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L’illegalità in Fvg non va in crisi. Indagine Confcommercio-Gfk Eurisko
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- Pubblicato Mercoledì, 25 Novembre 2015 14:38
- Scritto da Redazione Ilfriuliveneziagiulia
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Pordenone - La percezione di sicurezza nell’ambito della propria attività è peggiorata per il 40% delle imprese in Friuli Venezia Giulia. Solo il 5% parla invece di miglioramento, mentre il 55% ritiene che il quadro sia di stabilità.
Il sentiment in regione risulta più preoccupato che nel resto d’Italia (il 32% a livello nazionale parla di situazione peggiorata) a quanto emerge dall’indagine Confcommercio-Gfk Eurisko sui fenomeni criminali, presentata mercoledì 25 novembre in occasione della Giornata della legalità nella sede di Confcommercio Pordenone.
Un appuntamento, ha spiegato introducendo l’evento il presidente di Confcommercio Fvg Alberto Marchiori, che “serve a promuovere e rafforzare, come testimonia la storia di Confcommercio, la cultura della legalità, prerequisito fondamentale per la crescita e lo sviluppo.
La concorrenza sleale, che deriva dalla criminalità, dalla contraffazione, dall’abusivismo commerciale e, più in generale, da tutte le forme di illegalità, altera infatti il mercato danneggiando profondamente le imprese corrette e continuando ad alimentare l’economia sommersa”.
Stando al focus sul Fvg, realizzato con le risposte degli imprenditori del terziario al questionario pubblicato sul sito di Confcommercio e illustrato dal direttore di Confcommercio Pordenone Massimo Giordano, i crimini maggiormente aumentati nell’opinione degli intervistati sono i furti (lo ritiene il 78% degli intervistati Fvg contro il 57% del dato nazionale).
A seguire le rapine (in crescita per il 61% del campione), l’abusivismo (51%) e la contraffazione (39%). Meno evidenti gli incrementi delle tangenti negli appalti (28%), dell’usura (20%) e dei fatti estorsivi (20%). Il 9% fa inoltre sapere di avere avuto esperienza, diretta o indiretta, con la criminalità (minacce, intimidazioni), il 7 % solo indiretta, il 5% solo diretta.
Per tutelarsi nei confronti del racket o di altri fenomeni criminali gli imprenditori Fvg nell’89% dei casi hanno preso almeno una iniziativa. Nel dettaglio il 54% si è affidato a telecamere, impianti d’allarme e assicurazioni, il 27% alla denuncia, il 23% alla vigilanza privata, il 18% ha trasmesso richieste informali alle forze dell’ordine, il 17% ha corazzato le vetrine, il 13% si è rivolto alle associazioni di categoria.
Le iniziative più efficaci per la sicurezza della propria impresa? Secondo l’84% degli intervistati la certezza della pena. Quindi una protezione più capillare sul territorio (69%) e una maggiore collaborazione con le forze dell’ordine (18%).
Alla domanda sulle norme contro i fenomeni criminali, il 52% dichiara che «non sono per niente efficaci», il 37% che lo sono «poco».
Infine, uno sguardo d’insieme sulle problematiche. Le più rilevanti sono la presenza di venditori abusivi (51%) e di nomadi (51%), i negozi sfitti (lo rileva ancora il 51%). Meno di impatto i tossicodipendenti (un problema per il 19% degli intervistati), gli edifici abbandonati (17%) e l’accattonaggio (15%).
L’Inps di Pordenone condannata: commerciante vince causa su lavoro subordinato
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- Pubblicato Lunedì, 23 Novembre 2015 22:19
- Scritto da Redazione Ilfriuliveneziagiulia
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Pordenone - L’Inps di Pordenone è stata recentemente condannata a pagare le spese (alcune migliaia di euro) nei confronti di una piccola aziende del commercio di Meduno nell’ambito del settore alimentare a margine di un processo giuslavoristico istruito dal Tribunale di Pordenone.
Si tratta di una sentenza che afferma un principio condivisibile da sempre sostenuto dall’Ascom-Confcommercio imprese per l’Italia di Pordenone. l’Inps metteva in discussione la natura subordinata del rapporto di lavoro che legava, a partire da una determinata data, il titolare di un’azienda di rivendita di prodotti alimentari e la di lui madre che è stata impegnata in modo continuativo con il figlio nella gestione dell’attività e, nello specifico, nella gestione del banco della frutta e verdura del negozio di alimentari di Meduno.
