Il trapianto di testicoli che incuriosì Svevo. La biografia di Voronoff, chirurgo dell’eterna giovinezza
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- Categoria: Libri
- Pubblicato Sabato, 06 Settembre 2014 19:54
- Scritto da Roberto Calogiuri
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Trieste - Doveva passare da Trieste Enzo Barnabà, l’autore della prima biografia in lingua italiana di Serge Voronoff, (Il sogno dell’eterna giovinezza, Infinito Edizioni, pagg. 203, € 15,00 presentato sabato 6 dicembre alle 11 nella sala Bazlen di Palazzo Gopcevich), il chirurgo ebreo franco-russo che tra gli anni ’20 e ’30 del secolo scorso inondò con le sue imprese la cronaca internazionale, quella scientifica non meno di quella rosa.
Uomo affascinante, elegante e di bell’aspetto, comunicatore intelligente e versatile, spregiudicato in laboratorio e disinvolto nella vita privata, fu quanto di più vicino a Viktor Frankenstein si possa immaginare. Una figura ricca e ramificata, quindi, che merita attenzione anche per la sua concomitanza con l’autore della “Coscienza di Zeno”.
Enzo Barnabà, infatti, “doveva” passare da Trieste perché - come ben ha illustrato Riccardo Cepach che l’ha invitato a nome del Museo Svevo e Museo Joyce - lo scrittore triestino era a conoscenza degli esperimenti di Voronoff e se ne incuriosì, come indicano sia il suo ultimo racconto incompiuto o le commedie e, in genere, il ben noto atteggiamento esistenziale verso la vita e la nevrosi.
È pur vero che Svevo guardò con distaccata ironia alla figura del chirurgo franco-russo, ma ciò non gli impedì – anzi: lo stimolò – ad approfondire le sue riflessioni letterarie sulla dialettica tra degenerazione e rigenerazione. In una parola, a metabolizzare la paura della morte.
E proprio questo è il centro attorno al quale si articola la vita e l’operato di Voronoff e che Barnabà ha messo in evidenza, oltre che con il suo libro, con il suo intervento vivace e diretto. Voronoff è il medico ebreo che attraverso il trapianto di un terzo testicolo su animali e uomini, o di ovaie di scimmie nelle donne, si proprone di creare una razza superiore e avverare il mito dell’eterna giovinezza con circa 2.000 interventi fra innesti e trapianti.
Il romanzo autobiografico – ben narrato in una implicante prima persona e con una prosa limpida e svelta– è la chiave giusta per raccontare (senza stordire né annoiare) una quantità enorme di fatti, curiosità e bizzarrie, di abitudini e costumi sociali e scientifici che disegnano un profilo non sempre noto del periodo in questione.
Voronoff era diventato talmente famoso e alla moda – e le sue operazioni apparentemente così efficaci - che in Francia il verbo “voronofiser” divenne sinonimo di ringiovanimento e i suoi esperimenti ispirarono non solo una canzonetta dei fratelli Marx e qualche spettacolo di varietà ma anche alcune pagine di Conan Doyle, Bulgakov e Huxley.
A parte il versante letterario, quello medico non è meno intereressante. La domanda di impianti e trapianti per inseguire la chimera del ringiovanimento superò l’offerta. Quindi, non essendo più disponibili i cadaveri di criminali giustiziati, si dovette ricorrere ai tessuti delle scimmie, il che generò due problemi: il sacrificio di animali innocenti gli valse l’odio acerrimo degli animalisti e degli antivivisezionisti. In effetti Voronoff faceva arrivare scimpanzè dall’Africa e li allevava in quelle che definiva “fattorie di pezzi di ricambi” tra cui una gabbia nella propria villa a Grimaldi presso Ventimiglia.
In secondo luogo, e per il medesimo motivo, alimenterà il sospetto (peraltro non confermato) di aver importato in Europa il virus dell’HIV, innocuo per le scimmie ma letale per gli esseri umani. Molti, inoltre, nutrirono il dubbio che fosse nient’altro che un abile faccendiere.
Ma nessun biasimo e nessun equivoco lo misero mai a disagio. Voronoff medesimo, con la proprie gesta, continuò ad accrescere il mito da lui stesso creato: si mormorò avesse per amante Tamara de Lempicka. Una delle mogli fu una ricca industriale del petrolio, una tossicomane che, morendo in circostanze misteriose, lo lasciò erede di un’immensa fortuna con cui finanziò le ricerche che lo resero famoso. A settant’anni sposò una fanciulla diciottenne che - racconta Barnabà – lo avrebbe rimpianto con commossa disperazione e a cui fece trascorrere una vita da favola.
Infine eluse le leggi razziali rifugiandosi negli USA, cosa che non riuscì al fratello il quale morì ad Auschwitz.
Non c’è dubbio che egli sia il prototipo dell’uomo baciato dalla sorte. Sebbene un oscuro medico greco avesse dimostrato di aver effettuato prima di lui le operazioni che vantava, e sebbene la comunità scientifica abbia negato la validità di tali operazioni, fu Voronoff a passare alla storia.
Una storia che si può apprezzare, oltre che nel libro di Barnabà, anche in una lunga sequenza di “Guarire dalla cura. Italo Svevo e la medicina”, un documentario scritto e sceneggiato dallo stesso Riccardo Cepach che lo ha proposto come utile e adeguato complemento della presentazione del libro.
Enzo Barnabà (1944) ha insegnato lingua e letteratura francese nei licei, è stato lettore di lingua e lettaratura italiana presso l’università di Aix-en-Provence, insegnante-addetto culturale ad Abidjan, Scutari e Niksic. A Ventimiglia ha fondato il Circolo “Pier Paolo Pasolini”. Con Infinito edizioni ha pubblicato “Morte agli italiani” (2008) e “Il Partigiano di Piazza dei Martiri” (2013).
[Roberto Calogiuri]
In apertura: Serge Voronoff con la giovane moglie Gerty. Sotto: la copertina del libro.