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Arzeni a Friul Future Forum: "in Italia servono riforme strutturali"
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15 Ott 2013
- Ultima modifica il Martedì, 15 Ottobre 2013 11:55
- Pubblicato Martedì, 15 Ottobre 2013 11:53
- Scritto da Fabiana Dallavalle
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Non lottare contro il cambiamento, ma adattarsi a esso, e velocemente, individuando i “megatrend” dello sviluppo e provando a governarli. Dalla scelta dei mercati di sbocco a quella dei propri consumatori fino alla nuova organizzazione in cluster, che siano intersettoriali e internazionali, in cui le piccole imprese si aprano alla collaborazione, facciano network, invece di chiudersi rimanendo bloccati sulla competizione interna. E capendo da subito che la società diventerà sempre più anziana, concentrata nelle grandi città e “she-conomy”, orientata alle donne e a una maggiore flessibilità. Questi tratti vanno colti come opportunità dalle imprese, ma anche dalle istituzioni, sempre le più restie al cambiamento.
È il Ceo del Copenhagen Institute for Future Studies Claus Kjeldsen a dare i primi consigli di futuro al sistema produttivo e ai cittadini friulani, aprendo “Friuli Future Forum 2013” ieri pomeriggio nella Sala Valduga della Camera di Commercio di Udine.
Con lui, ospiti del presidente della Cciaa Giovanni Da Pozzo e con la moderazione del direttore del Messaggero Veneto Omar Monestier, si è avviata la riflessione internazionale sul futuro che fino al 29 novembre si svilupperà a Udine per offrire a imprenditori, amministratori pubblici e alla società civile strumenti concreti di lavoro e azione sui territori, grazie al confronto con esperti dei massimi think tank mondiali.
A partire dai prestigiosi partner internazionali (Insitute for the future di Palo Alto, oltre a Copenhagen Institute e Ocse) chiamati a confrontarsi dalle istituzioni di un Friuli che ha fatto squadra per programmare la serie di conferenze, laboratori e confronti che animeranno le prossime settimane.
E se Kjeldsen ha insistito sulla necessità di un cambiamento culturale rapido perché la nostra economia si apra con convinzione al futuro, Arzeni ha rinforzato il convincimento, insistendo sulla necessità di alzare lo sguardo, muoversi e investire sul domani. «Una riforma strutturale è ciò che il nostro Paese non sta facendo, mentre invece ci blocchiamo su piccoli passi, sulla gestione di emergenze, sull’attendismo e sullo spreco di risorse». Un’analisi amara sull’Italia, quella di Arzeni, che ha anche parlato di “due Europe” soprattutto per quanto riguarda lavoro e occupazione (a partire da quella giovanile) e della necessità di porre mano in Italia in prima battuta alla formazione.
L’ha fatto citando un recente studio dell’Ocse, da cui risulta che su 24 Paesi, l’Italia è all’ultimo posto per capacità di lettura e comprensione dei cittadini adulti. Riformare profondamente la formazione, dunque e da qui, Arzeni ha puntato il dito anche sulla formazione professionale, di cui ha evidenziato l’inadeguatezza. Le risorse del Fondo sociale europeo, ha detto, vengono sprecati per realizzare professionisti della formazione anziché per incidere sull’innovazione di lavoratori e imprese, mentre la vera formazione andrebbe fatta direttamente nelle aziende.
«Non ci sarà futuro per l’Europa e per l’Italia se continuiamo con i con i piccoli aggiustamenti senza renderci conto di dove sta andando il mondo, se resistiamo al cambiamento». Un cambiamento per il quale, ha evidenziato Kjeldsen, non bisogna attendere l’aiuto o l’iniziativa dello Stato, ma «va intrapreso da ognuno di noi, dalla volontà dei singoli imprenditori di aprirsi, collaborare, mettersi in rete per incidere davvero dal profondo».
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