Dizionario degli autori di Trieste, dell’Isontino, dell’Istria e della Dalmazia due chiacchiere con Walter Chiereghin
- Dettagli
- Categoria: Libri
- Pubblicato Domenica, 30 Novembre 2014 09:24
- Visite: 850
Trieste – Domani, lunedì 1 dicembre alle ore 17, presso la Biblioteca Statale di Largo papa Giovanni XXIII, verrà presentato il Dizionario degli autori di Trieste, dell’Isontino, dell’Istria e della Dalmazia, curato da Walter Chiereghin e Claudio H. Martelli, con prefazione di Elio Guagnini, edito dalla Hammerle su iniziativa del PEN Trieste.
Il volume riporta le schede bio-bibliografiche di oltre 1.400 autori dell’area giuliana, istriana e dalmata, che si sono espressi, oltre che in italiano, in latino, sloveno, croato, tedesco, friulano e nei vari dialetti veneti. Gli estremi cronologici considerati partono dal secolo XIII per arrivare ai giorni nostri.
Nel Dizionario sono elencati non soltanto letterati, ma anche memorialisti, storici, storici dell’arte, della musica e della letteratura, filosofi, politici ed ecclesiastici, a fornire, una completa visione sulla storia, sulla cultura e sulla società di queste terre.
Dialogheranno con Walter Chiereghin il presidente del PEN Trieste Antonio Dellla Rocca e la giornalista Marina Silvestri.
Da dove nasce l'idea di confezionare questo tipo di dizionario?
Come ogni altra cosa, anche questo libro ha una sua storia, per quanto breve. Nel leggere non so più quale testo, nel 2011, mi sono imbattuto nel nome di uno scrittore (o forse di un poeta) mai sentito nominare prima. Mi spiace non ricordarne il nome. Fai conto quello che è stato Carneade per don Abbondio. Il “mio” Carneade, doveva probabilmente appartenere alla schiera dei letterati minori tra otto e novecento, a giudicare dal contesto in cui era inserito, né mi riuscì di trovare qualche notizia che mi consentisse di identificarlo.
Non posso dire che a causa di quell’intoppo nella lettura di quella sera del 2011 non fossi riuscito a dormire nella notte che seguì le mie vane ricerche, ma quel che è certo è che il mattino dopo mi svegliai con un’idea che mi appariva ben chiara in testa: avrei fatto per gli autori giuliani quanto Claudio H. Martelli, il mio direttore come lo chiamavo (riferendomi alla direzione del mensile Trieste Artecultura sul quale aveva la cortesia di ospitare qualche mio articolo), aveva realizzato con il suo Dizionario degli artisti di Trieste, dell’Isontino, dell’Istria e della Dalmazia, del quale nel 2009 avevamo salutato la quarta edizione.
Ne parlasti subito con lui?
Sì, quella stessa mattina. Condivisi subito l’idea con Claudio e man mano che ne parlavamo, consideravo con crescente preoccupazione come la cosa stesse crescendo di dimensione, trasformando quello che nella mia intenzione era stato un palloncino colorato in una mongolfiera, un dirigibile che includeva progressivamente nuove categorie di autori, oltre i poeti e i narratori anche gli storici, gli storici della letteratura, quelli dell’arte, della musica, i filosofi, i memorialisti, i giornalisti, i critici, anche gli scienziati, ma limitatamente a quelli che avessero dedicato parte delle loro conoscenze alla stesura di opere di divulgazione.
Quale intento vi ha mosso nel redigere il Dizionario?
Non potevamo limitare il campo della nostra indagine ai soli autori di lingua neolatina, che fosse l’italiano, il latino stesso, il friulano o i vari dialetti veneti che si parlano e si parlavano nell’area di riferimento. Troppo a lungo si è agito come se l’altro, l’«alloglotto», il linguisticamente diverso non esistesse.
Ma, lungi da avere la pretesa di affermare l’esistenza di quel crogiolo di culture differenti che si pretendeva essere Trieste e la cui immagine invece è stata irrisa, opportunamente, da Bobi Bazlen, la nostra scelta ha inteso collocarsi in un campo in cui si trattavano del pari gli autori di lingua latina, italiana, tedesca, slovena, friulana, croata e di tutte le altre multicolori varianti dei dialetti che fanno loro da contorno.
Fu soltanto scendendo le scale per andarmene che mi sorpresi a riflettere sul fatto che quel piano di battaglia che avevo abbozzato con Claudio era in effetti un impegno che io solo mi ero assunto e che la responsabilità della sua conduzione in porto gravava in maniera pressoché esclusiva sulle mie spalle, dal momento che la malattia di lui stava con ogni evidenza per arrivare al suo naturale indifferibile epilogo.
"Dizionario degli Autori di Trieste, dell’Isontino, dell’Istria e della Dalmazia" esistono già altre opere, cosa ci puoi dire di esse?
Esistono, soprattutto sul versante degli esuli giuliano-dalmati, dizionari "degli uomini illustri", che includono anche scrittori e poeti, ma sono più genericamente intesi a far risaltare le diverse personalità storiche delle regioni interessate. Niente tuttavia di queste dimensioni né di così incentrato sulla scrittura, anche non letteraria.
Le opere precedenti, alcune delle quali sono citate come fonte nel mio Dizionario, prendevano in considerazione soltanto autori di lingua italiana, mentre ho cercato di allargare lo sguardo a tutte le comunità che vivono nell'area presa in esame.
Inoltre, in alcuni casi, i volumi, rivelano di esssere stati pensati per affermare l'italianità di queste terre, anche quella di aree dove essa è francamente insostenibile, il che ovviamente induce ad errori di valutazione anche clamorosi.
Con quale criterio lo avete composto?
Il criterio era quello di includere quanti con i loro scritti avessero contribuito a formare una cultura più o meno condivisa e diffusa, sia che fossero stati (o che siano) più o meno profondi innovatori nel campo di loro specifico interesse, sia che, essendo banali oppure occasionali ripetitori di cose già dette da altri, fossero comunque testimonianza di quello che è stato l’atteggiamento culturale di un luogo e di un’epoca.
Un omaggio a Claudio, prima di tutto, alle vostre idee al vostro progettare comune.
È stato per me un sollievo vederlo sottrarsi alla malattia e alle sue angosce, persino alla sua componente di dolore fisico grazie a quelle carte che veniva riempiendo, alle correzioni che a penna apportava a quelle che io gli sottoponevo, lavorando con lena e con un entusiasmo di adolescente a quel nostro ambizioso progetto, quasi che avesse potuto concludersi da lì a poche settimane. Si concluse, invece, la sua esperienza umana, lasciandosi dietro una lunga scia di rimpianto e io mi trovai solo davanti alla mole di quel lavoro che mi appariva tanto superiore alle mie forze.
Sono certo che il lavoro a Claudio sarebbe piaciuto. È già questo, per me, un motivo di profonda soddisfazione.