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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Supplet Ecclesia e altri racconti

Sinuhe Marotta nasce a Gorizia nel 1958. Sacerdote dal 1986, dopo diverse esperienze di studio in Italia e all’estero, ora è direttore dell’Ufficio catechistico diocesano, insegna allo Studio teologico interdiocesano ed è parroco della parrocchia dei Santi Ilario e Taziano di Gorizia.

Abbiamo avuto il piacere di conversare con don Sinuhe sulla composizione della sua prima opera letteraria: Supplet Ecclesia e altri racconti. Un testo che non può lasciare indifferenti chi lo legge. Sette capitoli, per sette racconti dal sapore agro-amaro, che provocatoriamente snodano situazioni paradossali, ma non per questo improbabili. Ci si ritrova con il suo libro a riflettere se siamo più  lettori di una smarrita consapevolezza o lettori smarriti inconsapevoli della situazione oniricamente prevista.

Libro di riflessione e di provocazione. Leggiamo le sue parole.

Con questo libro ha voluto denunciare una situazione già in corso (a mio parere). Ora come ora l’allarma di più la mancanza di consapevolezza dell’uomo di oggi o la voluta mancata consapevolezza? In una parola l’idea di questo libro nasce?

Non nasce da un’idea né da un progetto. Sono racconti nati per conto loro, in seguito a incontri durante il mio ministero, episodi, riflessioni o articoli letti qua e là. Non vi ho investito notti o studi particolari. Li considero come un “divertissement”, tanto per intenderci.

Quello che per certi versi mi allarma è l’apparente oblio di cui a volte abbiamo l’impressione di essere spettatori. Oblio della propria cultura da parte della società postmoderna, delle proprie radici religiose da parte di molti adulti, addirittura della propria appartenenza ecclesiale da parte di molti battezzati e anche da parte di alcuni noi preti.

Hic et Nunc potrebbe essere il motore sotterraneo per dare una svolta alla situazione prevista in Supplet Ecclesia. Può essere così?

I racconti non vogliono prevedere il futuro: quello sta nelle mani di Dio, prima ancora che in quelle dell’uomo. È vero che vorrebbero essere una parola sul presente, non sul futuro, anche se il genere letterario è evidentemente al futuro. Come è vero che forse in molte cose è proprio hic et nunc che potremmo risvegliarci dall’oblio delle nostre radici spirituali.

A quale, dei racconti scritti è più affezionato?

A dire il vero mi commuovono quasi tutti, ancora oggi, quando li rileggo. La “Via Crucis al Lussari” forse è il più vicino alla mia sensibilità (o ai timori…) di sacerdote. In realtà credo di essere affezionato più ai personaggi: alcune protagoniste appartenenti al mondo femminile fanno una bella figura. E anche i ragazzi più giovani ci fanno una bella figura, credo, contrariamente a tanti episodi di cronaca.

Fare e sapersi fermare, raccontare e ascoltare, abbandonare per rinascere, restare vigili ma essere mansueti, questi sono una serie di moniti che colgo dai suoi racconti. Mie congetture o qualcosa di vero c’è?

Ho scoperto che chi legge vede molte cose che neppure l’autore è stato capace di vedere: probabilmente è vero che quando qualche pensiero è affidato alla scrittura alla fine non ci appartiene più. Certo mi piacerebbe che le nostre Chiese diventino sempre più dei luoghi dove ci si può fermare, dove si può narrare la bellezza delle vita e dove si può ascoltare una Parola che venga anche dall’alto, oltre che dall’altro. E che, nella delicatezza, gli uomini di Chiesa sappiano risvegliare il desiderio della Luce in chi incontrano, specie negli adulti o nei più giovani.

Non voglio togliere o aggiungere troppo alla lettura di questo libro, ma lei consegna al lettore un testimone…

Non pretendo tanto… Se faranno riflettere qualcuno, ne sarò felice.

Serenella Dorigo

 

 

 

 











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Capo redattore: Tiziana Melloni
Redazione di Trieste: Serenella Dorigo
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