Rampini con “All you need is love”: l’economia spiegata con i Beatles al Verdi di Pordenone
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- Categoria: Teatro
- Pubblicato Mercoledì, 22 Ottobre 2014 08:44
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Pordenone - Federico Rampini, il noto giornalista e scrittore corrispondente da New York ed editorialista di Repubblica, con “All you need is love. L’economia spiegata con i Beatles”, sabato 25 Ottobre al Teatro Verdi di Pordenone, dà il via a Storytellers il nuovo progetto che vede al centro “narratori” speciali, ognuno con un diverso modo di stare sul palco ma tutti accomunati da un profondo desiderio di raccontare per condividere:
Erano quattro ragazzi cresciuti nella Liverpool povera degli anni Cinquanta. Non solo hanno rivoluzionato la pop music, ma in alcuni brani hanno “intuito” drammi e sfide dell’economia contemporanea. Dopo il successo di “Occidente estremo”, Federico Rampini torna a teatro – accompagnato sul palco questa volta da Roberta Giallo e Valentino Corvino - con un nuovo spettacolo: musiche e provocazioni, autobiografia e denuncia, utopia e cambiamento. Come rileggere la crisi economica e Immaginare un futuro migliore attraverso le canzoni indimenticabili di John, Paul, George e Ringo.
“Il mio modello di business? Sono i Beatles”. Così parlò Steve Jobs, il fondatore di Apple, uno che di business capiva qualcosa. Lui si riferiva soprattutto alla formula del collettivo che lo ispirava: vedeva i Beatles come un prodigioso moltiplicatore dei talenti individuali. Il quartetto più indimenticabile della cultura pop fu anche una start-up di successo. Proiettò quattro ragazzi cresciuti nella Liverpool del primo dopoguerra, in una penuria da Terzo mondo, verso la stratosfera della ricchezza. Le loro canzoni, composte in un periodo di cambiamenti travolgenti come gli anni Sessanta, sono ricche di spunti per parlare di economia in modo semplice, divertente, provocatorio.
“Taxman” prefigura le rivolte fiscali. “Get Back” nasce come una satira dei primi movimenti xenofobi e anti-immigrati. “When I’m 64” anticipa la crisi del welfare state da shock demografico. “Eleanor Rigby” e “Lady Madonna” evocano la nuova povertà che è in mezzo a noi. “Across the universe”, con il suo richiamo al viaggio in India dei Beatles, ricorda quell’ “orientalismo” che precedette la globalizzazione. “Yesterday” con il tema della nostalgia ci costringe ad affrontare domande difficili: davvero si stava meglio “ieri”? Chi stava meglio? Quando, esattamente?
I Beatles non furono degli ideologhi, le loro composizioni nascevano dall’intuizione, dall’emozione… e dall’aiuto chimico dell’Lsd. Ma la beatlemania si colloca nell’ultima Età dell’Oro per l’Occidente.
Usare una musica così universale, è un modo per accompagnarci con dolcezza lungo una riflessione obbligata. Al termine di questa crisi, emergerà un nuovo “pensiero forte”, che cambi le regole dell’economia come seppe farlo Keynes dopo la Grande Depressione degli anni Trenta? Quali terapie innovative spuntano all’orizzonte? “Revolution”, una delle canzoni più politiche dei Beatles, ci riporta a un’epoca dove la gioventù abbracciava l’utopia egualitaria del marxismo, dal Maggio ’68 parigino alla Rivoluzione culturale maoista in Cina. Vent’anni dopo, la caduta del Muro di Berlino consegnò il mondo intero all’egemonia del pensiero unico neoliberista: da Shanghai alla Silicon Valley. Oggi tornano al centro dell’analisi economica le diseguaglianze sociali, con analisi di lungo periodo come quelle del francese Thomas Piketty che scatenano un enorme interesse negli Stati Uniti, la patria del capitalismo 2.0.
Non è certo voglia di tornare… “Back in the U.S.S.R.”, e ritrovarsi daccapo nell’Unione sovietica, come scherzavano John Lennon e Paul McCartney. Ma la fantasia e la creatività che affascinarono Steve Jobs, oggi sono indispensabili anche per rigenerare l’analisi economica. Facendolo su una colonna sonora dei Beatles, certamente si seppellisce ogni pregiudizio contro la “scienza triste”.
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