Alla scoperta dell'antica Biblioteca Guarneriana, tra meraviglia e segreti nascosti tra i manoscritti
- Dettagli
- Categoria: Viaggi
- Pubblicato Mercoledì, 21 Ottobre 2015 15:15
- Scritto da Timothy Dissegna
- Visite: 813
San Daniele del Friuli (Ud) – Varcare l'ingresso della sezione antica della Biblioteca Guarneriana non è fortunatamente una di quelle esperienze che accadono solo una volta nella vita. Una nella settimana, al massimo, poiché questo gioiello friulano apre al pubblico il sabato e in varie occasioni durante l'anno.
Per chi lo fa per la prima volta, però, è un'emozione che non lascia indifferenti: si fa subito l'ingresso nella Loggia antica, o grande, che dal 1419 è la sede del governo cittadino, spiega subito il finissimo conoscitore della Guarneriana, Angelo Floramo. Noi l'abbiamo fatto settimana scorsa, prima della nostra intervista con la nostra guida.
Mentre lui spiega la storia di questo posto unico, gli occhi si perdono tra gli scaffali e i due enormi dipinti che riempiono le pareti: uno raffigurante la città e le sue istituzioni, l'altra il letto di morte di Dante Alighieri, poeta che con la Biblioteca ha un legame stretto, essendo qui custodita una coppia della Divina Commedia antichissima e minuscola.
Prima di fare l'ingresso nello studiolo di Giusto Fontanini, ecclesiastico sandanielese di spicco del '700, ossia l'uica parte visitabile dell'edificio, è necessario però capire a chi si deve la Guarneriana: tutto risale a Guarniero D'Artegna, spiega Floramo, nato nel 1410 a Zoppola, da famiglia nobile. Orfano di padre, arrivò ben presto a Roma, dove iniziò a lavorare nell'Archivio Vaticano.
L'amore per il manoscritto è immediato e continuerà per sempre, tanto che quando nel 1445 diventerà Vicario del Patriarcato di Aquileia avrà la possibilità di ricevere da ogni dove opere uniche e inestimabili. Quando morirà, nel 1466 dopo aver perso tutto poiché venne a galla la sua paternità, il suo testamento donò in toto la propria collezione a San Daniele.
Dopo di lui, a qualche secolo di distanza, arrivò Fontanini, Arcivescovo di Ankara, autore peraltro di libri critici sulla cultura a lui contemporanea. Lui lasciò una Biblioteca ancora più ricca, con testi del '500, '600 e '700 e lo studiolo realizzato dagli artigiani di Valvasone. E, finalmente, lo si va ad ammirare.
Non si può che rimanere a bocca aperta, all'interno, ammaliati da tutti gli scaffali ricolmi di testi, rilegati con cura spasmodica. La stanza si dispone su due piani, ma l'ultimo si raggiunge solo attraverso un passaggio segreto “che rivelo solo ai gruppi che vengono con una torta. Voi la prossima volta”, scherza Floramo, mentre si avvicina a un'enorme scrivania in parte.
Lì, gli occhi dei presenti sono tutti concentrati su dei veri e propri “mattoni”, libri come tanti si potrebbe pensare. Ma una volta aperti, con l'odore del noce e della cera d'api che arriva dal legno attorno e rapisce l'olfatto, ecco che niente è come sembra: sono pergamene fatte con pelle di vitello o agnello, spesse e dorate a seconda dell'animale usato.
E ancora più stupefacente è il testo all'interno, ancora vivo grazie all'inchiostro ferrogallico che resiste agli anni. Per alcuni sono addirittura mille! Sul tavolo ci sono solo alcuni dei manoscritti custoditi alla Guarneriana, gli altri sono protetti in blindata per preservare specifiche condizioni climatiche, spiega Floramo.
Ma quelli che si aprono ai nostri occhi sono di una magnificenza straordinaria: uno proviene dall'Abbazzia di Moggio Udinese, un altro da Firenze e tanti altri da posti ancora più incredibili. Tutti scritti a mano con incredibile perizia, ma con costi umani, e non solo, enormi: “Gli amanuensi iniziavano la loro attività a 17/18 anni” racconta la nostra guida “e a 25 anni erano già fuori gioco per le condizioni in cui erano obbligati a lavorare”.
I manoscritti, inoltre, richiedevano l'uso di pelle di animali per le pagine: uno minuscolo, ad esempio, realizzato per le ricche ragazze della borghesia fiorentina ha richiesto l'uso di 49 feti di vitello! Una vera e propria strage di bestie, nascosta tre le lettere e le immagini raffigurate. Che a volte possono essere anche d'oro, come si possono ammirare in alcune opere, dove i disegni in foglia d'oro sono talmente luccicanti da riuscire a specchiarsi.
In un'oretta circa Floramo racconta la storia di una cinquina di opere, passando dal canto aquileiese (descritto come migliore rispetto a quello gregoriano da San Girolamo) alla figura di Fontani (“Era narcisista” spiega sorridendo, indicandone il ritratto appeso a una parete), senza dimenticare i furto di alcune opere nel 1949 da una banda improvvisata e subito recuperate. Il tempo fugge veloce e arriva così il momento dei saluti.
Prima di uscire, lo sguardo si sofferma per qualche istante al piano superiore, apparentemente inacessibile e affascinante perché custode dei libri proibiti. L'ultima domanda che muore in gola è se un giorno sarà possibile salire anche lassù, per guardare da vicino quei testi così temuti dalla Chiesa all'epoca. Magari la prossima volta sarà una buona idea portarsi dietro una torta veramente: chissà che i cardini di quel passaggio segreto non abbiano bisogno di un po' di dolcezza.
(Foto di donatellac75/ Flickr)