• Home
  • Attualità
  • Cronaca
  • Spettacoli
  • Cultura
  • Benessere
  • Magazine
  • Video
  • EN_blog

Ven10182024

Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Si racconta l’uomo che ha scalato la fontana dei Continenti a Trieste: “O mangio o pago le bollette”

Si racconta l’uomo che ha scalato la fontana dei Continenti a Trieste: “O mangio o pago le bollette”

Trieste - È dello scorso lunedì 12 ottobre il fatto di cronaca finito sulle prime pagine dei giornali locali: un uomo ha scalato la fontana dei Continenti in piazza Unità d’Italia, ha colpito l’angelo sovrastante ed ha poi minacciato di lanciarsi nel vuoto.

Per convincerlo a scendere erano intervenuti in forze Polizia, Polizia municipale, Carabinieri e Vigili del Fuoco. Lo stesso sindaco Roberto Cosolini era giunto sul posto.

Abbiamo incontrato l’autore del gesto, il signor Armido Pavat, che ci ha raccontato la sua storia. È un uomo alto, magrissimo, vestito di nero, parla con grande lucidità ed altrettanta tristezza.

Proveniente da una famiglia composta da 3 fratelli e 4 sorelle, è nato a Cittanova d’Istria nel 1950. I suoi erano pescatori e agricoltori. La fuga da Cittanova avvenne quando era ancora un bambino: “Mio padre - ricorda - scrisse su un muro ‘viva l’Italia’ e dopo scappò, assieme a mio fratello, su una barca a remi”. Il resto della famiglia seguì a breve la strada per l’Italia.

I Pavat, rifugiatisi a Trieste, vissero dal 1955 al 1976 in una baracca di compensato. Il padre morì ed anche la madre si ammalò. Nel frattempo il giovane Armido Pavat venne richiamato al servizio militare (ai tempi la cartolina arrivava a 18 anni) ma non si presentò: “mia madre era malata, ed io ero deluso dall’Italia” ricorda Pavan, che allora la pensava a questo modo: ‘ci trattate così, ed io devo anche fare il militare?’  

La renitenza alla leva - violare quella chiamata era un reato penale - determinò l’intero corso della sua esistenza: “bollato a vita, ho perso tutti i diritti civili. Non ho potuto prendere la patente, sono stato costretto per sempre ad inseguire lavori precari”.

Alternò il lavoro come operaio ad alcuni periodi trascorsi in carcere. Finì per essere seguito dal Sert per dipendenza da sostanze e, adesso, dai Servizi Sociali del Comune.

Da diversi anni abita in un comprensorio Ater alla semiperiferia di Trieste, al quinto piano di una palazzina senza ascensore dove vivono molti anziani, anche loro seguiti dai Servizi Sociali. Il suo appartamento è pieno di vecchie suppellettili e tanti libri: “ne leggo anche due per volta”.

Chiediamo al signor Pavat perché ha deciso di salire sopra al monumento del centro città: “Mi avevano nuovamente tolto la corrente elettrica - spiega. - Ma come faccio a pagare le bollette? Ho un sussidio di 290 euro al mese. O mangio o pago la corrente elettrica”.

Ora l’azienda ha provveduto a riattaccare la corrente, ma Armido Pavat vive nel costante timore che la situazione possa ripetersi: “pagherò le bollette - dice - anche se poi non mi basteranno i soldi per mangiare”.

A 65 anni, la pensione è un traguardo ormai impossibile: per l’INPS ha maturato 10 anni di contributi, che non sono sufficienti per ottenere il diritto. Molti dei lavori che ha svolto, non solo a Trieste, ma anche a Milano e Torino, non sono documentabili.

“A volte mi è capitato di ragionare a questo modo: meglio farsi arrestare, così da stare per lo meno al caldo, avere tre pasti al giorno e lavorare con i contributi regolari”.

Una cooperativa di servizi convenzionata col Comune porta al signor Pavat un pasto al giorno, il pranzo: primo, secondo, contorno, frutta, pane. Per colazione e cena, si deve arrangiare.

“Mi piace fumare - prosegue il signor Pavat - qualche busta di tabacco la compro. Di gas ne uso pochissimo, e infatti dopo la lettura del contatore risulto a credito. La corrente elettrica però mi serve, come faccio senza luce ed acqua calda? Specialmente ora che viene il freddo?”

Del danno alla fontana, si dice molto dispiaciuto: “Lo riparerei io stesso” afferma. Dopo il fatto, è sorvegliato giornalmente dalla Polizia e, sempre giornalmente, è assistito dal Servizio sanitario.

La storia del signor Pavat è purtroppo solo una delle tante situazioni di disagio che si registrano in una città che, nel complesso, non si può dire povera. Esistono aree periferiche e semiperiferiche in cui il disagio economico e sociale si concentra: le case Ater di via Mascagni e Giarizzole, Rozzol.
Sono soprattutto gli anziani a soffrire della marginalità. Molte palazzine non hanno l’ascensore e così restano relegati in casa.

Un fenomeno certo non nuovo: dal Rapporto Caritas pubblicato il 17 ottobre scorso, e presentato ad Expo 2015, emerge che in Italia il 14,2% della popolazione non riesce ad avere un pasto adeguato perché non ha abbastanza soldi per comprare cibo.

La povertà economica non è affatto sconfitta, moltissimi italiani e stranieri ricorrono a mense e pacchi viveri perché in difficoltà di fronte a tante spese: affitto, abiti, farmaci, bollette.

Profughi di ieri e di oggi sono accomunati da una precarietà di vita che nell’Europa di oggi si fa fatica a considerare ammissibile.

Armido Pavat manifesta la sua solidarietà ai fuggiaschi da Siria, Afghanistan ed altre aree di guerra: “Anche noi scappavamo via. E pur essendo italiani in Italia, abbiamo vissuto vent’anni in una baracca. Potevamo andare in Australia, ma mio padre diceva che sarebbe stato peggio”.

(La foto della cucina del signor Armido Pavat è di Stefano Savini)

Chi siamo

Direttore: Maurizio Pertegato
Capo redattore: Tiziana Melloni
Redazione di Trieste: Serenella Dorigo
Redazione di Udine: Fabiana Dallavalle

Pubblicità

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

Privacy e cookies

Privacy policy e cookies

Questo sito è impostato per consentire l'utilizzo di tutti i cookie al fine di garantire una migliore navigazione. Se si continua a navigare si acconsente automaticamente all'utilizzo. Per comprendere altro sui cookie e scoprire come cancellarli clicca qui.

Accetto i cookie da questo sito.