Per altro la signora Anna - come si legge nella sentenza - riceveva le direttive dal figlio, senza, però, avere rapporti diretti con i fornitori, né con la gestione amministrativa e decisionale dell’impresa.
Tutto è nato dopo un’ispezione dell’Inps nel negozio di alimentari. L’Istituto di previdenza ha ritenuto che “ il rapporto di lavoro tra il titolare e la madre non fosse connotato dagli elementi tipici della subordinazione e ha, per tanto, provveduto a disconoscerne la natura subordinata dal 1 luglio del 2006. La conseguenza è che la signora Anna è stata considerata, a partire da quella data, una collaboratrice familiare tenuta ad iscriversi alla gestione Commercianti”.
Da qui è scattato il ricorso del titolare dell’esercizio commerciale di Meduno che, sostenuto dall’Ascom-Confcommercio Imprese per l’Italia di Pordenone e grazie al patrocinio dello studio legale Fantin, ha avuto come epilogo la sentenza di condanna dell’Istituto alle spese ad opera del tribunale di Pordenone ( giudice estensore la dottoressa Roberta Sara Paviotti), che ha, correttamente, ritenuto “non fondato il disconoscimento del rapporto del lavoro subordinato operato dall’Inps”.
Per il presidente provinciale della Confcommercio, Alberto Marchiori, questa sentenza “fa onore a tanti piccoli imprenditori che sono quotidianamente sul territorio, all’interno di paesi pure disagiati ma con i loro negozi a svolgere un servizio sociale. È il momento di dire basta a queste ispezioni e controlli, ormai sempre più frequenti, che si basano sull’applicazione di norme che poi risultano essere oggetto di esclusive interpretazioni.
“Il settore - ha rimarcato il presidente - soprattutto il commercio al dettaglio fatto di tante piccole aziende, non può essere continuamente vessato dalla burocrazia, o meglio da quei signori funzionari di Stato che con accanimento redigono verbali e sanzioni. In questo momento congiunturale, dove si registrano i primi timidi segnali di ripresa, le imprese del Terziario vanno salvaguardate all’interno del sistema economico e non penalizzate da una burocrazia assurda”.
La crisi dei rifugiati in Slovenia riguarda anche Gorizia
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- Pubblicato Lunedì, 23 Novembre 2015 10:49
- Scritto da Timothy Dissegna
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Gorizia - In questa ultima settimana, la situazione dei profughi in Slovenia è diventata critica. Questo Paese è una tappa del viaggio delle persone in fuga dai teatri di guerra, ma non può mantenerli tutti. Per questo motivo, infatti, il governo sloveno ha chiuso i confini con la Croazia, scatenando polemiche tra i due Stati.
Nel frattempo, il numero dei rifugiati a Gorizia, al confine tra Italia e Slovenia, è aumentato. In soli due giorni, all'inizio di novembre, 67 persone sono arrivate in città: tutti pakistani e afgani ma senza abbastanza posto dove dormire. La maggior parte di loro vive all'aperto, nei parchi o lungo le rive del fiume Isonzo.
Il numero di richieste di protezione internazionale è aumentato drasticamente dal 2 novembre, ha detto Anna Sammarro, rappresentante del Comitato per l'integrazione della Questura di Gorizia, e in un giorno le richieste sono state oltre 60: un numero elevato per una cittadina appena con 30 mila abitanti.
La maggior parte di questi rifugiati arriva dalla Slovenia o dall'Austria, dopo che il governo austriaco li ha rimandati oltre il confine. La situazione più pericolosa è per chi vive vicino all'Isonzo: alcune settimane fa, infatti, dei profughi sono stati spostati in una struttura per i richiedenti asilo non lontano da Gorizia perché il livello dell'acqua era salito.
Ma poi sono tornati in riva al fiume e hanno costruito una tendopoli. Il sistema di ospitalità in Italia si è quest'anno è andato in tilt, con 500 mila di persone arrivate in Italia, attraversando il Mar Mediterraneo senza contare chi ha attraversato la penisola balcanica. Tamara Amodio, coordinatore del Consiglio italiano per i rifugiati (CIR), ha definito il Friuli Venezia Giulia come "la Lampedusa del Nord Italia".
Secondo i dati della Regione Friuli Venezia Giulia, nel mese di settembre Gorizia ospitava 525 rifugiati e tutta la regione 2.508: in futuro saranno 3.004. La situazione ha bisogno di una soluzione veloce ed efficace, perché la maggior parte di questa gente vive all'aperto e con l'inverno potrebbe morire di freddo: è un'emergenza nazionale.
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