Il cinema racconta la guerra a Mille Occhi festival del Cinema e delle Arti

Il cinema  racconta la guerra a Mille Occhi festival del Cinema e delle Arti

Riprende il percorso sul lavoro di Valerio Zurlini nella quinta giornata dei Mille Occhi, che si è aperta con “La pietà di novembre”, regia televisiva di Lino Procacci da una regia teatrale del cineasta bolognese e si è conclusa con “Il deserto dei Tartari”(1976) – suo ultimo lungometraggio realizzato grazie alla stretta collaborazione del protagonista Jacques Perrin che abbiamo visto in più pellicole negli ultimi giorni – e con “Marcia o crepa” di Frank Wisbar per il percorso “Viaggio in Italia”.

Nel frattempo prosegue giungendo alla sua seconda giornata nella sala dell'Ariston l'omaggio a Giuseppe Fava, con la proiezione di tre episodi della serie “Siciliani” e uno sguardo più ampio sulla Sicilia degli anni '90: viene infatti proposto “Città-STATO (24 frammenti)” di Giuseppe Spina, un montaggio di riprese di operatori ignoti, risalenti agli anni fra il 1992 e il 1994 e ritrovate negli archivi di una piccola rete locale. Erano gli anni di Mani Pulite, gli anni della nascita della Seconda Repubblica, anni in cui la terra siciliana ha bevuto parecchio sangue. Il risultato della sequenza di frammenti, in quella bassa definizione che paradossalmente ricorda allo spettatore quanto il girato sia reale e non fiction, è una visione a tratti agghiacciante.

E pare assurdo, ma tanto quanto le immagini di sangue e di polizia davanti ai morti sono agghiaccianti le scene di devozione superstiziosa, quasi anacronistica, nelle feste di rione e nei rosari recitati in attesa di una qualche apparizione. Un pugno nello stomaco che è un capolavoro, e che è arrivato dopo la proiezione di un'altra pellicola “difficile”, il magnifico e forse poco conosciuto “Seduto alla sua destra”(1968) di Zurlini, ispirato alle vicende del leader indipendentista non violento Patrice Lumumba.

Ma in questa quinta giornata, le emozioni che le immagini "forti" del film hanno regalato è trapelata dalle mani intrecciate e dagli occhi sbarrati sullo schermo: una forza di altro genere è entrata nel festival.

Meravigliosamente letta dalla voce di Omero Antonutti, “Nino” di Umberto Saba ha aperto la serata. Da quei versi Zurlini avrebbe voluto trarre un film ma il progetto non fu mai realizzato. Sembra allora una specie di riscatto artistico il voler introdurre un film di guerra come “Il deserto dei tartari” con un rimando all'intento cinematografico sulle pagine della guerra del Canzoniere.

Sì, un altro genere di forza artistica entra nel festival e lo fa dalla porta principale: gli spettatori silenziosi e incantati hanno visto il cinema fare gli onori di casa e accogliere la poesia.

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