A Trieste e Pordenone un “Barbiere di Siviglia” in bicicletta. Twist e rosa shocking per un Rossini intramontabile.
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- Categoria: Musica
- Pubblicato Domenica, 25 Novembre 2012 18:56
- Scritto da Roberto Calogiuri
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Trieste - Figaro ha un ciuffo verde ed entra in scena assieme a una bicicletta con parrucche, a cinque posti e sei ruote. Bartolo è vestito nei toni del rosa, parrucca inclusa. Una strofa di “Ecco ridente in cielo” è a tempo di rock e il finale è condito con qualche passo di twist. E poi: palcoscenico percorso da mimi e acrobati, animato da controscene incessanti e controfigure. Luci e colori a profusione. Così è stata celebrata la prima del “Barbiere di Siviglia” di Gioachino Rossini al Verdi di Trieste la sera del 24 novembre, coprodotta con il teatro dell’Opera di Roma.
Spettacolo esagerato, esorbitante e sbalorditivo. Come i due figuranti che suonano il violoncello con un “archetto” lungo due metri. Ma ordinato, spigliato e geniale nell’interpretazione registica di Ruggero Cappuccio che ha saputo tradurre in termini visivi quell’eruzione vulcanica smisurata, infallibile e originale per genialità e delirio comico che fa del “Barbiere” una delle opere liriche più famose e rappresentate del mondo.
Un’opera scritta in tredici giorni da un Rossini ventiquattrenne, in cui si riconoscono l’energia e la personalità travolgente e anticonvenzionale di un giovane genio della melodia e del ritmo teatrale, e adorata - forse per questo - anche dallo scontroso filosofo Schopenhauer, apprezzata dal genio severo di Beethoven e preferita da Hegel, il teorico dell’idealismo, alle “Nozze” di Mozart.
Probabilmente fu così che ai primi del 1800 il pubblico deve averla accolta e amata (nonostante il fiasco iniziale, si dice, organizzato da Paisiello), ed è così che dovrebbe essere esaltato un capolavoro di questa levatura. Applausi calorosi e risate di gusto a scena aperta, con interminabile ovazione finale, sono stati il migliore apprezzamento che una compagnia di canto possa desiderare. Infatti, ogni comparto ha funzionato alla perfezione: fin dalle prime battute dell’ouverture, il direttore Corrado Rovaris ha impresso alla partitura un fraseggio snello e una spinta fresca e asciutta, che l’orchestra ha saputo reggere e mantenere con precisione fino alla fine.
Eccezionale il cast della prima compagnia, quasi tutto di casa al Rossini Opera Festival: affiatato, omogeneo e pressoché perfetto nell’emissione e impostazione vocale. Intelligente nella presenza scenica. Accattivante per simpatia e corretto nella dizione: il tenore Antonino Siracusa (Almaviva), il basso Paolo Bordogna (Bartolo), la mezzosoprano Daniela Barcellona (Rosina), il baritono Roberto De Candia (Figaro), il basso Marco Vinco (Basilio), il baritono Christian Starinieri (Fiorello), la soprano Rita Cammarano (Berta), il baritono Ivo Federico (l’ufficiale). Inspiegabile l’assenza in cartellone di Ambrogio e soprattutto dell’attore e mimo che funge da controfigura di Figaro e ne commenta l’azione con irresistibile e consumato talento teatrale. Una menzione particolare per Bordogna che ha sottolineato, con stile impeccabile, le diverse sfumature del suo personaggio, l’unico ad essere anche dolorosamente malinconico. Corretto il coro preparato dal M.o Paolo Vero.
Il successo è stato imprescindibile dalle scene di Carlo Savi, dai costumi di Carlo Poggioli e dai truccatori (esaltati con competenza dalle luci di Roberto Zanellato ) , anch’essi improntati – come dice Cappuccio – a “un corto circuito tra epoche” così come Rossini è “molto più moderno di mille rockettari di oggi”. Anche il gioco architettonico e sartoriale ha rispecchiato quest’ordinato disordine di stili, forme e colori che fanno il verso al passato e al presente collocando l’azione in una dimensione fiabesca e senza tempo. Così come il regista fa muovere i personaggi ora come pupi siciliani ora come le maschere della commedia dell’arte, ora come Totò o Jonny Depp dei “Pirati dei Caraibi”, in una mescolanza indistinta ma coerente per significare che il teatro e il mondo sono una cosa sola.
Ed è proprio per questo che, alla fine di un simile spettacolo, soddisfatti tutti i sensi che l’opera lirica sia capace di stimolare, non si può fare a meno di rimpiangere i tagli dei fondi destinati alla cultura. Uno spettacolo simile dovrebbe far riflettere sulla distribuzione delle risorse.
Repliche il 25 novembre alle ore 16. Il 27 novembre alle ore 20.30. L’1 dicembre alle ore 17. Il 4 e 6 dicembre alle ore 20.30, sempre al Teatro Verdi di Trieste. Mentre martedì 11 dicembre alle ore 20.15 l’opera sarà rappresentata al Teatro Comunale “Giuseppe Verdi” di Pordenone (Prima compagnia).
Nella foto i due cantanti Antonino Siragusa e Paolo Bordogna.