Economia
Crisi del latte italiano, migliaia di allevatori a Udine per la manifestazione di Coldiretti
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- Categoria: Economia e mercati
- Pubblicato Sabato, 02 Aprile 2016 15:39
- Scritto da Redazione Ilfriuliveneziagiulia
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Udine - Si è svolta il 2 aprile, a un anno dalla fine delle quote latte, la manifestazione nazionale degli allevatori indetta dall'associazione Coldiretti per denunciare "una crisi senza precedenti che sta provocando la strage delle stalle italiane".
Mmigliaia gli allevatori che con trattori e mucche sono arrivati nel capoluogo friulano con striscioni e cartelloni sui quali si leggono le richieste degli allevatori: "Chi acquista ha il diritto di sapere se quello che compra è veramente fatto in Italia", "Più trasparenza con l'etichettatura di origine obbligatoria" e "Stop a speculazioni: giusto prezzo per produttori e consumatori", "Avete preso i nostri marchi, non vi daremo le nostre mucche".
In piazza è stata montata una caldaia per la preparazione del formaggio assieme ad una selezione dei migliori formaggi della montagna italiana ritenuti "a rischio di estinzione" a causa delle cagliate e delle polveri di latte straniere, come quelle che sono state scoperte recentemente alla frontiera del Tarvisio.
Per la mobilitazione nazionale è stata scelta Udine, poiché il Friuli Venezia Giulia è considerato la porta di ingresso in Italia di centinaia di milioni di chili di latte stranieri, anche come trasformati e semilavorati industriali, che vengono spacciati con l'inganno come Made in Italy.
Il risultato è che nella regione il prezzo per il latte pagato agli allevatori è il più basso d'Italia. Di fronte al Teatro Nuovo Giovanni da Udine, dove è stato fissato il cuore della manifestazione, è presente anche la pronipote della mucca Onestina, simbolo della battaglia per il Made in Italy degli allevatori che chiedono "di continuare a mungere con un prezzo giusto e onesto".
"L'Europa resta ancora divisa tra produttori e consumatori e questo è uno dei motivi per cui, ad esempio, non siamo riusciti ancora a ottenere la protezione del 'made in Italy': da soli non si va da nessuna parte, occorre creare un sistema di alleanze virtuose, anche con Paesi come la Francia che condividono medesimi interessi, e che ci consentano di dire la nostra".
Lo ha affermato la presidente della Regione Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani, nel corso dell'intervista moderata da Roberto Weber assieme a Roberto Moncalvo, presidente nazionale di Coldiretti, prevista nel programma di approfondimenti della manifestazione che si è tenuta al teatro Giovanni da Udine alla presenza di centinaia di produttori del Friuli Venezia Giulia.
Tracciabilità e obbligo di provenienza dei prodotti - e, ad esempio, la "pioneristica" scelta del FVG di essere regione OGM-free -; parità di applicazione delle regole - "in Italia - ha ricordato Serracchiani - dalla vite fino all'imbottigliamento ci sono 17 controlli, in Francia solo tre"; la correzione delle distorsioni della filiera tra produttori e consumatori e, infine, gli interventi a sostegno delle imprese agricole messi in campo dall'amministrazione regionale sono stati i principali temi affrontati nel corso del dibattito.
La Regione Friuli Venezia Giulia, ha ricordato Serracchiani, "ha fatto una scelta di campo destinando 160 milioni di euro al fondo di rotazione che riguarda interventi sia per il consolidamento e la ristrutturazione delle aziende sia, in particolare, per l'innovazione".
Tra i problemi che Serracchiani ha indicato come sostanziali vi sono la necessità di "un efficientamento delle filiere e di una migliore organizzazione", ricordando peraltro il forte impegno del vicepresidente Bolzonello e dell'assessore alle Risorse agricole Shaurli per favorire la creazione della filiere della zootecnia e del lattiero caseario.
"Finora però forse non ci siamo impegnati fino in fondo per avere un'effettiva messa in rete virtuosa delle imprese, che non riguardi solo i nostri marchi DOP, ma anche la qualità generale dei prodotti", ha fatto notare la presidente, aggiungendo anche che "se non siamo riusciti a salvare tutte le aziende, forse è stato per qualche egoismo di troppo, che a volte bisognerebbe mettere da parte: non sempre si riesce a farlo, e questo è un problema che questa regione sconta". E poi ha messo in guardia dal continuare a costruire "contenitori senza contenuti". "Sono stati creati consorzi e società e dentro non c'era niente, solo poltrone. Non sono serviti a nessuno", ha sottolineato Serracchiani.
