Economia
Meeting Confesercenti: le tasse strangolano le aziende, in autunno "ingorgo fiscale" con 187 adempimenti
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- Pubblicato Sabato, 14 Settembre 2013 16:36
- Scritto da Redazione Ilfriuliveneziagiulia
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Perugio - "La pressione fiscale reale in Italia è ormai “tracimata” al 55% mentre per le piccole e medie imprese è addirittura al 68,3%".
"Per tornare alla situazione pre-crisi per il PIL e per la spesa delle famiglie dovremo arrivare al 2019".
È l’allarme del presidente di Confesercenti, Marco Venturi, lanciato durante la sua relazione di apertura dei lavori della XIII Edizione del Meeting dell’associazione, a Perugia, il 14 settembre.
"Non siamo più disponibili ad accettare una pressione fiscale reale che ormai è del 55%, addirittura del 68,3% per le Pmi e che fa dello Stato il socio di maggioranza delle imprese. Un prelievo che ci porta nettamente sopra l’effettiva media europea".
"Sono 101mila i commercianti italiani che negli ultimi 18 mesi hanno chiuso i battenti – ha proseguito Venturi – imprese che non ci sono più perché costrette a chiudere negli ultimi 18 mesi, per la crisi, ma anche per alti costi, alte tasse, troppa burocrazia".
Nonostante la presenza di segnali di miglioramento rispetto al 2012, l’estate 2013 segna l’ennesimo momento nero del settore commerciale. Secondo le rilevazioni dell’Osservatorio Confesercenti, comunicate in occasione del meeting, tra luglio e agosto hanno aperto 2.656 nuove imprese commerciali in sede fissa e hanno cessato l’attività 5.574, per un saldo negativo di 2.918 unità.
"Quello che chiediamo al governo – ha incalzato il presidente di Confesercenti – al parlamento, ai partiti, è più chiarezza e più coraggio per ripensare il sistema paese, per combattere illegalità, sprechi ed abusi".
"Dobbiamo recuperare risorse da destinare alla crescita dell’economia e dell’occupazione, consolidare le imprese martoriate da costi sempre più gravosi, da una fiscalità da record mondiale, da una burocrazia ancora asfissiante, da infrastrutture del tutto inadeguate. Le resistenze al cambiamento hanno fatto allargare il gap tra noi ed i principali paesi europei".
E come se non bastasse il presidente Venturi ha annunciato che "tra ottobre e dicembre prossimo si creerà un vero e proprio ingorgo fiscale con ben 187 adempimenti, due al giorno, che ci costeranno quasi 100 miliardi".
Bar e ristoranti “mission impossible”: aumenti di tasse fino al 300%. Ne parla il presidente Focone
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- Categoria: Economia e mercati
- Pubblicato Venerdì, 13 Settembre 2013 12:07
- Scritto da Maurizio Pertegato, Tiziana Melloni
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Pordenone (nostra intervista) – Missione impossibile oggi gestire un bar o un ristorante, specialmente nei centri storici: tasse, divieti, responsabilità, ed ora anche problemi di sicurezza. Non è un mistero che molti, nella categoria, meditino di chiudere l'attività in Italia e riaprirla nelle vicine Slovenia ed Austria, dove tasse e vincoli sono quanto meno proporzionati all'attività.
“Lo Stato in Italia non è amico delle aziende, gli è nemico!” dice Enrico Focone, presidente provinciale Pubblici Esercizi Ascom di Pordenone, che abbiamo intervistato giovedì 12 settembre per avere un quadro della situazione alla vigilia di un autunno che si annuncia caldissimo per gli esercenti.
“Stanno arrivando in questi giorni le cartelle di pagamento per l'anticipo della Tares (servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani, ndr). Per bar e ristoranti gli aumenti medi sono del 300%. Per il mio bar pagavo 590 euro l'anno di Tares; il prossimo anno dovrò pagare tre volte tanto, e, da subito, un anticipo di 1100 euro”.
