere (28,3).

Trieste - caso emblematico, città tra le più "anziane" d'Italia - vede dati ancora peggiori, anche se di poco. Attualmente l'indice di dipendenza è già al 63% con il 12,6% di non occupati tra la popolazione attiva.

La professoressa Batic è tornata quindi sulla ricerca regionale, che ha indagato anche quali siano le intenzioni delle coppie sul numero di figli ideale. La maggioranza delle persone (44,9%) ha risposto che il numero ideale è due, il 4,3% non ne vuole, solo il 3% ritiene che l'ideale siano 4 e più figli e ben il 18% afferma di non saper dare una risposta perché non ci ha mai pensato o non vuole programmarlo.

Tra coloro che non desiderano figli, la ricerca ha indagato sulle loro motivazioni. Ciascuno, maschi e femmine, è stato intervistato separatamente. L'indagine ha dato un risultato davvero sconfortante: la risposta più significativa è stata “stiamo bene così”, con una forte prevalenza di risposte, per così dire, egoistiche, cioè legate solo alle proprie esigenze e preferenze.

I motivi economici, invece, sono assai meno significativi. Altre motivazioni proposte sono legate alla salute, ai timori del parto o al sentimento di impreparazione e inadeguatezza o alla solitudine della coppia.

Alla domanda, poi, sul motivo per cui le persone hanno meno figli rispetto ai loro desideri, la motivazione “poco supporto alle famiglie da parte dello Stato” non si è rivelata significativa per il campione intervistato.

Ha stupito i ricercatori di quanto le risposte non si differenzino tra le donne e gli uomini, con scostamenti minimi dei risultati tra i due sessi.

I risultati dicono allora che le misure economiche che lo Stato dovrebbe mettere in atto porterebbero a scarsi risultati per convincere gli italiani a fare figli ed invertire realmente la tendenza. Il discorso è, quindi, eminentemente culturale: la popolazione occidentale ha diminuito la fecondità per motivi che non sono economici, bensì legati agli stili di vita, ai valori di riferimento, alle proprie scelte autoreferenziali.

Pare che non si sia portati neppure a farsi domande sul domani, né delle future generazioni né su quello proprio: chi si prenderà cura di noi quando arriverà il tempo della non autosufficienza? Perché i governi sono costretti ad alzare l'età per il collocamento a riposo e a diminuire l'importo delle pensioni?

L'autoreferenzialità, oltre a evidenziare l'insignificanza per molti di valori spirituali e di solidarietà, porta a non farsi domande sul proprio domani, neppure di stampo utilitarista. “Stiamo bene così (oggi)”.

Nidia Batic ha concluso indicando in una politica di maggiore accoglienza nei confronti degli immigrati la sola possibile via che ci consentirà di reggere un futuro che si presenta davvero denso di interrogativi.

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Direttore: Maurizio Pertegato
Capo redattore: Tiziana Melloni
Redazione di Trieste: Serenella Dorigo
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