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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

A Trieste “La bella addormentata” con i ballerini di Kiev, un omaggio alla tradizione

A Trieste “La bella addormentata” con i ballerini di Kiev, un omaggio alla tradizione

Trieste - “La fede fa ostinazione” – diceva Francesco Guicciardini nei suoi Ricordi per spiegare i successi di coloro che hanno dato vita ai loro sogni in condizioni non favorevoli facendosi forti delle loro convinzioni: è una riflessione ancora convincente che spiega il sostanziale successo di un tipo di spettacolo che, sulla carta, trova ben poca rispondenza con lo spirito e il gusto dei nostri tempi, come il balletto “La Bella Addormentata” nella tradizionalissima versione di Marius Petipa ("sovietizzata" dagli inserti coreografici di Fedor Kopukhov e Yury Grigorovic) che ha debuttato alla “prima” regionale venerdì 14 dicembre al “Verdi” di Trieste.

Una “prima” difficile per il diligente ma pertinace corpo di ballo dell’Opera di Kiev diretto da Denis Matvienko, che pure annovera la “Bella Addormentata” come uno dei cavalli di battaglia del suo repertorio: non poche poltrone lasciate vuote da abbonati forse poco convinti da una scelta di cartellone poco intraprendente hanno sicuramente intorpidito l’attenzione e gli entusiasmi di un pubblico che ha assistito al primo atto concedendosi in applausi parchi e freddi ai limiti dell’educazione per poi riscaldarsi solo nel prosieguo dello spettacolo.

Successo faticoso ma senz’altro meritato, conquistato passo dopo passo con l’ostinata dedizione con cui il corpo di ballo ha portato fino in fondo il suo omaggio alla tradizione filologica della danza classica, in un crescendo reale di contributi tecnici individuali e di una realizzazione di quadri d’insieme sempre più accurata nella fasi più impegnative della coreografia, soprattutto nella seconda parte dello spettacolo.

Sicuramente la vicenda di Aurora, principessa insidiata fin dalla nascita da un’oscura profezia di morte apparente - al cui compimento si abbandonerà nonostante le sollecitudini dei genitori e dalla quale potrà emanciparsi solo grazie all’amore del più appassionato dei suoi pretendenti - non ha più l’efficacia paradigmatica che poteva esercitare nel 1888, quando il principe Vševololožkij, colto sovraintendente dei Teatri Imperiali di San Pietroburgo, commissionò la scrittura del libretto sulle musiche che Pyotr Ilyich Tchaikovsky aveva già composto come trascrizione melodica della favola di Perrault per fare divertire i nipotini, primi interpreti della partitura nella casa di campagna della sorella Alexandra.

Ad un pubblico ormai iper sollecitato da un’offerta di danza che, attraverso teatri e soprattutto i media, continua a far conoscere le infinite risorse del movimento per trascrivere vicende e sentimenti, la gestualità accademica dei port de bras e degli arabesques, di minuetti e gavotte in quello che Rudolf Nureyev amava definire “il balletto dei balletti” può anche deludere le aspettative di veder trascritte in schemi corporei audaci - o per lo meno non scontati - le suggestioni sognanti e gli slanci magniloquenti della musica di Tchaikovsky, ancora seducente nella direzione di Mykola Diadura.

In effetti, nella versione russo-sovietica andata ieri in scena la scenografia e i costumi di Maria Levitzkaia e le interpretazioni rigorose ed elegantemente contenute dei cinquantacinque ballerini ucraini (non tutti dotati di una fisicità d’eccellenza, latitante soprattutto nella realizzazione delle parti d’ensemble femminili) non riescono sempre a trasferire in immagini il contenuto simbolico della vicenda della Bella Addormentata, vera icona della metamorfosi della femminilità e della natura che si declina nelle fasi della nascita, della quiete e della fecondità.

Costumi e quadri scenografici infatti traducono talora in un cromatismo troppo robusto (e assai poco “metamorfico”) lo sfarzo perennemente allusivo alla corte di Luigi XIV, il re che si fece primo mecenate della danza, la cui celebrazione “filologica” nella rievocazione delle sue origini nella Francia del ‘600 costituisce uno degli assi semantici dell’intero balletto – forse quello più difficilmente apprezzabile oggi da un pubblico di non intenditori.


Apprezzabilissima sul piano tecnico, ma non per questo sempre coinvolgente è l’interpretazione dei solisti ucraini che sulla scena danno lezioni anche severe di disciplina coreutica (in testa la bravissima Katerina Haniukova, Aurora nelle rappresentazioni dei giorni 14, 15 serale e 18 dicembre) ma che non sono sempre dotati di un’espressività corporea avvolgente – come ben mostra l’ algida interpretazione nel ruolo della fata dei Lillà della pur bellissima Katerina Kozacenko, danzatrice dalle leve lunghe e piacevolmente eleganti ma che nel suo etereo distacco rende a fatica il temperamento fiabesco della fata che con la sua bontà si propone come protettrice dell’incauta principessina e fautrice del sogno d’amore con il giovane Désiré.

Decisamente molto trattenuta sul piano delle emozioni è l’interpretazione dello statuario Andrej Gura, un longilineo Désiré dal corpo benedetto da linee interessantissime che mette in evidenza soprattutto negli schemi meno dinamici, ma troppo attento agli aspetti tecnici della sua interpretazione, privo della giovanile baldanza che richiede il suo ruolo di innamorato e protagonista di variations in cui evita di distinguersi per apporti originali, tanto nei salti che nelle pirouettes. 

Sempre brave invece le fate, tra le quali si distinguono le briose interpretazioni delle fate Canarino (Oksana Sira) e delle Briciole di Pane (Tetjana Sokolova) che con la loro bravura sono riuscire anche a strappare qualche applauso più caloroso al diffidente pubblico triestino, letteralmente gelido nella rappresentazione primo atto. Gradito l’omaggio alla tradizione pantomimica della danza en travesti nella rivisitazione caricaturale della maga Carabosse, sdrammatizzata dal simpatico e bravo Roman Zavgorodny.

Ma è nel cuore dei festeggiamenti per le nozze di Aurora e Désiré che finalmente si scioglie l’attesa per l’incontro con l’eccellenza della scuola russa, con lo sfavillante pas de deux della principessa Florine e dell’uccellino azzurro, interpretati con classe superba e fisicità vibrante da Katerina Kuhar (Aurora nelle recite dei giorni 15 pomeridiana, 16 e 19 dicembre) e Ivan Bojko, esecutore ancora non virtuoso di salti bellissimi nella loro elevazione e straordinariamente morbidi e felpati nei loro appoggi.

Le rappresentazioni della “Bella Addormentata” proseguiranno fino a mercoledì 19 dicembre.

“La Bella addormentata” – Balletto in tre atti con prologo e apoteosi di I. Vsevoložkij e M. Petipa da un racconto di Charles Perrault, musica di Pëtr Il'ič Čajkovskij.

Balletto dell’opra di Kiev. Coreografia di Marius Petipa con frammenti coreografici di Fëdor Lopukhov e Y. Grigorovich. Direttore d’Orchestra: Mykola Diadura. Direttore del Balletto dell’opera di Kiev: Mykola Diadura.

Monica Visintin


 

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