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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Cultura

Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e adolescenza: parte il 13° Premio Luchetta

Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e adolescenza: parte il 13° Premio Luchetta

Trieste - Era il 28 gennaio del 1994 quando il giornalista triestino Marco Luchetta, assieme agli operatori Alessandro Sasa Ota e Dario D'Angelo, della sede Rai di Trieste, morirono a Mostar, durante la guerra in Jugoslavia, vittime di una granata lanciata proprio mentre stavano realizzando un servizio per documentare la tragedia dei bambini figli della guerra.

Dodici anni fa nel loro nome e in quello di un altro coraggioso triestino, Miran Hrovatin, il fotografo e cineoperatore che fu ucciso con Ilaria Alpi a Mogadiscio, è nato il Premio giornalistico internazionale Marco Luchetta.

Il Premio riparte il 20 novembre per la sua tredicesima edizione, celebrando così la ''Giornata internazionale dei diritti dell''infanzia e dell''adolescenza'' con la messa online del nuovo bando 2016.

La Giornata fu istituita il 20 novembre del 1989 dall''Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

Dall'inizio del 2014 a oggi circa 30 milioni di bambini hanno lasciato le proprie case a causa di guerre, violenze e persecuzioni.

Oltre due milioni di bambini siriani hanno trovato riparo in Egitto, Iraq, Giordania, Libano e Turchia.
In Iraq, 1,3 milioni di bambini sono sfollati.
Nello Yemen, 2,3 milioni di bambini sono sfollati e 573 sono stati uccisi negli ultimi 6 mesi di conflitto.
Nel Sud Sudan più di un milione di bambini sono stati sfollati a causa del conflitto.
E tra Nigeria, Camerun, Niger e Ciad, 1,4 milioni di bambini sono stati costretti a lasciare il loro paese a causa delle azioni del gruppo armato di Boko Haram.

Il premio Luchetta è nato proprio per far conoscere al grande pubblico, attraverso le arole e le immagini dei reporter, questa drammatica realtà.

Come sempre saranno cinque le categorie del premio, dedicate a tv, carta stampata e testate web e il tema del Premio sarà, come ogni anno, la sensibilizzazione sull''infanzia violata nel mondo: una mission purtroppo attualissima perché oggi sono 230 milioni i bambini che vivono in zona di guerra, uno su dieci (secondo i dati Unicef).

Con le sue prime dodici edizioni il Premio Luchetta ha contribuito ad accendere in Italia l''attenzione su emergenze testimoniate dai luoghi più impervi del pianeta, nella consapevolezza che non esiste sopraffazione o trincea lontana che non riguardi tutti i cittadini della terra.

Il ''Premio Luchetta TV News'' è riservato al migliore servizio giornalistico della durata massima di cinque minuti. La categoria ''Reportage'', dedicata ad Alessandro Ota, premia giornalisti e tele cineoperatori, per servizi televisivi fino a 60 minuti.

Il ''Premio Luchetta carta stampata'' è invece riservato a testate nazionali quotidiane e periodiche, ed è integrato dal Premio per le pubblicazioni della stampa internazionale e per la migliore fotografia, dedicati rispettivamente a Dario D''Angelo e Miran Hrovatin.      

Sono tre gli ulteriori riconoscimenti riservati a grandi testimonial del buon giornalismo: dall''incontro della Fondazione Luchetta con Unicef Italia ha preso il via l''anno scorso il Premio ''I Nostri Angeli'', il riconoscimento va alla testata giornalistica che più si è distinta nei temi legati alla tutela dell''infanzia nel mondo, e si affianca al ''Premio Speciale Luchetta'' e al ''Premio FriulAdria Testimoni della Storia''.

Al ''Premio Luchetta 2016'' potranno concorrere giornalisti, telecineoperatori e fotoreporter con lavori pubblicati, trasmessi o diffusi tra il 1 aprile 2015 e il 31 marzo 2016. I lavori dovranno pervenire entro il 5 aprile 2016. La Giuria del Premio è presieduta dal direttore di Rai Tgr Vincenzo Morgante.

Con il Premio Luchetta nel 2016 tornerà anche ''LINK, Premio LuchettaIncontra'', il festival del buon giornalismo anche quest''anno in programma a Trieste con dialoghi, interviste e proiezioni nel cuore della città, per condividere il dibattito sui temi del nostro tempo.

Il Premio Luchetta 2016, organizzato da Prandicom, è promosso dalla Fondazione Luchetta Ota D''Angelo Hrovatin con la Rai. Patrocinio Fnsi e Assostampa Fvg.

Tra musica e parole il genocidio armeno ricordato un secolo dopo

Tra musica e parole il genocidio armeno ricordato un secolo dopo

Udine – La Storia ci dovrebbe insegnare, ma molto spesso l'essere umano è duro a capire: gli orrori di cento anni fa, così, sono destinati a ripetersi nei decenni successivi e a diventare tetri spetri per il futuro.

E proprio ieri sera, nel Salone del Parlamento del Castello, si è voluto ricordare uno dei capitoli più tragici ma poco conosciuto del XX secolo: il genocidio del popolo armeno, compiuto dall'allora Impero Ottomano mentre in Europa imperversava la Grande Guerra. E, nonostante le barbarie di cui fu protagonista, non divenne l'unico caso negli anni a seguire.

