Manifesto del "volendo si può cambiare" testimone Marcello Girone con il suo Indian Jeans
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- Pubblicato Lunedì, 13 Maggio 2013 20:24
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L’ultima fatica letteraria Indian Jeans di Marcello Girone non è un semplice libro, ma un libro che cela un progetto, a cui l’autore si dedica da tempo. Marcello Girone, classe ’67, ha lavorato nel mondo del marketing e management tra gli Stati Uniti con la Pepsi Cola e altre realtà lavorative di successo. Spinto dalla necessità di una ricerca interiore, ha dato una svolta alla sua vita e si è trasferito sull’Himalaya. Tornato in Italia ha alternato periodo di studio con viaggi-pellegrinaggi in cui si è confrontato con diverse culture. Da quattro anni si divide tra Valle d’Aosta e Ferrara dove ha famiglia. Ha dato vita al progetto Diga-Emergenza Zimbabwe, di cui è promotore.
Il suo libro-diario è frutto di una sua esperienza nella fabbrica di jeans a Bangalore, in una delle tante fabbriche che sorgono fra le bidonville, dove lui si trova a rivestire i panni nel ruolo di responsabile della manutenzione delle macchine vivendo un’esperienza inedita quanto drammatica.
Abbiamo dialogato con lui per capire di più.
Il suo entusiasmo genera una forza dirompente che la porta a confrontarsi e poi a combattere soprusi professionali e umani, una sfida che approda in questo suo nuovo diario di viaggio Indian Jeans. Con quale intento è stato scritto questo diario?
E' stato scritto come sfogo, come tutti i miei diari da quando ho 7 anni. Si tratta di uno strumento spesso efficace per metabolizzare le esperienza, soprattutto quelle più difficili. Scrivere mi permette di non reagire alle situazioni, mi lascia più tempo per riflettere e magari di agire.
Il fatto poi che racconti anche di un disagio professionale, oltre che umano è parte del diario.
I suoi diari di viaggio vogliono di più rievocare, raccontare o testimoniare?
Bella domanda. Certamente per me rievocare, per il pubblico raccontare o testimoniare. Credo che l'inatteso successo di Indian Jeans, tre edizioni in due anni senza l’aiuto della grande distribuzione, oltre al fatto che lo comperano per sensibilità, visto che l'intero ricavato è devoluto al Progetto Diga, sia dato proprio dal fatto che il lettore si trova a vivere l'esperienza giorno dopo giorno dentro la fabbrica. Mi accompagna con emozioni e riflessioni. Soprattutto tra i giovani il fatto che non si tratti di un saggio sulla globalizzazione ma di un diario lo rende più appetibile.
Non sa quante sono le domande nelle scuole dove, dopo la lettura, si fa "l'incontro con l'autore", questo oltre ad una soddisfazione personale è anche un segno di come i giovani siano sensibili e curiosi e non danno, a differenza di quanto si crede, nulla per scontato.
Quindi tra sostenere, divulgare lei si colloca a metà, ci racconti.
Sostenere economicamente il Progetto Diga si è rivelato un fatto. Però mi farebbe piacere se fosse un sostegno per chi gradisce mettere un occhio nelle fabbriche dove sono prodotti i propri indumenti e magari uno stimolo a riflettere, a non subire il mercato, la propaganda, ad ambire ad una forma di acquisto consapevole, meno schiava.
Divulgare quel che avviene in quel contesto e certe mie idee? Perché no? Ma senza mai fare proseliti e con spirito di confronto, senza pensare di conoscere la verità.
Tornando al suo rapporto con la scrittura, per lei scrivere nasce da un'urgenza personale o da un progetto editoriale?
Non c'è ombra di dubbio che per me scrivere nasce da un'urgenza personale, inoltre arrivando dal marketing ed essendo figlio di libraia nutro molte perplessità sull'etica dei progetti editoriali.
Progetti futuri ?
Ho imparato a fare pochi progetti, anche perché il mio karma, come dicono in Oriente e non solo, mi offre in continuazione nuove sfide. Il Progetto Diga visitabile al www.help-zimbabwe.orgè in continua evoluzione. Ed essendo io il promotore è come se fosse parte di me.
Ma quel che ritengo sempre più importante del mio cammino attuale è la comunicazione di quel che sta dietro la comunicazione/informazione che anziché renderci più colti/liberi vuole sempre venderci qualcosa o prodotti o ideologie. Credo che proprio coloro che facevano Brain Storming in grosse società per condizionare i target e hanno lavorato in televisione, debbano offrire la possibilità di conoscere cosa c'è dietro ai giovani affinché sviluppino un atteggiamento più critico e soprattutto di seria ricerca della propria libertà. Credo che questo sia il mio progetto presente e forse anche futuro, anche se mi piace lasciar scorrere senza intralciare il flusso del mio cammino.
In un depliant che promuoveva una sua presentazione hanno scritto: "L'autore approfondirà il tema del metterci in discussione, di prendere coscienza che, in quanto consumatori, possiamo decidere le sorti del pianeta, perché tutto sta cambiando", ed è proprio in questa ottica che anche solo visitando il sito potremmo essere consumatori più consapevoli.