A conclusione di Mille Occhi: un ritratto di Marc Scialom, vincitore del Premio Anno Uno

A conclusione di Mille Occhi: un ritratto di Marc Scialom, vincitore del Premio Anno Uno

Cala il sipario su quest'ultima edizione dei Mille Occhi, e cala dopo un'ultima giornata intensa al termine della quale il Premio Anno Uno 2012 è stato consegnato nelle mani di Marc Scialom, autore del film proiettato in anteprima europea proprio ieri sera all'Ariston “Nuit sur la mer”.

Presente in mezzo al pubblico per tutto il festival, sin dalla presentazione dei suoi primi lavori Marc Scialom si è rivolto agli spettatori con tono pacato e disponibile.

Da studioso di Dante spiega: “Il mio primo corto, Exils, non mi piace più. Piace agli altri, ma io non mi riconosco più in un lavoro sulla Divina Commedia che dura appena diciassette minuti”

Scusandosi – a torto – per un italiano che definisce incerto, parla del suo lavoro e afferma di non sentirsi un regista, ma di aver realizzato queste poche opere cinematografiche sull'onda della volontà di esprimere idee, concetti e punti di vista che evidentemente nel cinema trovano il loro sbocco naturale – in una narrazione visiva, di carrellate, di voci fuori campo.

Un cinema a tratti visionario, specie nei due corti, ma anche nel primo lungometraggio firmato Scialom, “Lettre à la prison”, il cui montaggio ricorda quasi il “montaggio sovrano” del muto sovietico.

“In verità – racconta – è stato quasi un montaggio di fortuna. Ho lavorato in una piccola sala, di notte. L'audio, poi, è stato realizzato a casa mia. Avevamo un piccolo magnetofono e l'abbiamo registrato così, senza la possibilità di realizzarlo guardando il girato. Fisicamente non vedevamo il labiale degli attori e molte volte infatti i dialoghi sono fuori sincrono. Ma erano altri anni, è un film che volevo realizzare e l'ho fatto praticamente senza un vero budget.”

E “Nuit sur la mer”? Un secondo film che viene prodotto a più di quarant'anni di distanza dal primo  può avere continuità con esso? E cosa ha riempito questi quarant'anni in cui il primo film è rimasto al buio? In verità i pochi film di Marc Scialom rientrano in un percorso intellettuale e culturale coerente, che tocca il tema della comunicazione, dell'identità, dell'esilio, della perdita di sé. Se “Lettre à la prison” non è stato immediatamente capito è forse perché l'Europa non era – non è? - realmente pronta per questo genere di temi e per questo modo di affrontarli.

Nel pluralismo culturale che lo stesso Scialom rappresenta “Lettre à la prison” è attuale quanto e forse più di quarant'anni fa, come lo è oggi  “Nuit sur la mer”, che ai temi dell'esilio – l'esilio contemporaneo, quello dell'emigrante – e dell'identità affianca quello del cinema.

Eloquente la dedica: “Aux sans retour, aux Ulysses sans Ithaque, qui plusiers fois meurent et revivent” - Ai senza ritorno, agli Ulisse senza un'Itaca, che più e più volte muoiono e rinascono.

Piccola nota su un'altra anteprima del festival, “La ballade de  Quidam et Lambda”, di Chloé Scialom e Nicolas Le Bras, proiettato nel pomeriggio di ieri: quando dei film come questo non trovano distribuzione si tratta di un demerito per le case di distribuzione e di un peccato per gli spettatori che non li vedranno. Non resta che aspettare di vedere se questa “Ballade” uscirà dal circuito dei festival per essere presentata a un pubblico più vasto.

 

Nella foto, Marc Scialom.

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