“Con gli occhi immobili...” è il titolo della serata lettura-concerto che, a un secolo dall'inizio della diaspora per gli Armeni in tutto il mondo, l'Università e la città di Udine hanno voluto dedicare al ricordo di questo massacro: ospite d'eccezione, dopo i saluti delle autorità e un messaggio dell'Ambasciatore armeno in Italia, la scrittrice Antonia Arslan (foto), autrice del best-seller “La masseria delle allodole” (2004).

Il grande successo editoriale della professoressa natia di Padova, ma armena di origini, è stato quindi il filo rosso della serata, per raccontare le sofferenze patite in Turchia per opera dei militari: con la voce di Cristina Benedetti, che ha dato anima ad alcuni capitoli, e la musica struggente della pianista Irma Toudjian, compositrice (insieme a Padre Komitas) delle bellissime musiche, il testo ha trasportato il numeroso pubblico in quegli anni dove la vita di milioni di persone è cambiata per sempre.

La narrazione della Arslan affonda nelle immagini semplici della quotidianità, che si presta da lì a poco a essere sconvolta dall'odio cieco e folle di un gruppo di ufficiali dell'esercito turco. E i personaggi che l'autrice racconta sono anime del suo passato, che ricompaiono nel presente come pezzi di un foglio ferocemente squarciato e nascosto alla vista per decenni.

Alla fine della serata, assieme ad alcuni studenti liceali, avviciniamo colei che ha reso possibile questa serata così emotivamente coinvolgente con la propria scrittura: ci racconta che, anche se ancora oggi i libri di Storia parlano poco del suo popolo, è già un passo avanti enorme rispetto al passato. Ma non è vero che già prima non se ne parlava: “Il silenzio è caduto dopo l'incendio di Smirne” dice, altra cruenta tappa contro le minoranze religiose nell'Asia centrale.

A chi le fa notare che, dopo cento anni, si continua a uccidere apparentemente per motivi religiosi, lei risponde che è proprio una scusa: i Giovani Turchi, ossia i giovani ufficiali ottomani che portarono avanti il genocidio, erano atei ma mascherarono i loro crimini con la fede per aizzare il popolo contro il “nemico”.

Il volto della scrittrice, provato per la lunga serata ma sempre disponibile per discutere, è l'ultima immagine che ci resta: nella testa c'è l'orrore indicibile per ciò che capitò al confine tra Europa e Asia, mentre il pensiero che tutto possa ricominciare fa tremare la terra sotto i piedi. Anche al civile Occidente.

Quando Sissi arrivò a Gorizia: al Museo di Santa Chiara il ricordo dell'Imperatrice

Quando Sissi arrivò a Gorizia: al Museo di Santa Chiara il ricordo dell'Imperatrice

Gorizia - Nell'infinto elenco di donne che hanno fatto la propria comparsa nella famiglia degli Asburgo, quella che ha lasciato l'impronta più importante è stata sicuramente l'imperatrice Elisabetta di Baviera, meglio conosciuta come Sissi. Una donna affascinante e tormentata al tempo stesso, che stregò i suoi sudditi con la propria semplicità e bellezza.

Per raccontare questo personaggio si è tenuta la conferenza "Sissi a Gorizia", venerdì 13 novembre alle 18, al terzo piano del Museo di Santa Chiara, tenuta dalla scrittrice Marina Bressan e in concomitanza della mostra storica sui 400 anni del capoluogo isontino sotto l'Impero asburgico. E lo stesso è legato al nome della nobile, avendo ospitato la coppia imperiale durante un suo viaggio in Italia alla fine dell' '800.

Lei fu "una persona che non lascia indifferenti", ha esordito subito la Bressan, davanti a una nutrita platea. Alle spalle della relatrice erano proiettate immagini del periodo, provenienti dal ricchissimo patrimonio custodito dal Comune, che hanno fatto da sfondo al racconto di una storia presentata dai film come un sogno. Fin troppo irreale, però.

Era una donna che soffriva la falsità degli altri e ne trovò molta durante il suo viaggio in Italia, con l'Imperatore Francesco Giuseppe, tanto che non lo ricorderà con gioia. Però la sua fama attirava curiosi da ogni parte dell'impero, che durante le sue visite affollavano piazze e vie per ammirarla. Un mito alimentato dallo sfarzo delle nozze, che costarono cifre astronomiche.

Quando arrivò poi a Trieste, Sissi vi per la prima volta il mare e fu amore a prima vista. Gorizia, invece, la conosceva già da prima del suo viaggio nel 1856, perché essa visitava a volte la Villa Coronini con il figlio ammalato. E l'arrivo della famiglia imperiale fu sfruttato dal capoluogo isontino per non essere tagliato fuori dalla linea ferroviaria, che nel progetto iniziale non passava per di qui.

Dopo questa breve parentesi, la nobile non tornò più all'ombra del castello. Con l'avanzare degli anni, essa si ritirò sempre più in sé stessa, trascorrendo giornate intere a Miramare in sedute spiritiche (alla notizia schock, un polemico brontolio femminile ha invaso la sala) e inventato diete assurde. I risultati erano visibili sul suo volto segnato, tanto che dal 1870 è difficile trovare suoi ritratti.

La tragica vita di questa donna, oggi simbolo di femminilità, si spense a Ginevra per mano di un assassino, che mancò il suo obiettivo: Franz Joseph. Peraltro Sissi, con grande lungimiranza, vedeva in pericolo il futuro dell'Austria-Ungheria e già alla fine del secolo si preoccupava di mettere al riparo i propri beni, in Svizzera: una profezia di Cassandra, quasi, che fu l'ultimo messaggio in terra dell'Imperatrice.

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