Le Prove Invalsi nella sconquassata scuola italiana: l'opinione di un docente

Le Prove Invalsi nella sconquassata scuola italiana: l'opinione di un docente

Trieste - Il mio intervento non vuole in nessun modo attaccare la persona che ha scritto l'articolo sulle prove Invalsi, che, peraltro, esprime un sentimento largamente condiviso da molti insegnanti. Vorrei dire la mia.

Purtroppo è una diffusa abitudine italiana quella di buttare il bambino con l’acqua sporca ovvero quella di impiegare tutte le risorse disponibili per immaginare il mondo perfetto o per lamentarsi dei problemi, senza però avere poi la volontà e la capacità di muovere un dito per intervenire nella realtà quotidiana.

Che in Italia il sistema scolastico sia un macchina sconquassata, un organismo decadente ormai incancrenito a causa di decenni di negligenza politica e di cecità civile, è cosa palese. Ma che questo debba essere il motivo per mortificare anche le iniziative positive, questo non lo posso accettare.

Ci sono centinaia di studi didattici e pedagogici che parlano della formazione permanente e dell’autovalutazione, frutto di duro lavoro di mente eccelse sparse per il pianeta. A volte (è sacrosanto dirlo!) sono poco attente alle situazioni reali e rese ottuse dalla teoria.

Ma chi contesta le loro idee? Liberi professionisti che pur di non aggiornarsi e non mettersi sul libero mercato preferiscono ridursi ad essere repressi impiegati statali che difendono il “lavorare il meno possibile” e lo stipendio fisso, burocrati che si definiscono educatori e invece sono solo dei tecnici – ormai - poco specializzati, ammaestratori di cani, che sbraitano dalla cattedra. Ma davvero gli insegnanti che criticano le prove esperte hanno tutte queste competenze in didattica e pedagogia?

Competenza, altro concetto interessante! Cosa vuol dire comprendere davvero un testo? Cosa vuol dire risolvere un problema? Nell’Italia fascista, cattolica e comunista dire\ripetere quello che vuole il maestro, riprodurre meccanicamente lo schemino che ha fornito alla lavagna! La conoscenza non deve essere asservita all’economia, d’accordo; ma è veramente giusto continuare a sfornare intellettuali e tecnici, peraltro scadenti, che non riescono a collocarsi nel mondo del lavoro reale?

Insomma, qual è il problema? Che le prove Invalsi sono, in parte, slegate dal mondo reale della scuola e non considerano i problemi reali che i docenti si trovano ad affrontare nelle classi ogni giorno? Giusto! Purtroppo è così: le prove Invalsi per molti versi sono una richiesta di andare a caccia di cinghiali con la fionda! Ma è per questo che sono invise ai prof.? No, è perché sono lavoro in più senza retribuzione, un controllo di qualità non gradito.

Altri due aspetti.

1. All’Invalsi giungono i codici degli alunni, senza nome: questa è l’anonimità dei test. E’ la scuola che abbina nomi e codici e sarebbe compito della scuola non adoperare impropriamente e scorrettamente quei dati: ma la verità che una volta corrette, le prove sono un voto in più da mettere a registro cioè una prova in meno da somministrare per i prof., quindi addio anonimità.

2. Boicottare le prove. Un alunno non può bere un sorso d’acqua in classe senza il permesso del docente, e se lo fa annotazioni sul registro e giorni e giorni di punizioni. Ma sottrarsi a un compito imposto dal Ministero, distruggere atti pubblici, falsare delle prove ministeriali davanti agli occhi del pubblico funzionario pagato per far sì che l’alunno svolga proprio quel preciso compito, beh, questo sì è permesso. Anzi è giusto. E in nome di quale principio? Che l’alunno fa il lavoro sporco per il docente, fa quello che l’impiegatuccio non ha il coraggio e la possibilità di fare personalmente: ribellarsi a un sistema che funziona male, ma che non può aggiustare perché è proprio nella melma prodotta da sua disfunzione che lui sopravvive.

Giuseppe Verde

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