Nel corso della manifestazione è stato poi presentato il dossier Coldiretti "Quote latte: un anno dopo" dove si denuncia come, dopo la cancellazione delle quote latte, hanno chiuso in Italia almeno 1.500 stalle, la maggioranza in montagna, per effetto del crollo del prezzo pagato agli allevatori che è sceso al di sotto dei costi di alimentazione del bestiame, su valori di quindici anni fa.
Il prezzo del latte alla stalla, secondo i dati Coldiretti, sta crollando da 0,44 euro al litro nel marzo 2014 a 0,37 nel marzo 2015 ed è ora mediamente di 0,33, con punte fino a 0,30 euro in Friuli Venezia Giulia, dove si registrano le quotazioni più basse d'Italia per la pressione delle importazioni di bassa qualità.
La vita o la morte di molte stalle sopravvissute fino ad ora in Italia dipende - sostiene la Coldiretti - da almeno 5 centesimi per litro di latte che si ricavano dalla differenza tra i costi medi di produzione pari a 38-41 centesimi e i compensi attualmente riconosciuti.
Per effetto di questi pochi centesimi le stalle presenti in Italia dopo la fine delle quote latte sono scese al minimo storico di meno di 33 mila unità, rispetto alle 180 mila attive nel 1984 all'inizio del sistema delle quote.
"Quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere lo spopolamento e il degrado", afferma il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, per il quale "in pericolo c'è un patrimonio culturale, ambientale ed economico del Paese", ma anche "i 120 mila posti di lavoro nell'attività di allevamento da latte che è per metà destinato ai 49 formaggi italiani a Denominazione di origine protetta (Dop), un primato a livello europeo".
Sempre dallo studio Coldiretti emerge che tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti in Italia sono stranieri mentre la metà delle mozzarelle sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall'estero, ma nessuno lo sa perché non è obbligatorio riportarlo in etichetta.
A fronte di una produzione nazionale di circa 110 milioni di quintali di latte, sono 85 milioni di quintali le importazioni di latte equivalente dall'estero, sotto forma di concentrati, cagliate, semilavorati e polveri per essere imbustati o trasformati industrialmente e diventare "magicamente" mozzarelle, formaggi o latte italiani, all'insaputa dei consumatori.
Si tratta di circa il 40% e, secondo Coldiretti, "c'è il rischio concreto che il latte straniero possa a breve per la prima volta superare quello tricolore".
Nell'ultimo anno - denuncia la Coldiretti - hanno addirittura superato il milione di quintali le cosiddette cagliate importate dall'estero, che ora rappresentano circa 10 milioni di quintali equivalenti di latte, pari al 10% dell'intera produzione italiana. Si tratta di prelavorati industriali che vengono soprattutto dall'Est Europa che consentono di produrre mozzarelle e formaggi di bassa qualità.
"In un momento difficile per l'economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l'obbligo di indicare in etichetta l'origine degli alimenti, ma anche con l'indicazione delle loro caratteristiche specifiche a partire dai sottoprodotti", ha aggiunto il presidente della Coldiretti, che ha rimarcato l'enorme spreco delle "Tonnellate di latte da buttare perché sono stati disdetti i contratti e non viene più ritirato dalle stalle, dove bisogna però continuare a mungere per non far soffrire gli animali".
"Non è più in vigore l'accordo sul prezzo del latte e si tagliano in modo unilaterale i compensi agli allevatori sotto il ricatto - sottolinea la Coldiretti - di non accettare la consegna di un prodotto deperibile come il latte". Il fatto che il latte italiano venga rifiutato, secondo Coldiretti, "dimostra quanto sia strumentale la posizione di chi sostiene che il latte straniero è necessario per soddisfare la domanda nazionale".
Per l'organizzazione agricola, la realtà è che "si punta a far chiudere le stalle per giustificare l'aumento delle importazioni di semilavorati di provenienza straniera a basso costo e scarsa qualità per sostituire il latte italiano". Una speculazione che sarebbe divenuta ancor più conveniente a seguito dell'embargo russo ai prodotti lattiero caseari europei che, dovendo trovare nuovi sbocchi, stanno invadendo il mercato italiano.