Economia
Corsa al petrolio in Adriatico: battuta d'arresto in Croazia, ma l'Italia va avanti
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- Categoria: Economia e mercati
- Pubblicato Giovedì, 27 Agosto 2015 10:09
- Scritto da Redazione Ilfriuliveneziagiulia
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Roma - L'Italia continua ad investire nelle trivellazioni petrolifere, anche in Adriatico, nonostante proprio dalla vicina Croazia giungano perplessità su questi progetti. A fine luglio, su 10 autorizzazioni concesse nell'Adriatico dal governo croato (che avrebbero dovuto generare investimenti per oltre 2,5 miliardi di euro), 7 sono state restituite. A tirarsi indietro sono state la compagnia austriaca Omv e la statunitense Marathon Oil.
Ufficialmente, la motivazione riguarda la disputa non risolta sui confini marittimi tra Croazia e Montenegro, ma molti commentatori hanno affermato che l'incertezza sul rendimento degli investimenti legata alla caduta dei prezzi del petrolio avrebbe reso le nuove trivellazioni non sostenibili economicamente.
Il governo italiano ritiene tuttavia che le estrazioni di idrocarburi restino un elemento strategico fondamentale per la crescita del Paese. Un modo per aumentare "l'occupazione e le entrate fiscali" e conciliare "sviluppo ed ambiente", ha dichiarato all'agenzia di stampa Adnkronos Pietro Cavanna, presidente di Assomineraria settore Idrocarburi e Geotermia.
Se le numerose opposizioni non sembrano far paura, è piuttosto il crollo del prezzo del petrolio, che questo lunedì è sceso sotto i 39 dollari a barile, a gettare ombre sui progetti di estrazione di idrocarburi.
L'obiettivo del Governo è troppo importante per poter essere messo in discussione: raddoppiare entro il 2020 la produzione nazionale di idrocarburi fino a 24 milioni all’anno di barili equivalenti, con un conseguente risparmio annuo di circa 14 miliardi sugli acquisti energetici dall'estero.
L'Italia produce circa 155 mila barili di petrolio al giorno e 8 miliardi di metri cubi di gas all’anno, ma ne consuma rispettivamente 1,3 milioni quotidianamente e 78 miliardi annui.
Sul piatto - secondo il Mise - ci sarebbero poi circa 17 miliardi di euro in investimenti in 4-6 anni ed il raddoppio dei proventi della tassazione sugli idrocarburi, che nel 2013 è stata pari a circa 1,6 miliardi di euro.
Tra le zone di trivellazione, l’Adriatico orientale è molto attraente per le corporations internazionali dato che il mare non è molto profondo, e questo riduce notevolemente il costo delle piattaforme per l’estrazione.
Non bastano, quindi, le opposizioni delle Regioni, che continuano una battaglia a colpi di ricorsi amministrativi per fermare l'arrivo di nuove trivelle davanti alle loro coste. E non servono nemmeno le proteste dei tanti comitati 'No Triv' nati negli ultimi mesi e che martedì 25 agosto, all'Aquila, hanno impedito l'incontro tra il Presidente del Consiglio Matteo Renzi e il sindaco Massimo Cialente.
"Gli idrocarburi in Italia sono stati una risorsa strategica importantissima fin dal dopoguerra", sottolinea Cavanna. "Adesso i progetti di esplorazione definiti sono circa 40" ed i preparativi per le operazioni sono in fase avanzata: il canale di Sicilia e l'Adriatico centrale sono le aree più ambite, ma anche il mar Jonio, area marina vietata alle attività di ricerca di petrolio fino al luglio 2011, è incluso nei progetti.
Il Governo italiano non è l'unico a cercare l'oro nero nel Mediterraneo. "L'Albania ha una storia petrolifera lunghissima", prosegue Cavanna, "mentre altri paesi come Montenegro, Grecia e Croazia" stanno percorrendo la stessa strada dell'Italia.
"L'Italia è indietro in un settore in cui siamo stati i primi a sviluppare le migliori tecnologie. La Croazia in particolare - nota il presidente di Assomineraria - ha già coperto tutta la tratta di propria competenza con la tecnica dell'Air Gun, e ha messo a bando le aree".
Il presidente di Assomineraria è fiducioso: "il prezzo del petrolio non sempre è regolato da meccanismi di domanda e offerta, ma dalla finanza ed altri fattori. Non tutti i mali vengono per nuocere: le società con competenze serie e finanziariamente solide non si faranno impressionare", conclude Cavanna.