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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Maurizio Zacchigna con Buone Vacanze al Teatro dei Fabbri

Una prova d'attore d’indiscutibile bravura quella di Maurizio Zacchigna in Buone Vacanze. Trilogia con muro, borsa e bambino, in scena al Teatro dei Fabbri fino a domenica 29 aprile.  Maurizio Zacchigna unico attore protagonista nel suo monologo ha saputo alternare i personaggi nella storia e la storia nei personaggi con una drammaturgia dinamica, vivace e di grande sensibilità. Tre storie in una o una storia in tre, come ognuno vuole vederle. Un monologo che toglie il fiato, che innalza e abbassa lo spettatore nel ritmo scenico, con un denominare comune, un bambino in ogni storia. Un muro, espressione sempre diversa di opportunità non di limite. Ed una borsa che accoglie o racchiude. Osiamo definirlo teatro di narrazione e di poesia dell’umano. Gli abbiamo chiesto...
In questo spettacolo, quanto di tuo c'è? Di mio c’è l’input per le tre storie poi scritte liberamente dall’autore Carlo Tolazzi, un grande lasciamelo dire.

Ci racconti una storia…Io racconto una storia, seguo il filo del cuore che non si spezza mai. Ma forse questo cuore è il mio, quello dell’attore Maurizio e poi il pubblico ne può vivere quante ne vuole di storie. Faccia le sue congetture, viva libero le associazioni emotive che lo attraversano. In fondo è anche questo il teatro la possibilità d’immedesimarsi, è una libertà che va garantita al pubblico.

Questa volta mi è piaciuto il muro. Il muro che diventa opportunità più che ostacolo, per superare le difficoltà non per sbatterci contro, simbolo di tanti muri nel mondo. Il muro anch’esso, offre le sue possibilità. Ti ci schianti contro? Lo scavalchi? Lo aggiri? O lo usi come tavolozza per dipingere una liberazione. Si può tutto.

Il tuo rapporto con il mondo dei bambini? Avere a che fare con un bambino è o dovrebbe essere per un adulto un’esperienza assolutamente unica. Che sia nostro figlio, un nipote, uno scolaro, uno sconosciuto che intercettiamo in una frazione della nostra vita, un bambino è sempre la cartina al tornasole della nostra capacità di amare, ovvero della struttura affettiva raggiunta da un adulto.
 

Mamma e madre, sostantivi che trattengono un unico contenuto con differenti sfumature.
Le immagini che regali al pubblico sono quelle di una donna  che ha saputo trasformare il niente in tanto. Ti è cara questa donna, madre e mamma.
Mia madre è stata importantissima nella mia vita. Non sarei ciò che sono senza quella donna. Ma, lo spettacolo non è autobiografico. L’autore, Carlo Tolazzi, però è stato guidato da una mano misteriosa quando ha scritto la madre del testo. Sembra proprio la mia.

C'è Carlo ed Alfio. Quanto Carlo è Alfio e quanto è Alfio è Carlo. Carlo e Alfio sono due soli che s’incontrano. Uno è un adulto, l’altro è un bambino. L’adulto non sa trasformare in azione concreta, positiva, utile, il suo innamoramento paterno per questo bambino che non è figlio suo. In questo pezzo c’è il tema della paternità, del ruolo del genitore maschio verso i figli. E’ un mio tema esistenziale. Io nella vita, fortunatamente, ne esco in altro modo. Almeno ci provo.

Le musiche fanno di Modugno, Lauzi, Battisti… fanno da cornice al gioco di matrioske che interpreti nel tuo monologo. Ancora poesia nel racconto… Le musiche scelte dalla meravigliosa regista Marcela Serli, che ho avuto la fortuna d’incontrare e che mi ha cambiato, infatti, dopo questo lavoro non sarò più l’attore di prima. Sembra banale dirlo, ma non è così. Non sono mutamenti che capitano ad ogni salita in palcoscenico. Con lei è accaduto. La ringrazio profondamente.

Condividiamo con voi qualche nota dellaregista Marcela Serli: “Ho affrontato questo monologo con la leggerezza e la visionarietà che cerco negli ultimi tempi. Con quel bisogno che sento di alleggerire il teatro, il racconto, quel bisogno di consegnare al pubblico non la pappa pronta televisiva, dove tutto è comprensibile, talmente chiaro da annoiare, da far morire la mente. Quel bisogno di avvicinare quel pubblico che sa leggere tra le righe, che ama il mistero e non ha paura di rendersi autore di quello che vede, questo spettacolo, per esempio, o della propria vita, forse questo sarebbe troppo. Il bisogno di dare volo onirico a una storia che ha necessità di essere raccontata.
Ho analizzato questa necessità. Che urgenza ha questo testo?”

Un invito a guardare questo spettacolo perché forse dopo avrete anche voi la vostra storia da raccontare. O no?

Serenella Dorigo

 

 

 













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