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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Val Rosandra: una ferita all'ambiente ancora aperta

Val Rosandra: una ferita all'ambiente ancora aperta

TRIESTE - A tre anni dal disboscamento della Val Rosandra, la ferita rimane aperta. Tra il 24 e il 25 marzo del 2012, circa 2000 volontari della Protezione Civile del FVG e dei Gruppi Comunali presero parte all’operazione “Alvei puliti 2012” voluta e pianificata dalla Regione per la manuntenzione del letto del torrente Rosandra.

L’intervento, che nelle intenzioni della Regione avrebbe dovuto mirare alla “pubblica incolumità”, secondo le associazioni ecologistiche si rivelò un “disastro ambientale” in cui – assieme alla pulizia degli alvei – fu annientata quella che secondo il WWF è codificata come “habitat 92A0 foresta a galleria”, ovvero un bosco composto di salici e pioppi bianchi che, con la presenza di ontani, rendeva questa valle un esempio ecologico tra i più pregevoli della regione.

Assieme alle associazioni animaliste – che giudicarono l’intervento rischioso perché attuato nel pieno del momento riproduttivo delle specie di fauna e avifauna – Legambiente denunciò il fatto per cui risultarono indagati Luca Ciriani, vicepresidente del Friuli Venezia Giulia, Guglielmo Berlasso, responsabile della Protezione civile dell'Fvg, e altre sei persone. L'ipotesi di reato fu distruzione o deturpamento di bellezze naturali.

Poiché in tribunale, durante il dibattimento in corso, è stato dichiarato che “danno non c’è stato”,  l'Associazione Politica per la Costituente della Sinistra "Trieste per Tsipras” ha organizzato nella giornata di ieri 12 aprile un sopralluogo pubblico nella Valle Rosandra, in cui una delegazione ha voluto verificare il reale stato della situazione di quello che era stato dichiarato un sito di “Importanza Comunitaria”, Riserva Regionale e Zona di protezione speciale.

Come ha segnalato un comunicato dell’Associazione, “quella definita dai manuali europei una foresta a galleria, come testimoniano diversi studi effettuati da esperti prima dell’intervento, è ora un'accozzaglia di piante di specie estranee, che non presentano più la morfologia “a galleria”,aspetto ecologico più caratteristico e importante formatosi in decenni di naturale sviluppo, e rappresentato dalla struttura ad alto fusto del bosco che aveva portato alla creazione di un microclima fresco ed ombreggiato, in grado di garantire a varie specie animali (per lo più pesci e anfibi) condizioni termiche ottimali, soprattutto in estate.”.

Questa è stata la conclusione del naturalista Dario Gasparo che ha illustrato la situazione ai convenuti e che ha iniziato a occuparsi della questione (anche nei suoi complicati risvolti legislativi) fin dall’indomani dell’evento, stigmatizzando in più occasioni come le scelte dell’amministrazione regionale – in realtà  - “oltre a realizzare un danno ecologico innegabile e importante rendono anche meno sicuro il corso d’acqua, che allo stato attuale si presta ad essere spazzato da una eventuale piena senza nessun trattenimento delle acque e dei fanghi".

Il risultato è che, al momento, non vi sono più i numerosi e imponenti pioppi secolari di 3 metri di circonferenza che costituivano fonte di alimentazione per gli insetti xilofagi (protetti dalla comunità europea) e per le diverse specie di picchi. Rappresentavano un luogo di protezione e riproduzione per i pipistrelli (tutti protetti dalle norme nazionali e internazionali), per i paridi (come cinciarella, cincia bigia e cinciallegra) e per importanti rapaci notturni quali l’assiolo e l’allocco.

Nel fare il punto della situazione, il sopralluogo ha reso evidente anche come Robinia e Ailanto stiano colonizzando le rive del torrente generando un intrico caotico di rami e polloni – in luogo della macchia ad alto fusto – che in caso di piena imperdirebbe all'acqua di fluire liberamente.

Nel maggio del 2013,  l'eurodeputato Andrea Zanoni consegnò quasi diecimila firme al Parlamento europeo per chiedere un intervento contro il disboscamento sull'alveo del torrente. Ma nessuna risposta concreta, fino a questo momento, è stato ottenuta.

Ora, secondo l'Associazione Politica per la Costituente della Sinistra "Trieste per Tsipras”, è giunto il momento di agire visto che il giudice del Tribunale ha ritenuto di non chiedere ulteriori indagini sul danno ambientale ma di indagare esclusivamente l’aspetto idrodinamico, per  verificare se effettivamente vi sia stata urgenza alla base della decisione d'intervenire, in presenza di un acclarato rischio d'inondazione o di piena.

Pertanto si rivolge un appello al Comune di San Dorligo della Valle/Dolina a farsi garante del recupero in Glinščica/Val Rosandra e ad aprire il confronto sul tema.

L’auspicio è che si attui quanto proposto un anno fa, vale a dire di riunire in assemblea i soggetti coinvolti per sgombrare il campo dalle polemiche e allestire l'atteso Piano di recupero. C’è chi dice che ci vorranno trenta o quarant’anni perché la situazione torni come prima. C'è chi dice che ciò non accadrà mai più.

(In apertura i lavori di disboscamento: fonte www.protezionecivile.fvg.it)

[Roberto Calogiuri]

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