Una cena al buio. Per capire cosa significa non vedere
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- Categoria: Trieste
- Pubblicato Martedì, 03 Marzo 2015 14:42
- Scritto da Tullia Calogiuri
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TRIESTE - Si è svolta nella serata di ieri 2 marzo 2015 all'istituto regionale Rittmeyer per ciechi, in viale Miramare 119, l'annuale "Cena al Buio" alla quale hanno partecipato una trentina di persone.
Alle 19, per rompere il ghiaccio, è stato allestito un aperitivo al primo piano dell'edificio, seguito da un discorso del vicepresidente Pierpaolo Lenaz e della direttrice Elena Weber, con il fine di spiegare come si sarebbe svolta la serata.
Alle 20 i vari ospiti sono stati condotti al primo piano in una stanza semibuia, dove sono potuti entrare in confidenza con l'oscurità che li ha poi avvolti completamente nell'apposita ''Sala al Buio'', una stanza oscurata dedicata ad ospitare brunch, merende o cene – tutte rigorosamente al buio - tese a sensibilizzare gli invitati alla condizione dei disabili visivi.
Difatti, camerieri non vedenti, oltre ad aver condotto con egregia destrezza gli ospiti ai loro posti a sedere, hanno servito le diverse portate tra i goffi tentativi dei convitati di mangiare senza infilare le mani nei piatti e di versarsi il vino nel proprio bicchiere senza innaffiare la tovaglia.
La luce è poi tornata gradualmente al momento del dolce tramite l'accensione di alcune candele collocate sui tavoli, che erano già state individuate dalle mani dei partecipanti nell'oscurità mentre erano alla ricerca di piatti e posate.
E' certamente un'esperienza particolare, che permette agli ospiti di riscoprire il valore dei quattro sensi: olfatto, udito, gusto e tatto. Tutti volti ad orientarsi e percepire la realtà circostante senza il dono della vista. I profumi diventano più intensi, i rumori più definiti, i sapori più forti e gli oggetti tutti nuovi da scoprire.
Se in un primo momento nell'oscurità ci si sente perduti, con il passare del tempo sentendo i discorsi dei propri vicini, capendo dove sono situate le varie posate, immaginado la disposizione dell'arredamento, tastando lo spazio e chiudendo gli occhi per concentrarsi su quello che ci circonda, si acquisisce una certa familiarità con l'ambiente e le persone che in condizioni normali non si crea.
Si può così capire cosa devono affrontare i disabili visivi, le difficoltà a cui devono tenere testa e la forza che possiedono nel far fronte alla loro condizione, perchè, anche se al buio, tutto si può fare.
Questa è la linea guida dell'istituto Rittmeyer che nasce nel 1913 grazie ad una ingente donazione della baronessa Cecilia de Rittmeyer, molto sensibile al problema della minorazione visiva.
Con gli anni, l'istituto è andato via via modernizzandosi, dotandosi di un equipe polifunzionale - di cui ne fanno parte specialisti in psicologia, logopedia, musicoterapia, fisioterapia, pet therapy, plurihandicap, autonomia personale, orientamento e mobilità - e di progetti personalizzati per ipo e non vedenti con interventi di frequenza bi-trisettimanale.
Il Rittmeyer, oltre ad aver mantenuto le attività già consolidate - come il centro ricreativo diurno per anziani, il laboratorio occupazionale e la formazione professionale - ha sviluppato un efficace persorso a sostegno dell'integrazione scolastica a fianco dei più giovani.
Inoltre, una struttura fondamentale all'interno dell'istituto è il "Giardino dei Sensi". Inaugurato nel 2005, questo giardino di 6000mq che ospita la struttura è suddiviso in due zone, anteriore e posteriore. La prima è divisa in zone tematiche atte a coinvolgere i sensi e privilegiare gli stimoli percettivi degli utenti. La seconda zona, invece, risponde a funzioni riabilitative e ricreative.
Appuntamento al prossimo anno.
Tullia Calogiuri