1001 crisi. Un grande film dal Portogallo tra realtà e poesia

Trieste – Non c’è molto da aggiungere quando nelle sale cinematografiche compare un capolavoro. Non c’è granché da segnalare, semmai da lodare lo spirito creativo e l’energia innovativa con cui è stato realizzato.

Miguel Gomes, portoghese, 44enne, è il regista. Il film è “Le mille e una notte. Arabian Nights”, dove l’Arabia è solo una scusa per raccontare la crisi del Portogallo. E il Portogallo è una scusa per raccontare la crisi dell’uomo moderno, trascinato da un mondo in caduta libera.

Una crisi profonda e vasta, tanto che per raccontarla tutta Gomes ha prodotto una trilogia (in cui ha collaborato anche alla sceneggiatura) della durata complessiva di circa sei ore: Inquieto è il primo film. Seguono Desolato e Incantato. Tre “episodi” o “volumi”, li definisce il regista, come fosse un’opera enciclopedica. E, in effetti, lo è.

Impossibile, dunque, etichettare un’opera così eclettica e versatile perché dentro c’è di tutto: comico-realismo, (sur)realismo, stile documentaristico, epico, allegorico, amoroso, parabolico, iperbolico, fiabesco, fantastico, politico...

Tutto è legato dalla finzione che sia Sherazade a raccontare le storie, per interrompere la serie delle uccisioni, dopo che il regista è fuggito lasciandole la responsabilità del narrare, nel senso più antico del termine: narrare per creare poeticamente. E quindi spingere lo spettatore oltre la superficie di quanto sta vedendo verso il significato profondo di quanto Gomes vuole comunicare.

Spinge lo spettatore, per esempio, a chiedersi che rapporto simbolico ci sia tra una portentosa e magica erezione che prima esalta e poi affligge i governanti portoghesi riuniti per applicare il diktat economico della “troika” da una parte e dall'altra i tagli di stipendi, pensioni e sanità, la disoccupazione, la chiusura dei cantieri e il famigerato rapporto tra PIL e deficit.

In effetti sembra di percorrere la vicenda della politica italiana, oltre che sud europea. Non si fatica molto a notare la critica feroce che Gomes porta alla politica comunitaria, agli effetti devastanti che ha prodotto nel tessuto sociale operaio e popolare del suo Paese.

Sullo sfondo di una nazione che fa i conti con la propria “saudade”, si anima un mondo allegorico e di denuncia che colpisce tanto in profondità perché gli strumenti della narrazione sono gli stessi della poesia.

Inoltre il film è sottotitolato e la lingua originale è una melopea carezzevole e suadente che conferisce a tutto un’atmosfera ancora più affascinante.

[Roberto Calogiuri]

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