Centro di identificazione di Gradisca: misure eccessive per i migranti irregolari

Centro di identificazione di Gradisca: misure eccessive per i migranti irregolari

Sabato 28 aprile, nel corso della campagna LasciateCIEntrare, anche al CIE e CARA di Gradisca d'Isonzo hanno fatto ingresso rappresentanti politici, due parlamentari, un consigliere regionale e il sindaco di una cittadina vicina. "L'attenzione posta dalla campagna sulle strutture detentive per migranti irregolari in Italia sta finalmente lanciando segnali importanti al Parlamento italiano e alla società civile italiana" hanno detto i rappresentanti del comitato promotore.
Ad accompagnare due dei politici sono stati anche due membri della Tenda per la Pace e i Diritti che fino ad oggi non avevano mai ottenuto l'autorizzazione ad entrare, neppure al seguito di delegazoni ufficiali. Il gruppo è stato accompagnato dal viceprefetto, dott. Di Stefano, nonché dai direttori del CIE e del CARA. Negato invece l'ingresso ai sei giornalisti presenti.

Oggi al CIE di Gradisca sono solo 22 i detenuti, per lo più provenienti dall'area maghrebina (Tunisia, Egitto, Marocco). Si trovano parcheggiati in una struttura che definiscono senza mezzi termini peggiore del carcere, dove i tempi di attesa restano sconosciuti, dove non hanno telefoni cellulari e non possono incontrare le loro famiglie. Hanno passato l'inverno rinchiusi nella loro stanza da 8 o 10 letti, per “motivi di sicurezza”; la gabbia esterna è stata riaperta solo un mese fa.

Dalle loro dichiarazioni, il materasso per dormire è stato riconcesso solo due mesi fa (era stato sequestrato a causa delle proteste e degli incendi), il cuscino una settimana fa. Lenzuola assenti, coperte razionate, così come le sigarette, le carte telefoniche e anche il cibo, che i detenuti dicono essere poco e spesso raffreddato. Condizioni detentive che costringono le persone a prendere tranquillanti per dormire, non pensare, far passare il tempo.

Emblematiche sono le storie personali. Alcuni hanno scontato una pena detentiva in carcere e sono in (lunga) attesa di espulsione. Altri sono stati portati al CIE per irregolarità nel permesso di soggiorno di vario tipo, spesso non imputabili solo a loro ma alla lentezza dell'apparato burocratico italiano. M., marocchino, aveva ricevuto un'espulsione nel 2007. Nel 2011 ha fatto nuovamente richiesta di visto, che gli è stata concessa dal consolato italiano. È entrato seguendo le procedure del “decreto flussi” e aveva regolare permesso di soggiorno con contratto di lavoro. È stato preso e portato in CIE giovedì scorso per non aver rispettato il lasso di tempo di tempo di 5 anni dall'espulsione prima di rientrare in Italia. Lui non conosceva questa clausola, ma evidentemente neanche il consolato italiano in Marocco. Sta di fatto che ora M. vuole vederci chiaro e uscirne “pulito”, onestamente e riprendere a lavorare in regola. Se ciò non dovesse avvenire, dice, “che senso ha stare in un paese che ti tratta così?”.


Davide Furlan, sindaco di Romans d'Isonzo, ha dichiarato di aver vissuto un'esperienza scioccante e ricorda come l'Italia "un paese di migranti, sia completamente impreparata all'accoglienza."

L'On. Monai (IDV), presente alla visita, così la descrive: "Nel corso dell'ispezione ho voluto soffermarmi con i reclusi: ho fatto il giro delle 3 celle in cui ci sono in tutto 22 extracomunitari, chi da 2 giorni chi da 11 mesi. Sono per lo più persone che avevano un lavoro anche se irregolare in Italia, poi sono stati "intercettati" dalla polizia e ristretti qui, chi per disguidi nella trascrizione del nome o per sospetti sulla sua identità".

"La percezione che si ha del CIE - prosegue il deputato - è che la struttura e le restrizioni adottate siano eccessive rispetto al numero dei trattenuti e alle esigenze della loro identificazione ed eventuale espulsione: i costi dell'impianto, di gestione, di mensa, di custodia sono maggiori di un'eventuale sistemazione in hotel, mentre l'afflizione è sproporzionata. Questo modo di gestire i problemi è solo uno spot anti-immigrazione, quasi il simbolo della repressione dell'immigrazione clandestina mentre la realtà quotidiana ci presenta migliaia di immigrati irregolari che svolgono attività lecite tutti i giorni come badanti o braccianti o manovali, etc. I Cie non sono la soluzione, questo è un frammento della realtà, poco convincente e giocato sulla vita di persone che non hanno commesso delitti, cui vengono sottratti i propri diritti civili. Nel Cie di Gradisca i trattenuti hanno ricevuto materassi da non più di due mesi, cuscini da una settimana. Hanno il permesso di stare in cortile per due ore al giorno da circa un mese mentre prima restavano chiusi nelle celle per 24 ore al giorno. I detenuti in carcere di sicurezza, dove finiscono dopo una sentenza ad espiare una pena per dei crimini commessi, vivono meglio."













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