Il caso letterario “Vivere senza slot” del collettivo di Pavia
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- Categoria: Libri
- Pubblicato Martedì, 31 Dicembre 2013 10:44
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Trieste - Nasce a Pavia il libro “Vivere senza slot. Storie sul gioco d’azzardo, tra ossessione e resistenza”, la città che vanta il triste primato di essere la capitale italiana del gioco d'azzardo , una slot ogni 109 abitanti. Scritto dal collettivo Senza Slot di Pavia e pubblicato da Nuovadimensione.
Quattro trentenni, un po' per esperimento, un po' per attivismo, fondano il Collettivo Senza Slot e si occupano della questione usando gli strumenti e i linguaggi dei social network e delle lotte giovanili. Due di loro sono informatici e creano un sito, www.senzaslot.it, che mappa "dal basso" i bar senza macchinette mangiasoldi. In pochi mesi arrivano quasi a 2000 segnalazioni da tutta Italia e il Collettivo comincia a chiedersi quali siano gli interessi che muovono la grande macchina "mangiauomini".
“Senza Slot” diventa un fenomeno mediatico: compare sui giornali, radio, televisioni; dà vita, il 18 maggio 2013 a Pavia, a una manifestazione nazionale di protesta; contribuisce a fare rete tra chi è impegnato nella lotta contro il gioco d'azzardo, tra i tanti: Libera, la comunità di S. Benedetto al Porto di Genova, il Nuovo Cinema Palazzo a Roma. A questo punto la lobby del gioco d'azzardo legalizzato prende le contromisure: presenta un esposto che accusa il Collettivo di essere dei terroristi.
La risposta del Collettivo è questo libro, uno spazio di riflessione e di controinformazione che dà la parola a voci diverse: il giocatore d'azzardo che lotta per smettere e l'installatore che vorrebbe affrancarsi dalle concessionarie; psicologi come Mauro Croce e Claudio Dalpiaz, esperti di gioco e videogioco come Beniamino Sidoti e Paolo Pedercini di Molleindustria, e attivisti antimafia.
Il risultato è un esperimento di scrittura collettiva che combina registri e forme diverse - il racconto, l'intervista, lo scambio di email e chat, il saggio - e finisce per usare il gioco d'azzardo come pretesto per gettare uno "sguardo obliquo" sulla nostra società. E, magari, provare a cambiarla.
Questo libro attiva uno sguardo sagittale sul problema del gioco d’azzardo. Non lo inquadra da un solo punto di vista, quello dell’attivista, dello psicoterapeuta, del giurista, ma restituisce uno sguardo d’insieme, uno spettro piuttosto ampio di tutte queste specificità.