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Gio05162024

Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Di Natale: gay e calcio, binomio problematico

Antonio Di Natale

Secondo Antonio Di Natale, attaccante dell’Udinese e della Nazionale, intervistato dal settimanale "Chi" assieme a Gianni Rivera, Antonio Cabrini e Diego Milito sul tema dell'omosessualità nello sport, i calciatori gay dovrebbero guardarsi bene dal condividere con altri la loro identità. L'intervista prende spunto da quanto dichiarato dal ct della nazionale Cesare Prandelli nella sua prefazione al libro di Alessandro Cecchi Paone "Il campione innamorato", in cui il tecnico auspica anche nel calcio la presenza di gay dichiarati.

«Infrangere il tabù dell’omosessualità nel mondo del calcio è un’impresa difficile, direi quasi impossibile». Dice Di Natale nell'intervista. «Mi chiedo: come potrebbero reagire i tifosi? Mica possiamo prevedere le reazioni di tutti. Mi dispiace, ma non condivido la scelta di rendere pubblica, almeno nel mondo del calcio, una situazione privata così importante. Il nostro mondo, sotto certi punti di vista, è molto complesso».

«Professionalmente stimo parecchio Cesare Prandelli - si legge ancora nell'intervista a Di Natale - e gli sono affezionato come uomo, ma non sono d'accordo con lui. Infrangere il tabù dell'omosessualità nel mondo del calcio è un'impresa difficile, direi quasi impossibile».
    
Sulla stessa linea anche Rivera, che ribadisce di non aver mai conosciuto colleghi gay, e Cabrini, che realisticamente afferma: «Negli stadi c’è molta ignoranza sul tema della diversità, basta vedere come vengono trattati i calciatori stranieri, si immagini che cosa accadrebbe se un giocatore in attività si dichiarasse, quale sarebbe la pressione mediatica sulla squadra, i compagni, l’ambiente».

Diversa invece l'opinione di Diego Milito, dell’Inter: «Condivido quanto dichiarato da mister Prandelli. Personalmente non mi è mai capitato di percepire che un mio compagno vivesse con questo tipo di segreto. Ma, se così fosse, sarebbe sbagliato tacere. Sono sicuro che i tifosi, i compagni di squadra e gli sponsor amerebbero il calciatore fregandosene della sua vita privata, non farebbero mai e poi mai pesare una situazione simile».












 

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