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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Mostre: La grande Trieste... difficile da capire

Mostre: La grande Trieste... difficile da capire

TRIESTE – Il 1891, in Italia, fu l’anno dell'attenzione al sociale, dell’enciclica “Rerum Novarum” e dell’istituzione del 1° maggio come festa dei lavoratori. A Trieste fu l’anno dell’abolizione del porto franco e del lancio della città nell’orbita internazionale degli Asburgo.

Fu così che si avviò un periodo di prosperità economica, culturale e demografica che in Europa si era iniziato circa vent'anni prima, che fu etichettato come Belle Époque e che si sarebbe concluso tragicamente per tutti nel 1914 con l’inizio della Grande Guerra.

Questi sono gli estremi che racchiudono la parentesi felice considerata nella mostra 1891-1914 La grande Trieste, allestita nell’ampio spazio dell’ex Pescheria Centrale - ora Salone degli Incanti - e aperta fino al 3 maggio.

L’esposizione si snoda – attorno a una serie di teche centrali - su un percorso strutturato di 10 padiglioni che hanno l’ambizione di indagare e illustrare quali furono i fattori che hanno reso il capoluogo giuliano una città animata da tensioni sociali, fermento economico e fervore culturale.

Ambizione che, tuttavia, rimane tale. Lo scopo, semmai, è raggiunto solo parzialmente perché, come affermano gli stessi curatori con disarmante candore, una mostra non può far capire una città e “nel caso di Trieste, questo è ancor meno possibile”.

Se non bastasse questo per interrogarsi sul perché di questa operazione (non meno che sui relativi costi), vi si può addizionare la perplessità dei visitatori stranieri.

Per costoro, infatti, il proposito di comprendere il senso della mostra si fa ancor più arduo, impegnati come sono a chiedersi perché non vi sia una traduzione in lingua inglese né dell’opuscolo distribuito all’entrata, né delle didascalie che illustrano gli oggetti esposti e tanto meno delle citazione letterarie, tra le altre, di Saba, Cergoly, Slataper o Joyce. Alcuni, pur disorientati, si provano a tradurre le didascalie nel tentativo - più o meno riuscito - di spiegarsi e spiegare quanto si offre al loro sguardo.

In effetti la mancanza di orientamento è l’impressione prodotta da una mostra, pur linda e ordinata, che raccoglie - con notevole sforzo - il materiale dei Musei Civici, delle Biblioteche cittadine, della Comunità slovena, dell’archivio storico delle Assicurazioni Generali, di esempi del patrimonio pittorico, fotografico e archeologico.

Muovendosi tra i padiglioni, si fatica a trovare il filo rosso che colleghi l’esemplare imbalsamato dell’alligatore del Mississippi al Distributore automatico di polizze infortuni (diavoleria peraltro dovuto al genio milanese). Difficile invocare la solita giustificazione del crogiuolo di razze e popoli, di crocevia di ingegni e intelligenze. E qualora tale filo rosso ci fosse, risulta difficile capire – come annunciato dai curatori – come questo possa produrre nel visitatore una qualche idea di grandezza che è l’oggetto della mostra.

Indubbia, tuttavia, rimane la qualità e la quantità del materiale fotografico e iconografico esposto, che soddisfa -se non i dubbi dei turisti forestieri  - perlomeno  la curiosità locale di vedere com’era la città alle soglie della prima guerra mondiale, di immaginare un tempio romano in pieno centro città, i concerti nei numerosi teatri, la vita quotidiana delle persone comuni e quella degli uomini di cultura.

Tra le attrazioni della mostra non si può tacere dei due dipinti di Vito Timmel – il pittore mezzo tedesco e mezzo friulano e nobile per parte di entrambe i genitori – tele che gli furono commissionate dall’Associazione delle Compagnie triestine di libera navigazione quando aveva ventisette anni, e che rappresentano una tappa importante della sua evoluzione artistica. La definizione dei curatori come ”sostanzialmente inediti” non permette di valutare la vera entità della presentazione.

Se Timmel testimonia il legame tra Vienna e Trieste, l’album – composto di trentasette disegni e un’incisione - dedicato al patriota e irredentista Felice Venezian esprime in modo eloquente come fermento estetico e politico si mescolassero nella creatività di alcuni artisti nati o attivi a Trieste all’inizio del ‘900.

In conclusione: qualcosa di importante c'è, ma è difficile spiegarne il motivo.

Forse poco per giustificare un simile allestimento.

La mostra rimane aperta fino al 3 maggio 2015

Salone degli Incanti / ex Pescheria

Riva Nazario Sauro, 1 – Trieste

Orari:

da lunedì a giovedi: 11.00 -19.00

venerdì e sabato: 11.00 – 21.00

domenica e festivi: 10.00 – 19.00

Visite guidate: tutte le domeniche ore 11.00

(In apertura: interni della mostra. In basso: una delle due tele di Vito Timmel)

 


[Roberto Calogiuri]

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Direttore: Maurizio Pertegato
Capo redattore: Tiziana Melloni
Redazione di Trieste: Serenella Dorigo
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