“È come se per questo bicchiere di Prosecco che lei beve le chiedessi, oltre al prezzo attuale, anche un sovrapprezzo per quello che berrà l'anno prossimo. Lei mi darebbe del pazzo. E poi: l'anno prossimo saremo ancora aperti?”.
“Sono già 6, quest'anno, i pubblici esercizi che hanno chiuso i battenti nel centro di Pordenone – prosegue Focone – e altrove le cose non vanno meglio. Se poi aggiungiamo che per passeggiare 3 ore in centro città bisogna pagare 5 euro di posteggio, è inutile che ci lamentiamo che i centri cittadini sono deserti”.
Famiglie e giovani decidono così di andare nei centri commerciali, dove il posteggio è gratuito e gli esercizi all'interno propongono offerte speciali per colazioni e snack, a prezzi stracciati.
“È più che comprensibile che i consumatori, a loro volta tartassati da IVA e Irpef, scelgano soluzioni più economiche. Se lo Stato continua ad aumentare l'IVA, una tazzina di caffè dovrò farla pagare 2 euro, diventerà un lusso e anziché 10 tazzine ne servirò forse 5. Non so come si possa parlare di ripresa economica”.
Centri storici spopolati sono anche centri storici poco sicuri.
Racconta Focone: “Già alle sette di sera in certe zone del centro si aggirano persone in stato di ubriachezza e tossicodipendenti. Per chi gestisce un bar si pone il problema della sicurezza. Ben vengano i controlli e la polizia, ma il punto non è questo. Prima di tutto bisogna far tornare al centro cittadini e famiglie che passeggiano e fanno acquisti”.
La questione della somministrazione degli alcolici, specie nel periodo estivo, si è spesso posta in città, con massicci controlli e pesanti sanzioni, in taluni casi.
Afferma Enrico Focone: “Noi pubblici esercenti siamo tenuti al rispetto di regole molto rigide e per certi versi ci viene attribuita una responsabilità che non dovrebbe competerci”.
“Noi non siamo certo dalla parte di chi non rispetta le regole! - sottolinea Focone - Non possiamo somministrare bevande alcoliche ai minorenni; chiediamo quindi sempre i documenti in caso di dubbio”.
“Tuttavia un maggiorenne può acquistare il bicchiere di vino o birra e portarlo all'esterno, e qui porgerlo al minorenne. Il bar a quel punto cosa può farci? E invece per la legge il barista è responsabile anche per quello che avviene nelle pertinenze del locale”.
“Nel bar è capitato - racconta ancora il presidente - che un padre abbia ordinato una “radler” per il figlio quattordicenne, e noi non abbiamo soddisfatto la sua richiesta; ma non possiamo sostituirci alle famiglie per educare i ragazzi a non abusare dell'alcol; non è compito nostro”.
Le imprese del settore sono dunque a rischio su più fronti: “Le aziende sono l'unica realtà in grado di far andare avanti il Paese. Senza impresa sicura non c'è lavoro sicuro. Se lo Stato non riduce il cuneo fiscale, come potrà un'impresa assumere? Su 1000 euro di salari, paghiamo altrettanto di contributi. - Conclude Focone. - Siamo arrivati al punto che dobbiamo chiedere prestiti alle banche per pagare le tasse”.
Distretto della sedia sul web per promuovere il "made in Italy" sui nuovi media
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- Categoria: Economia e mercati
- Pubblicato Mercoledì, 11 Settembre 2013 15:09
- Scritto da Redazione Ilfriuliveneziagiulia
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Udine - C’è un mondo intero di consumatori che cerca e richiede prodotti di qualità “made in Italy” attraverso internet. Ma le imprese italiane non sono ancora sufficientemente presenti sul web e se non si rimboccano le maniche rischiano di perdere importanti occasioni di sviluppo, sia sul mercato interno sia su quello internazionale, superate dalle concorrenti di altri Paesi.
