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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Economia

Arrestato l'ex amministratore delegato di Veneto Banca Vincenzo Consoli

Arrestato l'ex amministratore delegato di Veneto Banca Vincenzo Consoli

Roma - Nelle prime ore di martedì 2 agosto i militari della Guardia di Finanza, in forza al Nucleo Speciale di Polizia Valutaria e al Nucleo di Polizia Tributaria di Venezia, hanno proceduto all’esecuzione di un’ordinanza emessa dal GIP del Tribunale di Roma.

Il giudice ha disposto gli arresti domiciliari nei confronti di Vincenzo Consoli, ex amministratore delegato e direttore generale di Veneto Banca s.p.a., per i reati di ostacolo all’esercizio delle funzioni delle Autorità pubbliche di vigilanza ed aggiotaggio.

Nel corso della medesima operazione le Fiamme Gialle hanno eseguito un sequestro che il pubblico ministero aveva disposto in via urgente sino alla concorrenza teorica di 45,425 milioni di euro.

Allo stesso Consoli è stato sequestrato un immobile il cui valore è stimato in 1,8 milioni di euro, nonché liquidità e titoli. Sono state altresì eseguite perquisizioni domiciliari nei riguardi di 14 indagati.

L’attività di polizia giudiziaria deriva da un’articolata indagine diretta dalla Procura della Repubblica di Roma e delegata al Nucleo Speciale di Polizia Valutaria e al Nucleo di Polizia Tributaria di Venezia, grazie alla quale è stata fatta luce su numerose condotte di ostacolo perpetrate in danno di Bankitalia e Consob.

In particolare sono contestate una serie di operazioni (c.d. “baciate”) in virtù delle quali era la stessa banca a finanziare importanti clienti perché gli stessi acquistassero azioni del medesimo istituto di credito.

Il significato economico reale di queste operazioni – celate sotto una veste apparentemente lineare – è chiaro: il cliente “finanziato” deteneva titoli di Veneto Banca per conto della Banca.

A volte ciò sarebbe avvenuto anche mediante l’“arruolamento” di compiacenti investitori, disponibili ad intestarsi temporaneamente ingenti quote di obbligazioni subordinate, sollevando la banca dall’onere di detrarne il controvalore dal patrimonio di vigilanza, come invece prescritto dalla Banca d’Italia.

Anche in tali casi si trattava, in pratica, di veri e propri “parcheggi” temporanei di titoli che, in realtà, rientravano nella proprietà dell’emittente, la Veneto Banca.

Tutto questo è stato accompagnato dalla concessione di finanziamenti a soggetti in difficoltà economiche, in stato di decozione o comunque non in grado di restituire le somme ricevute, senza un’adeguata verifica della capacità di rimborso da parte dei richiedenti, all’insegna di un diffuso e sostanziale disinteresse del merito creditizio.

L’effetto era di offrire, all’esterno, l’immagine di una solidità patrimoniale dell’istituto ben maggiore di quella effettiva, idonea ad ingannare la platea dei risparmiatori e gli altri azionisti, rafforzando così – secondo la ricostruzione, in modo fraudolento – l’immagine della banca e la fiducia nel management.

Inoltre, secondo gli elementi acquisiti, mediante queste operazioni i vertici di Veneto Banca potevano falsamente rappresentare agli organi di vigilanza (Banca d’Italia e CONSOB) una consistenza patrimoniale superiore al reale, così da rientrare nei parametri di sicurezza che la legge esige per gli istituti bancari. Infine, la creazione di questa situazione di patrimonio “virtuale” avrebbe consentito di fissare il sovrapprezzo delle azioni su valori assai elevati rispetto allo stato dell’azienda.

Secondo il grave quadro indiziario emerso, tali condotte hanno determinato l’“annacquamento” del patrimonio di vigilanza della banca, che, secondo le regole della Banca d’Italia avrebbe dovuto essere rettificato in modo da evidenziare il suo valore reale, indicando il vero ammontare dei prestiti ancora effettivamente riscuotibili.

Invece, nelle segnalazioni periodiche alla Banca d’Italia, Veneto Banca ha continuato ad indicare un valore del patrimonio di vigilanza sovrastimato rispetto a quello effettivo, mascherandone la reale consistenza.

Grazie alle ispezioni di Banca d’Italia e di CONSOB, che hanno portato alla luce l’effettiva situazione dell’istituto, e alle indagini contestualmente condotte dalla Guardia di Finanza, si è quindi potuta ricostruire l’effettiva situazione patrimoniale di Veneto Banca ed individuare le ipotesi di responsabilità che sono alla base dei provvedimenti eseguiti.

Questi gli altri indagati: Flavio Trinca, ex direttore; Stefano Bertolo, responsabile Direzione centrale amministrazione dal 2008 al 2014 e poi dirigente; Flavio Marcolin, responsabile degli affari societari e legali dal marzo 2014; Francesco Favotto, presidente del Cda dall'aprile 2014 all'ottobre 2015; Mosé Fagiani, responsabile commerciale dal 2010 al dicembre 2014; Massimo Lembo, capo della Direzione Compliance; Pietro D'Aguì, ex direttore di Banca Intermobiliare; Gianclaudio Giovannone, titolare della Mava SS; Diego Xausa, presidente di Magazzini generali-merci e derrate Spa; Marco Pezzetta, ex amministratore della banca, dal 13 novembre scorso commissario del Consorzio Aussa Corno; Michele Stiz, Martino Mazzoccato e Roberto D'Imperio, del collegio sindacale di Veneto Banca; Renato Merlo, responsabile Banche estere e Partecipazioni.

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