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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Scelto per voi: "Zone di Cinema" al Trieste Film Festival

Scelto per voi: Zone di Cinema al Trieste Film Festival

Trieste – Come ogni anno, anche quest’anno “Zone di Cinema” si conferma un’occasione di visibilità e confronto per i registi che vivono e operano nella nostra regione, la cui professionalità è un dato evidente, come scrive Nicoletta Romeo, responsabile della programmazione del Trieste Film Festival, e noi abbiamo privilegiato per voi la visione di questa sezione per la giornata di domenica 20 gennaio svoltasi al Teatro Miela.

In un mondo sempre più globale è impensabile non spostare l’attenzione a zone altre rispetto a noi, per questo numerosi autori hanno spostato la loro attenzione fuori dalla nostra regione, per raccontare storie ambientate in zone altre come Marco Leopardi con “Mohamed e il pescatore” - in anteprima internazionale - una storia d’immigrazione dove nonostante tutto vince la speranza. O Marta Zaccaron con il suo intimo – anch’esso in anteprima internazionale - “Dona Zefa da Guia e il dono divino”, ambientato in un Brasile rurale  dove emerge uno spaccato di vita ben lontano dall’immagine moderna di cui spesso si sente parlare. Anche Gianni Sirch e Ferruccio Goia centrano il loro raffinato “My private zoo”- già partecipe all’ultimo Festival dei Popoli di Firenze - in Sud Africa, per dar voce alla memoria dell’apartheid. Scelgono quella zona dell’Africa, dove l’apartheid è ancora una ferita aperta che trascina nel presente molti aspetti irrisolti. Infine il documentario di Nicole Leghissa che con il suo “Unwired – Il mondo in casa” narra le vicende di alcuni ingegneri dell’Ictp di Trieste, che cercano di portare la comunicazione nei Paesi del Terzo mondo, costruendo reti wireless sostenibili, per far riflettere sul tema universale quali l’acceso alla comunicazione e alla conoscenza.

A riportare l’attenzione nella nostra regione è il bellissimo “La rosa di Valentino” di Pier Paolo Giarolo, in anteprima nazionale. Una human interest story – nuovo genere cinematografico molto usato in Europa agli esordi in Italia - di tutto rispetto, che intreccia con sensibilità e delicatezza una storia d’amore con la storia delle rose a tutto tondo. Ecco che le spine, i boccioli, i fiori e le bacche diventano i protagonisti nell’alternarsi delle stagioni, con l’intento del regista di raccontare i quattro tipi d’amore. Come ci ricorda Giarolo “Il primo è l’amore mistico e sacro delle spine in inverno, il secondo è quello giovanile e travolgente dei boccioli in primavera, il terzo quello passionale e breve della fioritura estiva, il quarto quello razionale e saggio delle bacche d’autunno”, innervandosi invece in nella storia tutta vera e reale di Eleonora e Valentino, che lascia lo spettatore attonito e commosso durante tutta la proiezione. Questo tipo d’amore è quello quotidiano, fra due coniugi, sposi da cinquant’anni, che celebrano l’ amore nella cura del loro roseto, il più grande d’Europa, aperto anche  al pubblico nei mesi estivi, una gratuità d’amore al mondo. Se un film ha anche l’ambizione di far sognare lo spettatore con delicatezza e sensibilità raccontando una storia vera e non simulando, allora Giaroli ha fatto centro

Virtù”, di Paola Pisani, ambientato nello spazio cittadino, – Elica Production – nato per completare, come supporto audiovisivo, il progetto “Ultima”, ideato nel quadro della Giornata Mondiale contro al Violenza delle onne,  pone l’attenzione sulla violenza perpetrata sulle donne confrontandolo alla fatiscenza di alcuni edifici cittadini in stati di abbandono. Una raffinata proiezione di 24’ nei toni del bianco e del nero, dalla voce urlante d’immagini prive di voce, ma che nel loro silenzio, arrivano a scuotere lo spettatore in una sorta di risveglio di coscienza.

Andando a Monfalcone al liceo “Michelangelo Buonarotti”, troviamo l’ambientazione di “La treccia di Monfalcone” di Ivan Gergolet e degli stessi studenti - fuori concorso in anteprima nazionale. Cinque giovani, l’indiana Shivani, il canadese Nikolaus, il bengalese Alì, la senegalese Khadidja e l’albanese Antoneta,  raccontano in prima persona, in un mosaico di culture di provenienza la loro storia dell’essere stranieri nel nostro territorio, a comporre un quadro filmico che fa da ossigeno ai loro sogni. A riportarci a Trieste, “Il viaggio di Arnold – Il magazzino dei venti”, di Stroppini e De Bebedictis.  Oltre ad essere un progetto cross mediale “Il viaggio di Arnold” che unisce radiofonia, giornalismo, teatro e nuovi media, è un luogo d’incontri fra personaggi, luoghi, storie, odori e suoni. E così ha regalato ai presenti la visione della terza puntata del progetto, interprete il direttore Rino Lombardi e il suo “Magazzino dei venti”.

Ad alzare il tiro, nuovamente oltre confine, il documentario a firma Sabrina Benussi “Vedo Rosso. Anni’70 tra storia e memoria degli italiani d’Istria” - anch’esso in anteprima nazionale - nato dal desiderio di raccontare “una pagina di una storia di confine complessa e misconosciuta nonostante la sua collocazione geografica vicina…”.

A conclusione della ricca sezione domenicale di “Zone di Cinema” il doppio Evento speciale con la proiezione di “Archeo” di Cvitkovic, una storia che racconta la nascita di una famiglia, e ci troviamo concordi con il regista nel dire”Archeo p un film puro. Un film sul passato, presente e futuro. Un film sul desiderio di sicurezza, calore e amore”. A coronare la chiusura “Making Archeo Films” di Gergolt, il film del film per raccontare l’esperienza di come è stato realizzato Archeo fra le lande carsiche colorate dal sommaco, fra adetti ai lavori del film stesso.

Foto tratte dalle immagini del film “Making Archeo”.

 

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Redazione di Trieste: Serenella Dorigo
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