In Friuli, nel Distretto della sedia, le piccole e medie imprese hanno ora l’opportunità di cogliere questa sfida, beneficiando di assistenza e accompagnamento alla digitalizzazione grazie al progetto “Distretti sul web”, sviluppato da Google e Unioncamere su 20 Distretti industriali italiani, con il patrocinio del Ministero dello Sviluppo Economico, a cui ha aderito anche la Camera di Commercio di Udine.
Il progetto, presentato l'11 settembre nella sede udinese di Friuli Future Forum, è un’iniziativa finora unica: per 6 mesi permette alle Pmi distrettuali di usufruire del supporto gratuito e personalizzato di un esperto in comunicazione web, formatore presso l'Associazione EdumediaCom: Giacomo Trevisan, che le accompagnerà nel processo.
Alla presentazione, assieme a Giacomo Trevisan e con la moderazione di Carlo Piemonte, direttore Asdi, erano presenti il deputato udinese Paolo Coppola (Pd) e Michele Di Fonzo, research e product developer della ditta Frag di Pradamano (produttrice di sedie in pelle) e componente del Gruppo giovani imprenditori di Confindustria Udine.
Patrick de Sabbata, presidente di Sediarreda.com, primo distributore online di sedie e tavoli a livello nazionale, ha portato una testimonianza sulla positiva esperienza di e-commerce dell’azienda e hanno seguito “a distanza” tramite contributi video Diego Ciulli, Public Policy and Government Affairs Google, e Domenico Mauriello, responsabile del Centro Studi Unioncamere.
Fino a fine anno, dunque, Giacomo Trevisan opererà a favore delle imprese distrettuali, seguendole in attività quali, per esempio, la geolocalizzazione, la creazione o il miglioramento del sito internet, l’apertura o la migliore gestione di profili aziendali sui social network o la pianificazione di una campagna pubblicitaria online.
Con “Distretti sul web” Google mette a disposizione dell’economia italiana la propria esperienza, per far sì che si possa incidere con più forza su quel “digital divide” che, come ha evidenziato l'onorevole Coppola, va necessariamente superato.
Perché in Italia, ha detto il deputato, bisogna capire subito che lo sviluppo economico passa davvero attraverso la cosiddetta “rivoluzione digitale”.
Una rivoluzione che è culturale: bisogna cioè capire che cos’è internet e cosa implica nei cambiamenti nel modo di fare impresa, di fare marketing, di vendere, di concepire lo sviluppo dell’impresa e del lavoro stesso, concetti fondamentale per la crescita del Paese e del Fvg, ha rimarcato il parlamentare.
Trevisan ha portato alcuni numeri sull’“internet economy” italiana, che comunque è in costante crescita (dal 13% al 19% annui) ed è destinata a rappresentare entro il 2015 il 3,5% del Pil.
Da qui l’avvio del dialogo fra Google e il Ministero dello sviluppo economico e il sistema camerale. Perché se le cifre in Paesi come Francia e Inghilterra sono doppie o triple di quelle italiane, bisogna guardare il lato positivo, cioè che c’è spazio per innescare un processo virtuoso affinché la digitalizzazione diventi finalmente una delle vie per far ripartire la crescita.
Se cittadini e consumatori italiani utilizzano internet come negli altri Paesi europei, come ha evidenziato Diego Ciulli di Google, il sistema imprese lo utilizza a livello dei Paesi del Magreb.
Ciò significa, ha detto l’esperto, che i consumatori online comprano da aziende concorrenti di altri Paesi mentre le nostre continuano a perdere grandi occasioni per ampliare il mercato nazionale e per espandere la qualità della produzione italiana sui mercati internazionali.
E secondo i dati di Google, in quelli a più rapido sviluppo il desiderio di eccellenza made in Italy, sul web, è elevatissimo.
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